A Roma in memoria

Il 12 settembre è giornata dedicata ai caduti della Polizia Locale; quest’anno il mio sindacato, il SULPL, ha deciso di commemorare la ricorrenza in quel di Roma dove era previsto anche un flash mob per ricordare, alle forze politiche, la riforma che attendiamo da decenni.

La meta, la mia amata Roma, era talmente appetibile che mai avrei rinunciato alla possibilità di tornarci, ben consapevole che nessuna speranza possiamo nutrire per la riforma, che nessuno vuole sebbene a parole tutti ne invochino la necessità.

Se mai andrò in pensione sarà ancora con questa legge del 1986, nessuno la modificherà mai.

La giornata è andata via che è stato un piacere: prima la manifestazione poi il pranzo assieme.

Una breve nota a margine: mi aspettavo e speravo di incontrare una marea di colleghi di Roma e del Lazio (da sempre vorrei stringere qualche amicizia coi colleghi locali), con triste meraviglia, invece, ho scoperto che manco uno a pagarlo; certo il numero dei partecipanti era contingentato per ordine della questura, ma un passaggio per un saluto, un cenno di condivisione … nulla, zero.

Dove pensiamo di andare in queste condizioni?

Chiusa la parentesi; dopo il flash mob, che in realtà io non apprezzo perché mi vergogno come un cane a fare ste cose, ci siamo trovati a pranzo, in ottima compagnia di colleghi e amici di Reggio Emilia e Modena.

Momento conviviale di svago che è stato particolarmente piacevole: di questo ringrazio tutti, la compagnia è stata veramente cordiale e deliziosa, ma è al pomeriggio che è iniziata la mia escursione.

In primis sono tornato, c’ero stato tempo fa, nella basilica di san Bernardo alle terme; un salto veloce per rivedere le statue, di grandi dimensioni, e la cupola che è molto simile a quella del Pantheon.

Ho scoperto che qui è sepolto  Johann Friedrich Overbeck, pittore nonché uno dei fondatori del movimento dei Nazareni.

Da notare anche il monumento funebre dedicato a Carlo Finelli, uno scultore a me sconosciuto, eseguito da Rinaldo Rinaldi, allievo di Antonio Canova.

Da lì sono passato ad una chiesa assolutamente mai vista in precedenza, Sant’Andrea al Quirinale, una piccola chiesa progettata dal mitico Gian Lorenzo Bernini.

Chiesa dei Gesuiti commissionata da Papa Alessandro VII Chigi e dal cardinale principe Camillo Pamphilj, nipote del Pontefice Innocenzo X, in cui Bernini utilizza una serie di soluzioni già sperimentate in altre chiese quali san Pietro (col colonnato) o l’illuminazione dell’altar maggiore (come nella cappella Cornaro di Santa Maria della Vittoria).

Splendida la cupola ma tutta la chiesa è decisamente da vedere.

Sono quindi tornato alla basilica dei XII Apostoli perché volevo verificare se fossero conclusi i lavori di restauro alla tomba di papa Clemente XIV.

Restauro completato e tomba splendida, opera di Antonio Canova; di Clemente XIV mi pare di avere già parlato, famoso per i romagnoli perché a lui è dedicato l’arco trionfale che abbellisce Santarcangelo di Romagna, luogo di nascita del Pontefice e conosciuto dagli storici come il Papa che soppresse la Compagnia di Gesù, i famigerati (allora) Gesuiti.

L’opera di Canova rappresenta il Pontefice col braccio destro alzato e la mano stesa in un gesto che pare di ammonizione o rimprovero; più in basso la temperanza e l’umiltà fanno da contorno, asimmetrico al Papa.

La sepoltura di Clemente XIV non si trova in san Pietro, come accade per un gran numero di Pontefici, perché è stata privilegiata l’appartenenza all’ordine religioso cui il Pontefice è appartenuto, quello dei Frati Minori Conventuali che gestiscono la basilica.

Ma ci sono anche le tombe di Girolamo Frescobaldi, compositore, del Cardinale Bessarione, famoso per la partecipazione al Concilio di Firenze e quelle di alcuni componenti della famiglia Riario, già proprietaria di Palazzo Altemps, famosa per la Congiura dei Pazzi che fece fuori Giuliano de’ Medici. Chi di congiura ferisce … uno dei coinvolti, Girolamo Riario (che è sepolto a Imola) fece la stessa fine, grazie alla Congiura degli Orsi.

I resti più importanti, però, custoditi in questa basilica sono quelli degli apostoli Filippo e Giacomo il Minore

Dopo questa visita ho tentato un ingresso al Chiostro del Bramante, senza risultati perché la mostra in corso, appena inaugurata (di cui avevo sentito casualmente la notizia in tv un giorno prima al massimo), era, come mi hanno detto all’ingresso “sold out” (ma, essendo a Roma, un “biglietti esauriti” no eh?).

