Matteo Nucci, l’amore e i talenti

Oggi onomastico di Marcello un caro collega di Modena, stretto tra due santi di grande rilievo come san Mauro, ieri e sant’Antonio domani.

Entrambi abati, uno benedettino, ed è risaputa la mia devozione per i benedettini, l’altro accompagnato dal proverbiale porcello, ed anche qui è nota la passione per i porcelli nelle varie forme che l’uomo ha saputo creare: prosciutti, salami, coppe, fiocchetti, culatelli e non mi dilungo per non infierire sul mio stomaco a dieta.

Dunque periodo intenso quanto a protettori e propizio per quel che vado a spiegare subito.

Stamattina con grande stupore, subito unito a riconoscenza ed allegrezza, ho ricevuto la più inaspettata, graditissima, delle mail.

La cito testualmente: “Ringrazio qui di quanto scritto di là… Non trovavo altri contatti ma appunto ci tenevo a ringraziare. Saludos, M”.

Sobria, come si conviene, d’altronde era inviata a me, che sono un emerito sconosciuto. In realtà non è una mail, ma un commento ad un mio post di ieri (i commenti mi arrivano via mail per l’approvazione), posizionato in una pagina “sbagliata” (la pagina relativa all’idea di conferire il premio Nobel a Giacomo Contri, che rilancio anche in questa occasione).

L’autore è Matteo Nucci, lo scrittore che ha pubblicato quel bellissimo libro che è “Il toro non sbaglia mai”.

Ne sono onorato, non capita tutti i giorni di ricevere una mail da uno scrittore e così bravo per giunta. Lo ringrazio, quindi, a mia volta.

Inutile dire che a breve mi dedicherò ad un’altra sua opera, “le lacrime degli eroi”.

Sono, infatti, stato sedotto da questo autore. Sedurre dal latino se ducere, portare fuori dalla retta via oppure condurre a sé; mi riferisco a questa seconda alternativa, ma potrebbe valere anche per la prima.

Mi ha condotto a sé ed anche mi ha guidato fuori dalla consueta via fornendomi l’occasione di vivere, quasi in prima persona (lo confesso ero spessissimo a fianco, pagina dopo pagina, dell'”italiano” protagonista del romanzo) un’inconsueta avventura in un mondo a me ignoto. Mi ha anche fatto venir voglia, se mai ce ne fosse stata necessità, di tornare in Spagna e di andare ad assistere ad una corrida.

Lo scrittore, in fondo, è come l’uomo protagonista della parabola dei talenti (Lc: 19,12-27 e Mt: 25, 14-30): offre la sua opera ai lettori che potranno farne quel che meglio credono, nel bene e nel male. Offre un prodotto che può far venire voglia di… ovvero è fonte di possibile investimento, cioè di un lavoro a sua volta produttivo, con profitto di entrambi.

Non sto tessendo le lodi dell’intellettuale, scrittore in questo caso, poiché questa facoltà è data a chiunque. Resta però che nel caso dello scrittore la possibilità è più facilmente coglibile perché di un libro si possono fare davvero molti usi: dal sostegno per un mobile traballante, al soprammobile da mettere bene in vista e che fa molto intellettuale, alla carta da macero o quella per accendere il camino oppure alla lettura ed anche qui con vari destini e possibilità.

Il tutto, poi, senza che necessariamente autore e lettore si conoscano.

Lo dice meglio di me Giacomo Contri, tra gli altri nel post del 3 luglio 2013:

“il pensiero o lavoro dell’autore del libro ha fatto della materia (qui carta e inchiostro, che già sono materie prime, ma non cambierebbe nulla se il supporto fosse elettronico) una materia prima, cioè quella cui può essere dato un seguito fino a un termine o meta-conclusione (la meta è reale, la conclusione è logica);

la deliziosa lettrice [si riferisce alla “Maddalena” di Rogier van der Weyden] è deliziosa perché …  legge, in assoluta confidenza con la materia prima, le si abbandona anche sapendo che non ne sarà abbandonata, senza alcuna resistenza a tale materia:

     l’amore è materialista.

Dall’inizio alla fine la lettura è un moto, solo uno sciocco pensa il corpo leggente come fermo: né lo è il corpo dormiente-sognante, non senza partner (per esempio l’analista della seduta l’indomani).

      Lo dice anche il Vangelo, estote parati cioè materia prima, pronta:

     l’essere è … preparato, il non essere non è … preparato.”

Nel mio caso è accaduto proprio questo: mi sono abbandonato nella lettura, con conseguente soddisfazione e nuove opportunità di pensiero, pur non avendo trovato tutto conveniente (il platonismo).

Chissà che un giorno non capiti che Nucci venga a Parma; non mi metterei in prima fila (come sempre) ma non mi lascerei sfuggire l’occasione.

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