Stanotte, ultima della settimana di reperibilità, sono stato chiamato al lavoro, così ho trascorso, inaspettatamente, tutta la notte al freddo e al gelo (sebbene in gradevole compagnia, così che manco me ne sono accorto), in attesa della preventivata e temuta bufera di neve che ha poi iniziato sul serio quando il mio servizio era ormai agli sgoccioli.
Ancora oggi un fulmine colpiva la cupola di San Pietro a Roma.
Nevicata abbondante e fulmine sulla cupola sembrano segni di partecipazione della natura all’evento che segna la storia: le dimissioni dell’amato Pontefice Benedetto XVI.
Amato anche se, sotto vari punti di vista, criticabile Pontefice, tuttavia le sue dimissioni rappresentano un evento fuori del comune, una scena quasi shakespeariana.
Ne sono venuto a conoscenza a sera avanzata, avendo trascorso il mattino e parte del pomeriggio a dormire e a lavorare per preparare del materiale per future lezioni.
Non me lo aspettavo, non avrei mai creduto possibile che Benedetto si dimettesse; un primo moto di sconcerto mi ha fatto pensare all’innovazione (sono 600 anni circa che non accadeva un fatto simile), poi ho pensato che ha fatto bene.
La scelta delle dimissioni è un atto individuale, assolutamente non delegabile, che il Pontefice ha fatto bene ad assumere, se, come credo, vi ha ben meditato, in precedenza; non vale la pena fare raffronti col predecessore, in questo non mi è piaciuto il Cardinale Dziwisz: ogni Pontefice è unico, nelle condizioni personali, storiche, ecclesiali e in quanto tale non deve fare o farsi paragoni con i predecessori, la scelta è un atto personalissimo.
Non mi piace proprio, invece, l’idea dell’abdicazione (come in re Lear), ma in questo caso direi che è scorretto definire abdicazione il gesto compiuto dal Pontefice; egli non perde nessuna potestà (che gli viene dall’ordine episcopale) ma, semplicemente, rinuncia ad usarne, a causa della fatica che comporta un ruolo così gravoso; non vi sono teorizzazioni sull’incapacità, ma una semplice presa d’atto della pesantezza che deriva anche dalla biologia.
Mi auguro che rinunci al Soglio come si finisce di svolgere alcune attività sociali, senza andare in pensione (l’andare in pensione è un imbroglio dello spirito).
Non c’è pensione per il pensiero, ovvero non esiste un periodo della vita in cui il pensiero è improduttivo, in attesa di morire, contro ad un periodo attivo di produzione e lavoro; la pensione ha senso soltanto da un punto di vista biologico, non psichico.
Sentivo da un’intervista, una donna affermare che il Papa è un uomo come noi: sbagliato, siamo noi a non essere come lui, non è la nostra mediocrità la norma; al contrario è l’autorità del Papa, la sua straordinaria facoltà giuridica, ad essere auspicabile per chiunque (non che tutti si debba diventare papa, per questo).
Aspettiamo fiduciosi il nuovo Pontefice; per parte mia auspico che non sia italiano (salvo il Cardinale Scola) e nemmeno africano (non sono ancora pronto, anche se poi fosse, mi adeguerei), spero non venga dalla massoneria; non mi dispiacerebbe un sudamericano.
Ne parleranno i Cardinali, lasciamo che ci riflettano, sanno bene quale responsabilità li aspetta, ne facciano buon uso.
Da parte mia auguro un sereno lavoro di studio, come sono sicuro farà, al Pontefice Emerito.