Messa di Natale, harem e don Giovanni

Messa di Natale, in orario inconsueto per me, alle 10.00, con mia mamma, poi a pranzo da mia cugina con anche gli zii; la cena di ieri, invece, con fratello e nipoti, nel migliore stile natalizio.

La Messa delle 10 a San Benedetto è, almeno da miei ricordi, tradizionalmente, quella dedicata ai giovani; forse per questo era animata da un gruppetto di giovanotti che hanno suonato e cantato una serie di canti pseudoliturgici a metà tra il banale e l’orribile: non una persona di quelle che rientrava nel mio campo visuale si è mai unito ai cantori. Tra gli strumenti, male assoriti, organetto e chitarre, c’era pure un bongo o qualcosa del genere; uno dei canti, non ricordo se il Sanctus, era pure di quelli coi battimani che proprio fatico a digerire.

Anche i lettori scelti male. una vocina di donna proclama la prima lettura che avrebbe richiesto una tonante voce maschile, la seconda è stata massacrata da una giovane lettrice che oltre a leggere di corsa, ha sbagliato completamente il senso di varie frasi; in ultimo il parroco ha ringraziato i suonatori e l’assembea li ha pure applauditi (sigh): non ricordavo una Messa natalizia più brutta. La banalizzazione è sconcertante.

Dimenticavo: alcuni uomini indossavano cappello o cuffia; ricordo che sin da bambino mi è stato insegnato che gli uomini, in chiesa, non portano alcun copricapo. Prendo atto con fastidio di questa nuova abitudine.

Mi riprendo nel pomeriggio, ospite di Silvia e Gabriele coi quali finisco per parlare di harem e Don Giovanni.

L’harem o gineceo, viene dall’arabo e significa “luogo inviolabile”; in esso sono racchiuse le concubine del sovrano, sorvegliate da eunuchi. Oltre alle schiave, amanti e favorite del sultano ci abitavano anche la madre e le sorelle, cioè tutte le donne che avevano a che fare col sultano stesso, che spesso riuscivano ad influenzare anche pesantemente.

Notava Gabriele che la descrizione dell’harem ricorda da vicino l’orda del padre primordiale di Freud: possesso di tutte le donne, con esclusione di ogni altro maschio (ed anzi, a partire da Maometto II, con la legalizzazione del fratricidio).

Il maschio “dominante”, pretendendo per sè ogni donna, esclude la soddisfazione degli altri maschi che, invidiosi, non riescono a concepire altro pensiero che quello di far fuori chi sbarra loro le donne, per prenderne il posto (e le donne), in un circolo vizioso abbastanza evidente e che Maometto II pensa bene di risolvere alla radice, legalizzando lo sterminio di fratelli e parenti maschi: caso tipico del famoso adagio “fratelli coltelli” anche se pare che l’usanza fosse di farli strangolare con fili di seta.

Non sappiamo se il padre primordiale sia effettivamente vissuto ma, sicuramente, molto furbo non doveva essere così come i vari sultani harem muniti: l’idea di escludere ogni altro dalla soddisfazione è perlomeno sciocca, misera e impoverente oltre ad essere invidiosa e quindi a porre in sè le basi per la contesa e la distruzione.

Questo dal punto di vista dell’uomo perchè le donne… non contano.

La soddisfazione femminile non viene presa in considerazione, le donne erano rinchiuse nell’harem, sottomesse alla madre del sultano regnante e in lotta tra loro per averne i favori. Gli unici uomini che potevano vedere erano gli eunuchi, castrati appunto, impediti nel rapporto ed il sultano ai cui voleri soggiacevano.

Da Adamo, il rapporto uomo donna è stato problematico: le società si sono rette sulla sottomissione delle donne; quando queste hanno iniziato a ribellarsi le cose non sono comunque migliorate, anzi.

Le attuali quote rosa mi ricordano, per contrasto, l’harem, un recinto.

Di don Giovanni parlerò in seguito

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