ingenuità e mulini

Ho sognato di essere in auto con un uomo in stato di arresto, extracomunitario ma ciò non importa, questi mi chiede qualcosa ed io gli consento di far quel che mi domanda, in conseguenza di ciò riesce a scapparmi dall’auto; inizio ad inseguirlo ma mi fermo e torno indietro pensando che non riuscirei a prenderlo per cui è meglio chiedere aiuto.

Mi vengono pensieri sull’ingenuità.

Oggi ho visitato il cimitero di San Cataldo: avevo letto che custodiva preziose opere d’arte: non ne ho trovate, quel che è certo è che mi è parso, per certi aspetti un cimitero in dissoluzione, con sgretolature dei gradini di accesso, per altri un cimitero assolutamente borghese, di quella solida borghesia ottocentesca che ama  fare sfoggio dei titoli accademici e professionali; anche le famiglie nobiliari mi sono sembrate sottotono, assorbite da basso profilo generalizzato; d’altronde lo stesso pantheon degli Estensi, nella chiesa di San Vincenzo, è sobrio all’eccesso, niente a che vedere con l’omologo viennese con le straordinarie tombe degli Asburgo.

Non mi è piaciuto anche se alcune statue sono sicuramente interessanti: tutto è avvolto dalla polvere, pesante, che distorce i monumenti e mostra, impietosa, una memoria che va sfumando nell’oblio.

Non mi è piaciuto nemmeno il museo casa Ferrari che ho visto dall’esterno e di corsa, non so spiegare il motivo ma mi aspettavo altro.

Un salto in centro, nella chiesa di San Pietro, dove ho partecipato alla liturgia del vespro: i monaci sono pochi, purtroppo, ma l’attenzione alla liturgia è quella tipica dei benedettini così me la gusto volentieri, peccato soltanto che non sia nella lingua che da sempre usano i discepoli di San Benedetto, il latino.

Fotografo ancora le statue del Begarelli che tanto ha colpito il mio gusto facendomi apprezzare una materia vile come la terracotta: non vi è nulla che non sia utilizzabile e che non possa diventare metafisica, qualcosa di impensato.

Non solo lo splendore del marmo ma l’umile, banale terracotta che diviene materia prima per la creazione di statue straordinarie.

In questi giorni sto pensando ai miei rapporti modenesi, alle difficoltà che incontro: se è vero che mi sono amici coloro che

1° portano acqua al mulino,
2° non distolgono acqua dal mulino,
3° non distruggono il mulino (debbo al dottor Giacomo Contri questo prezioso criterio di giudizio),

allora a Modena non ho amici e men che meno al lavoro dove trovo, metodicamente, pervicacemente una dura opposizione; l’unico lavoro che incontro è il tentativo di inquinare le falde e di distruggere il mulino ed anzi la sua stessa pensabilità.

Non me ne lamento, non mi interessa fare la vittima, trovo pesante la situazione ma anche questo, come la terracotta, può diventare materia per soluzioni fino ad oggi impensate.

Spetta a me approfittare anche delle avversità e rielaborare il mio rapporto col lavoro e coi colleghi; gli elogi che due giorni fa mi rivolgeva il mio commissario preferito mi hanno lusingato ma non convinto: il kantiano senso del dovere non è la soluzione che vado cercando.

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