Malta, luglio 2010

La vacanza di maggior durata, assieme a quella a Madrid, e col maggior numero di persone: eravamo in 4: oltre al consueto Agostino, una sua collega ed un’amica di quest’ultima; nessuna di queste era di mia conoscenza e devo ammettere che l’esperimento non è andato male anche se si è trattato, per la gran parte, di due vacanze separate; le ragazze sono simpatiche ma non è scattata quella scintilla che mi fa desiderare di ripetere l’esperienza: non avrei obiezioni ad accettare la proposta di riandare in giro assieme ma non sarò io a farla.

Il volo, come sempre, è della Ryanair, da Bologna, aereo pieno, partenza in orario, arrivo a Malta con atterraggio morbidissimo come non mai (complimenti al pilota); l’ufficio informazioni all’aeroporto è presidiato da una signora gentile e disponibile che riesce pure a parlare in italiano, anche se un po’ sommario.

Per arrivare in città è molto conveniente prendere l’autobus n. 8, giusto all’uscita dell’aeroporto: preparare monete per il biglietto che costa 47 centesimi a persona e 35 per bagaglio ma con l’avvertenza che non è detto che vi facciano pagare sempre e comunque il bagaglio (pare sia a discrezione dell’autista), così come non è chiaro come e a chi diano il resto.

L’autobus rappresenta un’esperienza da non perdere perchè ogni autobus è diverso dall’altro, sembrano quasi essere di proprietà dei conducenti viste le personalizzazioni con scritte, santini, immaginette, ma anche lo stato dei sedili o la pulizia sono assolutamente discrezionali e variabilissimi; sono salito su alcuni autobus  i cui sedili avevano rammendi da paura e mi aspettavo ospitassero colonie di pulci.

Alcune caratteristiche sono, comunque, abbastanza comuni: i modi poco urbani di moltissimi autisti, che sono al limite dell’educazione; la mancanza di divise, per cui ognuno si veste (male) come gli pare, le facce – al terzo autobus pensavo che i conducenti facessero parte di una cooperativa di recupero dei galeotti di sing sing – il modo di prenotare la fermata tramite un campanello azionato da fili che corrono  a fianco dei corrimano, poi le sospensioni dei mezzi che devono essere stati revisionati ai tempi della regina Vittoria ed infine, il modo di guidare: sembrano quasi tutti sotto l’effetto di sostanze psicotrope e stupefacenti; tanti guidano come criminali; in particolare, però, pare ci sia una profonda amicizia tra gli autisti e le buche: proprio per manifestare tale affetto non ne mancano una, col risultato di saltare come sull’autoscontro (e io non sono esattamente leggero).

Tutti hanno una sola entrata-uscita per cui bisogna stringersi come sardine, una cosa vagamente da incubo: se odiate la vicinanza fisica di sconosciuti o soffrite di mal d’auto è meglio che cambiate destinazione. A parziale discolpa devo ammettere che lo stato delle strade, appena fuori del centro abitato, è peggio che in Italia (e loro non hanno il traffico pesante che abbiamo noi): probabilmente il governo maltese ha dovuto tagliare le spese di bilancio ed ha deciso di azzerare per almeno un secolo quelle previste per la manutenzione.

Un ultimo dettaglio: uno degli autisti, un cinquantenne basso e grasso (come quasi tutti) aveva unghie lunghissime, una cosa mai vista, la qual cosa mi ha permesso di individuare tutti i viaggiatori spagnoli che, alla vista del fenomeno, si rivolgevano agli amici in attesa di salire: “mira las uñas” … non tutti i mali vengono per nuocere.

Altra critica importante: niente raccolta differenziata e pochi rispetto alle necessità, i contenitori dei rifiuti per cui la sporcizia è abbastanza diffusa.

Arrivati in albergo iniziamo subito a visitare qualcosa nei dintorni: siamo a Sliema che è il centro turistico più importante dell’isola ed è attraente come il lungomare di Miramare o Rivazzurra a Rimini, il che adire una pena.

Tornati in albergo iniziamo con una figuraccia: convinti di essere nella camera 113 (assegnata alle compagne di viaggio) cerchiamo di aprire la porta della nostra stanza (la 111) senza riuscirci; chiediamo allora di cambiare la chiave elettronica spiegando che la nostra, appunto, non funzionava: l’addetto alla reception ce la cambia, molto gentilmente ma questa si ostina a non funzionare (chissà come mai); chiamiamo l’addetto che ovviamente la apre subito (la 113) così scopriamo che non è la nostra … una figuraccia terribile.

