Siviglia il 20 gennaio

Siamo al 20 gennaio, data importante per chi fa il mio lavoro, perché ricorre la memoria liturgica di san Sebastiano, protettore della Polizia Locale (che qui ho visto numerosa, come in varie altre città spagnole a differenza di molte città italiane); secondo una consuetudine ormai consolidata (ed è risaputo che sono un tradizionalista) anche quest’anno evito le celebrazioni ufficiali e mi dedico a quel che mi sta a cuore, in questo caso specifico fare il turista, iniziando dalla visita della Cattedrale di Siviglia, in ottima compagnia.

Ovviamente anche in questa giornata il leitmotiv è stato l’overdose di chiese che ha messo a dura prova la resistenza del mio mitico compagno di viaggi, l’ottimo Stefano.

Iniziamo con una doppia colazione perché io non intendo rinunciare ai churros e Stefano mi concede ben volentieri di mangiarne un po’, ma solo dopo avere riempito lo stomaco con un più tradizionale cappuccino (e dolcetto annesso).

Subito dopo si inizia con l’Iglesia de Santa Cruz con bei retablos e due statue di San Gioacchino e san Domenico, ma il piatto forte è la Cattedrale e, subito dopo un’altra straordinaria chiesa, quella del Salvatore (Iglesia Colegial del Divino Salvador) visitabile col biglietto della Cattedrale.

La Cattedrale di Siviglia è imponente, una delle maggiori del mondo, edificata al posto di una preesistente moschea di cui venne conservata soltanto la Giralda (il minareto ora torre campanaria) ed il patio de los naranjos presso il quale si trova adesso l’uscita.

Ricordavo, e sono tornato a guardarla con attenzione la tomba di Cristoforo Colombo; ho scoperto che è stata costruita solo nel 1892 perché il “buon” Colombo (vittima attualmente di una damnatio memoriae in varie città degli Stati Uniti d’America) ha vissuto, anche dopo la morte, un riposo travagliato: i suoi resti furono traslati da Valladolid a Hispaniola (Repubblica Dominicana) ma, dopo che questa cadde sotto il dominio francese, nel 1795, i resti sarebbero stati traslati a Cuba ma anche qui senza pace perché , a seguito della guerra ispano americana, tornarono in Spagna, finalmente all’interno della Cattedrale di Siviglia; ma a Siviglia il corpo di Colombo trovò ospitalità anche presso la famosa Cartuja (la Repubblica Dominicana sostiene che le ossa del navigatore sono ancora presenti nella cattedrale della capitale).

Il monumento, davvero imponente, riproduce 4 figure, i regni di Castiglia, Leon, Aragona e Navarra che sorreggono il feretro; una figura di queste, che rappresenta la Castiglia, ha, accanto ai piedi, trafitta da una picca, una melagrana simbolo della Reconquista del Sultanato di Granada, del 1492.

Ma non è la sola opera che conquista il cuore: il retablo mayor, il più grande del mondo, dedicato a Maria, è un’opera custodita nella Cappella Mayor separata dal resto della Cattedrale da un’imponente grata cinquecentesca, uno spettacolo nello spettacolo.

Ma la visita non si esaurisce certo in questo: c’è la Capilla Real, che ospita il  pantheon di re Fernando III il Santo e di suo figlio Alfonso X il Saggio, e non da meno la Sagrestia dei calici, la Sagrestia Mayor e la Sala Capitolare, aggiunte del XVI secolo.

In una di questa sagrestie viene ospitato l’ostensorio processionale, opera molto suggestiva e strabordante come tutto in questa straordinaria città.

Cosa poteva colpire la mia attenzione? Chi mi conosce sa bene la risposta: un paio di tombe; una è nella Capilla de Scalas ed è la tomba del vescovo Don Baltasar del Rio, che fu anche canonico della cattedrale. In realtà la tomba è vuota perché il vescovo morì a Roma, nel 1541, ed è lì sepolto nella chiesa di san Giacomo degli Spagnoli.

La seconda tomba, splendida è quella del cardinale Juan de Cervantes, defunto nel 1453; il sepolcro, opera di Lorenzo Mercadante de Bretaña (che la esegue tra il 1454 e il 1458) è in alabastro e ritrae il cardinale in abiti pontificali (che notoriamente mi intrigano), giacente, il capo sostenuto da tre cuscini.

I fronti della tomba recano lo stemma del cardinale intervallato da sei figure mentre leoni sostengono il tutto, in un insieme armonioso e solenne.

