Le porcellane dei duchi di Parma.

“Le porcellane dei duchi di Parma. Capolavori delle grandi manifatture del ‘700 europeo” è il titolo della mostra allestita in quel di Colorno, ameno paesino nella bassa parmense famoso soprattutto perché per un periodo (fortunatamente breve) ci ho lavorato come vice comandante, salvo poi fuggirmene a gambe levate (ed ecco spiegata la successiva decadenza).

Era da tempo che non ci tornavo ma, incuriosito dal titolo della mostra, ho deciso di concedermi questa gitarella fuori porta, in ossequio ad una tradizione che mi vuole in giro per il mondo in questo periodo.

Certo che Colorno e il mondo … beh pazienza, ci sono momenti in cui è bene approfittare di quel che si ha a portata di mano e, visto che lo mostra alla Fondazione Magnani Rocca il martedì è chiusa … che Colorno sia.

Il pomeriggio è di quelli che altro che “Romagna solatia”, tutto è solatio, il caldo è abbastanza infernale e in giro non c’è praticamente nessuno, condizioni ottimali per una visita.

La mostra, lo confesso, è carina, niente di più; si guarda senza particolare impegno né entusiasmo ma è una buona occasione per attrarre visitatori e questo è buono, anzi ottimo.

Rispetto a quando ci sono stato l’ultima volta, in occasione di un fortunato convegno di formazione professionale, ho trovato numerosi quadri alle pareti ed ho sentito dire da una guida che c’è il progetto di riportare gli arredi originali, attualmente dispersi tra Roma, Firenze e non dove altro.

I quadri non sono niente di che ma provengono dai depositi della Galleria nazionale di Parma (se non ho frainteso le informazioni), della qual cosa mi sono particolarmente compiaciuto perché è un bel modo per mettere in esposizione opere che altrimenti non sarebbero mai visibili.

Ne guadagna la Reggia di Colorno che è un luogo da visitare e valorizzare, soprattutto ora che è meno spoglio di un tempo e ne guadagnano gli enti prestatori che ne ottengono pubblicità a costo zero: finalmente un caso virtuoso di collaborazione (sinergia direbbero gli economisti?) che dovrebbe diventare un paradigma per questa triste penisola.

L’invito, allora, è quello di andare a visitare la Reggia e la speranza è che il futuro ci riservi altre mostre, magari di maggior rilievo, i margini di crescita ci sono tutti.

Quanto alle porcellane sono graziose testimonianze di un passato che vedeva il Ducato di Parma e Piacenza come uno dei (tanti) centri di potere di un’Europa che fu; oggi, pur essendo una provincia ricca, siamo insignificanti da ogni punto di vista.

Segnalo, tra i vari pezzi, un curioso vassoio porta ostriche, oltre a piccoli vasetti dagli utilizzi più disparati.

Belle anche alcune statuette allegoriche che, se la memoria non mi inganna, ho ritrovato anche a Berlino, segno di una passione probabilmente di tipo collezionistico (mai separabile dal piacere narcisistico di esporle come testimonianza della propria opulenza e potere) che contagiava l’intera Europa del Settecento. Che i duchi amassero essere alla moda lo si intuisce anche dal salottino cinese, che è una delle sale del percorso espositivo: come ogni palazzo nobiliare che abbia subito lavori nel Settecento, una parte decorata con cineserie o che ospita collezioni di cineserie è immancabile, nè Parma fa eccezione.

Il lavoro da svolgere, in questo momento storico, credo sia la conservazione, tutela e valorizzazione di ciò che possediamo, sarebbe già un gran risultato riuscire a farlo in sinergia con le località della provincia , perché no, con quelli delle province confinanti.

Parma, 22 giugno 2021, memoria dei santi Paolino di Nola, John Fisher e Thomas More

 

 

 

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