distanza

Oggi sono stato informato che la mia amata Grazia ha ottenuto quel che, da tempo, desiderava: un cambio di profilo; ne sono felice per lei che mi è molto cara anche se distante.

Vicinanza e distanza sono relazioni spaziali irrilevanti ai fini del rapporto: il regime dell’appuntamento non vive di vicinanza e non muore nella distanza: nulla di più falso dell’adagio “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”; così come non mi ritrovo nell’altro proverbio che mi è stato citato recentemente “si nasce e si muore da soli”.

Non è questione di nascita, il momento biologico in cui una creatura viene alla luce, ma di generazione che è possibile solo se si è chiamati: non è un caso che i romani consideravano nascita “giuridica” cioè effettiva, generazione appunto, quella del riconoscimento da parte del paterfamilias; è solo in un rapporto che si può essere generati.

Il battesimo non è forse la chiamata a passare da nascita a generazione? il passaggio dalla biologia alla metafisica? Israele passa dalle cipolle d’Egitto alle terra ove scorre latte e miele: oggi si potrebbe dire dal lavoro salariato ad un diverso tipo di lavoro possibile ma anche desiderabile?

In questi giorni mi chiedo quale lavoro sia possibile, in regime di “crisi”: l’occidente non riesce ad uscire dal pantano e l’oriente temo ci stia colonizzando – il che non rappresenta certo un passo avanti.

Sento ovunque,  che è in arrivo un passaggio epocale in cui tutto sarà differente da ora, in cui tutti saremo più poveri: anche questa non è una buona notizia o almeno una buona idea soprattutto sapendo che spesso e volentieri le cattive idee hanno molto più successo di quelle buone.

Sperimento, in questo periodo, la potenza del beneficio secondario della malattia.

La foto rappresenta lo stato del mio umore, la mia bicicletta, caduta a terra in una giornata di pioggia: sono spesso tentato dall’idea della vanitas vanitatum, non cederò.

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