Lucciola e giornale: due amarcord

Due banali episodi di questi giorni hanno prodotto il risveglio di lontane reminiscenze; il primo è nato dalla casuale tardiva esposizione dei rifiuti per la raccolta differenziata.
Ad un’ora per me inconsueta, all’incirca le 21:00, per questa operazione, mi è capitato di andarmene in cortile, verso l’orto, ed imbattermi, del tutto inaspettatamente, in un puntino luminoso semovente, sospeso a mezz’aria; nientemeno che una lucciola illuminava l’oscurità di casa, troppo piccola per attirare l’attenzione dell’onnipresente Pituf che era venuta subito a strusciarsi contro le mie gambe, ma non così piccola da sfuggire alla mia attenzione.
Erano decenni che non vedevo una lucciola; le ultime risalivano a tanti anni fa, in quel del cortile dell’abitazione di don Piero Sancisi di venerata memoria in quel di Poggio Berni: ne avevamo incontrata qualcuna mentre tornavamo da una delle piacevolissime cenette che ogni tanto ci concedevamo in un locale lì a pochi metri di distanza.
La posizione era fantastica per godere delle luci della costa, che in lontananza sfavillavano testimoni dell’iniziativa imprenditoriale della Romagna, piena di vita a due passi dalla battigia; chiacchierando amabilmente come sempre ci accadeva, c’eravamo intrattenuti a godere della frescura: tra uno sbuffo del fumo della pipa che tanto piaceva a don Piero ed uno sguardo all’orizzonte, anche in quell’occasione spuntarono, inattesi alcuni lumini a mezz’aria, le romanticissime lucciole.
Ma il ricordo meno vivido ma non meno piacevole, risale alla mia lontana giovinezza quando nei mesi estivi i bambini si ritrovavano in strada a giocare le famiglie si incontravano a scambiare 4 chiacchiere, nel perfetto stile paesano che contraddistingueva quel sobborgo di Parma, allora dimenticato da Dio e dagli uomini.
In quel tratto stretto di strada che era la via in cui tutt’ora vivo, nel mese di maggio era consuetudine che il parroco, a quei tempi don Francesco Vertemati, venisse pure a celebrare la messa, probabilmente anche nel cortile della nostra casa – su questo particolare la memoria è offuscata – nonostante la gran parte degli abitanti fosse comunista o simpatizzante.
Questa vita sociale, non priva di possibili aspetti di grettezza – il chiacchiericcio malevolo – la ricordo comunque con un certo piacere: il ritrovarsi anche la sera, fuori casa a conversare o a giocare, era per me, affamato di rapporti umani, un’autentica benedizione ed un immenso piacere.
Era la stagione estiva, che fino a non molto tempo fa amavo svisceratamente, con gli inevitabili disagi che non erano poi così gravosi; c’era caldo, ma per ovviarvi dormivamo con la testa al posto dei piedi e con la finestra aperta (impossibile oggi) cercando di captare anche il minimo refolo di fresco che avesse l’ardire di infilarsi in casa.
Le zanzare si cercava di tenerle a bada con gli zampironi, spirali verdi a lunghissima combustione, che facevano la guardia sui davanzali.
Il secondo episodio risale al primo giorno del mese più bello dell’anno, giugno: suonano al campanello, mi scapicollo a vedere chi potesse essere interessato alla mia persona, tanto da ardire turbare la quiete domestica col trillo inaspettato che mette sull’attenti, spaventandolo un poco, il battagliero Briscola (o Briscoletto che dir si voglia).
Una sagoma già si stava allontanando, impaziente, ignorando che le mie abilità atletiche sono leggermente arrugginite, un’altra la seguiva, una giovane, ragazza sui vent’anni azzarderei, bionda che mi dice: “ciao, sei interessato al giornale comunista (leggera pausa) contro la guerra?”, aggiungendovi un frettoloso “compagno”.
La tenerezza che mi ha ispirato non mi ha spinto oltre un cordiale (?) “no grazie (e con tono più sommesso) per carità”; quanto all’epiteto “compagno” ho sorvolato perché credo che sia stato utilizzato, nei miei riguardi solo per definirmi … di scuola o di classe (sempre scolastica): probabilmente mi avrebbe guardato come un marziano se le vessi fatto notare che alle persone adulte e sconosciute è più adeguato rivolgersi utilizzando la terza persona singolare ed evitando attributi così storicamente impegnativi
Sottovoce, per evitare inutili polemiche che avrebbero trattenuto la baldanzosa giovinotta oltre il tempo dovuto.
Questo episodio, come la lucciola, ha riacceso le luci della giovinezza: accadeva allora che la domenica (se non ricordo male) non saprei dire con che frequenza, passasse qualcuno a vendere il giornale che, allora, era l’organo del partito comunista italiano.
Da quel che mi dicevano in famiglia, ove erano tutti comunisti, me compreso ovviamente, i venditori venivano da via Ildebrando Cocconi, zona che veniva chiamata molto più sinteticamente “i capannoni“.
Per quanto comunisti i capannoni – gli abitanti delle case popolari della suddetta strada – erano esseri da evitare come la peste e non a caso quella via era una sorta di finis Africae, confine invalicabile per le mie eventuali escursioni in bicicletta; in tempi meno remoti mio fratello venne destinato alle scuole medie (di cui non ricordo né il nome né l’ubicazione) ove andavano i coetanei provenienti da quella strada (vista l’età si sarebbe potuto definirli i capannoncini): alla notizia si diffuse il panico e venne chiesto il trasferimento presso la cara vecchia rassicurante scuola media Pietro Giordani.
Questo per dire che vi era un qualche leggero pregiudizio seppur vi fosse unione sotto lo stesso credo politico; le voci, comunque, invitavano ad acquistare il giornale – che nessuno leggeva – perché era preferibile evitare di farsi nemici quei personaggi che, sempre in base a incontrollate e malevole dicerie, avrebbero goduto delle case popolari non soltanto in base ai requisiti economici ma, soprattutto, in virtù della fedeltà politica al partito.
Oggi sarebbero vicende di inaccettabile razzismo ma a quei tempi erano la normalità, che non ha alcun senso dimenticare e che ci ricorda che non c’era bisogno dei “lontani”, terroni e poi neri, per avere pregiudizi, la prevenzione è sempre a portata di mano.
A differenza di allora, la giovane giornalaia itinerante non aveva l’aspetto dei tremendi capannoni (presumibilmente divoratori di piccoli e paffuti bambini democristiani) e molta acqua è passata sotto i ponti della Parma, in questo caso senza rimpianti.


Parma, 2 giugno 2024 solennità del Corpus Domini

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