Sold out o non sold out, la mostra dedicata a Banksy volevo vederla così ho prenotato per le 10.00 del lunedì.

Chiaramente, trovandomi in zona, ho dragato tutte le chiese che avevo a portata di mano iniziando dall’Oratorio del Santissimo Crocifisso.

Questo oratorio venne edificato per accogliere le riunioni dell’omonima confraternita per volere dei cardinali Ranuccio e Alessandro Farnese.

Giusto per informazione: il cardinale Ranuccio morì precocemente, di febbre, a 35 anni, in quel di Parma dove venne sepolto nella cattedrale; volle, però, essere sepolto a Roma (come lo capisco, da Parma, si potrebbe trarre la morale, scappano anche i morti – ma esagero).

Confraternita del Crocifisso per via di quel Crocifisso divenuto ormai famoso in tutto il mondo, custodito nella vicina Chiesa di san Marcello, sfuggito miracolosamente ad un incendio che distrusse la chiesa e potente intercessore durante la peste del 1522, utilizzato dal Pontefice felicemente regnante, per una solitaria preghiera sul sagrato di San Pietro.

L’interno dell’Oratorio è un gioiello del manierismo di fine Cinquecento, con le Storie della Croce e le Storie della Confraternita.

Le visite della giornata si concludono con le chiese di Santa Maria dell’Anima e Santa Maria della Pace.

La prima è la chiesa della nazione tedesca, bella come quasi tutte le chiese di Roma.

Deve il suo nome al ritrovamento di un’immagine di Maria con due figure, nude e piangenti ai suoi lati, poveri o anime del purgatorio, da qui, appunto, il nome.

La chiesa custodisce una splendida “Sacra Famiglia e Santi” opera di Giulio Romano, commissionata dai banchieri Fugger, famosissimi per avere finanziato le imprese di Carlo V; sempre in questa chiesa è sepolto l’ultimo papa straniero prima di san Giovanni Paolo II, Adriano VI.

Di questo papa si ricorda il poco amore che i romani nutrivano per lui e la conseguente celeberrima pasquinata: essendo, in un primo tempo, sepolto in san Pietro tra le tombe di Pio II e Pio III, i romani, poco benevoli, omaggiarono il defunto in questo modo: Hic jacet impius inter Pios. Non credo serva la traduzione.

Purtroppo, a causa della Santa Messa in tedesco, non ho potuto visitare approfonditamente la chiesa, ma ho scoperto che vi è esposta una reliquia del beato Carlo I d’Asburgo, di cui sono devoto.

Messa celebrata da un giovane sacerdote, ovviamente tedesco, di rara bellezza.

Ultima chiesa della giornata, la vicinissima Santa Maria della Pace; la ricordo per un particolare: anni fa, in occasione di una precedente visita, ebbi una sgradevole discusisone con un custode che si era lamentato dell’eccessivo numero di fotografie che, a suo parere, stavo scattando.

A parte questo increscioso episodio, la chiesa è un gioiello e non solo per le Sibille di Raffaello.

Edificata ove sorgeva una precedente cappella a seguito di un voto di Sisto IV a seguito di un evento miracoloso, l’immagine della Madonna che ora sovrasta l’altare avrebbe sanguinato a causa di una sassata tirata da un soldato ubriaco, la chiesa ha la facciata, opera di Pietro da Cortona che vuole simulare un palcoscenico teatrale, secondo i gusti e lo stile barocco.

Ma è l’interno che mi ha affascinato ed in particolare le cappelle laterali: la cappella Chigi, famiglia dei banchieri del Papa, progettata e affrescata da Raffaello (Sibille ed Angeli) e da Timoteo Viti, suo discepolo su suo disegno (Profeti) con pregevoli sculture alla base e la cappella Cesi su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane con la Sfinge e le statue sdraiate e dormienti di Angelo Cesi e della moglie Francesca Carduli Cesi .

Sul lato opposto una deliziosa cappella Ponzetti con affreschi di Baldassarre Peruzzi, tanto rinascimentale quanto bella è seguita dalla cappella Mignanelli che ha dei marmi recuperati dal Tempio di Giove Capitolino.

L’ennesima tappa imperdibile.

Conclusione della serata da Zi Umberto, in quel di Trastevere, locale caldamente e oculatamente consigliatomi dal mitico Piero: acqua, vino, fiori di zucca ripieni e pasta alla gricia, una assoluta delizia, sono rinato.

Camerieri tutti molto giovani, cortesi, assolutamente sopra le righe come ti aspetti dal classico, proverbiale romano de Roma che o ami o non sopporti proprio: li ho amati, grazie alle leccornie che mi hanno riconciliato con la stanchezza.

Da Trastevere all’albergo ancora e sempre a piedi, 40 minuti circa, così ho smaltito.

Giornata splendida.

Roma, 12 settembre 2020 memoria del Santissimo Nome di Maria e dei Beati Apollinare Franco e compagni e Pietro Sulpizio Cristoforo Faverge, martiri

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