C’è un’altra tomba, carina, che vale la pena di ricordare, quella del beato Marcelo Spínola y Maestre, arcivescovo di Siviglia e fondatore della congregazione delle Ancelle del Divin Cuore, deceduto proprio il 20 gennaio (del 1906) e beatificato da San Giovanni Paolo II; ovviamente altre tombe hanno attirato la mia attenzione ma non posso elencarle tutte per non esaurire la pazienza dei cortesi lettori, sempre che ce ne siano.

Un cenno meritano anche la varie rappresentazioni delle sante protettrici di Siviglia, Giusta e Rufina, che sono anche le protettrici della cattedrale stessa e della Giralda (la torre campanaria) che avrebbero protetto dai terremoti del 1504, 1655 e da quello di Lsibona del 1755.

Nella Cattedrale di Siviglia ci sono tante altre cose da ammirare dalle opere di Murillo  al grandioso Altare d’argento o del Giubileo (del XVIII secolo), il coro, il Cristo della Clemenza opera di un artista abilissimo come Juan Martínez Montañés di cui parlerò in altro post, i dipinti di Francisco de Zurbarán, nella Cappella di Sant’Andrea, insomma la Cattedrale di Siviglia è uno scrigno in cui vale la pena di perdersi.

Temo che anche il mitico Stefano si sia perso, ma l’ho poi recuperato e ringalluzzito con l’ascesa alla Giralda, grazie al panorama che si gode da quell’altezza; la conformazione dell’apice della torre permette anche a me, che non amo questo genere di ascese, di godermi la vista senza timore (cosa rara).

Dopo questa full immersion  che altro restava da fare? Visitare un’altra chiesa ed è stata un’altra esperienza notevole: la Iglesia del Divino Salvador, seconda chiesa di Siviglia e, serve dirlo? capolavoro del barocco, con retablos straordinari opera di Cayetano de Acosta.

In uno di questi c’è un’altra opera del grandissimo Juan Martínez Montañés: il Nuestro Padre Jesús de Pasión, che, secondo le attese, non brilla certo per ottimismo, ma da notare un’altra opera curiosa perché inconsueta almeno per me: di José Montes De Oca, rappresenta Sant’Anna che insegna a leggere alla Vergine.

In chiesa c’è poi esposto il Paso procesional de Nuestro Padre Jesús de la Pasión, che è la struttura utilizzata per le processioni della Settimana Santa per cui è famosa Siviglia; quest’opera che è un colpo al cuore della sobrietà, è un gioiello opera di Cayetano González Gómez che l’ha realizzata tra il 1940 e il 1949 a imitazione del barocco imperante in città.

Sono le 17.00 quando usciamo dalla chiesa e ci concediamo un’altra passeggiata, in direzione Metropol Parasol o Setas de Sevilla che è una strana  costruzione in Plaza de la Incarnation, costruita dall’architetto tedesco Jurgen Mayer, nel 2011; la struttura, che ho letto essere in legno (ma a me parso di vedere solo del metallo) e traforata, fungerebbe da parasole, per riparare la piazza dal caldo; attrazione turistica che richiede il pagamento di un biglietto da 3 euro per l’accesso e permette una camminata d altezza tale da permettere una bella visuale su tutta la città  e ben oltre: non mi ha entusiasmato ma nemmeno deluso troppo.

Appena scesi, ci siamo imbattuti in una chiesa ed evitarne l’ingresso era impossibile: la Iglesia de la Anunciacion, del 1565, in stile rinascimentale, edificata dai gesuiti che la utilizzarono come centro  per le attività missionarie nelle Americhe; è il pantheon dei sivigliani illustri e non mi è dispiaciuta ma nemmeno mi ha entusiasmato come altre.

Trovo chiusa la chiesa di san Pietro ma mi attrae un azulejo sulla facciata, che rappresenta le anime purganti tra le quali si notano sovrani e sovrane, vescovi e pure un papa.

La giornata si chiude con la chiesa di Sant’Ildefonso, in stile neoclassico; di questa chiesa ho poco da dire se non che custodisce un’opera di Juan Martínez Montañés, “Las Dos Trinidades”.

Un’altra giornata si chiude con un bilancio positivo.

Siviglia, 20 gennaio 2020, memoria di san Sebastiano martire e del beato Marcelo Spínola y Maestre, arcivescovo hispalense e fondatore

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