arcivescovo laico e Benedetto XVI

Stanotte ho sognato di essere stato nominato arcivescovo; non ricordo molto di più se non che la scena era ambientata a Rimini, non la scena della nomina (nel sogno non c’era alcuna cerimonia e non indossavo alcun abito clericale) ma il seguito del sogno: ero laico ma arcivescovo.

Confesso che non ho mai pensato nè ambito a diventare arcivescovo (discorso diverso per cardinale, ma ero giovane).

Ricordo che durante il servizio civile, rispondevo alle provocazioni di quei conservatori di comunisti del comune dove lavoravo, dicendo loro, in tono sprezzante, che poichè non ero riuscito a diventare generale o cardinale avevo deciso di fare l’obiettore.

Mi accorgo oggi che dietro questa affermazione si celava un pensiero religioso e gerarchico (in fondo è irrilevante il tipo di divisa); ritenevo, allora, che l’essere soggetti a pochi ed la possibilità di dare ordini potesse essere soddisfacente: scopro oggi che questo pensiero è di tipo demoniaco e sto lavorando per lasciare cadere i rimasugli di siffatta assurda concezione.

La nomina ad arcivescovo, col papa dimissionario; chissà se vi è collegamento da fare, resta che oggi sono stato contattato da un’amica che mi chiedeva conto di come giudicassi l’evento; in serata mi informava di essere insoddisfatta di quanto scritto ieri e di sentirsi orfana perchè “se cede anche lui…”

Di fronte ad un mondo che tutto sembra travolgere, l’amica sentiva nel Romano Pontefice un riferimento ed il suo venire meno le provocava un senso di smarrimento.

Le ho fatto notare che mi sembrava curiosa tale dichiarazione in chi del Pontefice regnante se n’è sempre fatta un baffo.

La chiesa non è redimibile, altro che semper reformanda, il che non mi impedisce di, umilmente, farne parte.

Le bande di lupi della curia (le definiva così oggi Renato Farina a radio radicale se non ho frainteso le voci) hanno imperversato da sempre nei sacri palazzi, sciocco stupirsene.

Il Pontefice ritiene di non farcela a condurre la barca di Pietro, troppo pesante sarebbe il fardello da portare a causa delle divisioni che dilanierebbero i sacri palazzi, ma questa non è una novità: da Giuda in avanti, passando ai papi di certi medioevo, alle corti principesche del rinascimento, da sempre, ripeto, la chiesa è costellata di bande di lupi.

La religione è dura a morire e forse è bene che non venga mai meno perchè la sua eliminazione lascia l’uomo in balia di forze che lo sovrastano e che non è in grado di risolvere.

Il rischio della chiesa, oggi, infatti, non è tanto la scomparsa, ma l’irrilevanza, l’emarginazione, autoimposta, di fatto, nel suo compromesso nevrotico di concepirsi come organizzazione religiosa.

Secondo la mia amica, con il cedimento di Benedetto XVI crollerebbe l’ultimo argine, dimenticando che già è crollato da tempo, quando il mondo intero ha messo in scacco il clero per gli scandali della pedofilia e non solo: se ci si pone come autorità morale quello a cui il mondo guarda (fin che gli serve) è la coerenza ma si è cristiani per vocazione, non per coerenza.

Mi accorgo del rischio di cadere negli slogan e mi fermo qui…Bene

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