Niente da dire sulla camera, non pulitissima ma niente lamentele visto che l’igiene pare sia un optional (un amico ospite di una struttura a 4 stelle ha trovato uno scarafaggione in bagno e non poteva accendere l’aria condizionata per via dell’odore sgradevole che emanava); una sola cosa ha creato molti problemi: lo sciacquone mi ha fatto letteralmente impazzire perchè non si riusciva a capire come funzionasse o meglio premendo la leva per scaricare si poteva ottenere il risultato dopo una , due, cinque, sei, dieci volte, il che è poco gradevole quando si viaggia in coppia dovendo condividere il bagno.

Il giorno successivo è dedicato alla visita della capitale: La Valletta, sicuramente interessante, con mura ancora integre davvero impressionanti; Agostino sofferente si trascina fino alla Cattedrale di San Giovanni, visitata la quale si ritirerà per due giorni in stato comatoso, in albergo. Ho visitato anche la cattedrale anglicana che ha come uniche attrattive le bandiere e i cuscini poggiapiedi lavorati penso all’uncinetto, con stemmi e decorazioni varie.

Il mio viaggio aveva lo scopo di vedere quel che era contenuto all’interno della Cattedrale, ma prima di arrivare a quello mi sono gustato e molto, il pavimento con le lapidi dei Cavalieri più importanti; questa abitudine di comporre il pavimento con le pietre sepolcrali è tipica di Malta ed è davvero molto gradevole. Le lapidi sono, tuttavia, solo un antipasto: nell’annesso museo, infatti si trovano due opere di Caravaggio: il San Girolamo e la Decapitazione di Giovanni Battista.

San Girolamo è davvero molto molto bello, purtroppo, si trova di fronte alla Decapitazione e ne è, in parte sminuito, perchè questa è talmente sconvolgente nella sua drammaticità che niente sembra esserle pari. Mi sono trovato, ancora una volta, senza parole per esprimere la commozione che mi ha pervaso fino alle lacrime: la visita a questo capolavoro merita il viaggio a Malta.

Terminata la visita alla Cattedrale mi dedico ad alcune altre chiese, tra le quali solo quella dei carmelitani merita una qualche menzione per i suoi eccessi un po’ pacchiani (che a me piacciono tanto, si sa che io  sono allergico alla sobrietà), le altre non sono gran che. Bella anche la Piazza del Parlamento con la fontana a getti che attira tutti i bambini e non solo in cerca di refrigerio.

Abbandonato il povero Agostino, recupero una delle compagne di viaggio che decide di venire con me a visitare i templi megalitici di Hagar Qim e Mnajdra: solito avventuroso viaggio in autobus fino a questo luogo calcinato dal sole in aperta campagna; fortunatamente i templi sono riparati da tendoni altrimenti si rischia la morte per cottura cerebrale.

Non posso dire che i templi sono belli, tuttavia hanno un certo interesse come testimonianza della precocità di un pensiero dell’uomo che lavora la natura per trasformarla dandole un senso: la lavorazione dei massi e la disposizione in base a equinozi e solstizi sono testimonianza di un’elaborazione intellettuale assai sofisticata se pensiamo che dovrebbero risalire a 3200 a.C.  Qui, e altrove, nell’isola sono state trovate le famosissime veneri steatopigie (antenate delle attuali abitanti) il cui significato non è ancora del tutto chiaro.

La visita dei megaliti schianta le residue forze della mia compagna che, al ritorno a Valletta mi abbandona così che mi dedico, in solitudine a vagabondare per la città dedicandomi, in particolare, ai giardini di Barraka Superiori,  Upper Barraka Gardens, molto interessanti per lo straordinario panorama sulle tre città che si trovano di fronte (Vittoriosa, Senglea, Cospicua).

La sera è dedicata alla visita al carissimo Fabio (ed alla consorte Sondra) Montebelli che non riesco quasi mai a incontrare a Rimini e che ho la fortuna insperata di trovare casualmente in vacanza a Malta al seguito di una torma di ragazzini in età adolescenziale e in piena esplosione ormonale (dimenticavo di dire che se non ho visto un’indigena guardabile, è pur vero che c’è un’infinità di bellissime ragazzine, giovani, provenienti da mezza Europa e bocconcini appetibilissimi per i giovanotti nostrani – a dire il vero li vedo più come prede che come predatori ma il risultato poco cambia).

La giornata seguente vede sempre Agostino in stato agonico per cui mi dedico, in solitudine, alla visita di Rabat e Mdina: visita alla grotta dove avrebbe soggiornato San Paolo dopo il naufragio, con una bella statua di scuola berniniana, poi mi trasferisco alle catacombe di San Paolo, serie di cupi, bui cunicoli poco illuminati.

Dopo Rabat mi sposto a Mdina (sono due quartieri, di fatto) di cui apprezzo molto l’eleganza; sicuramente qui le case sono ben curate e le bouganville e gli ibiscus danno quel tocco di colore che tanto manca in questa architettura sempre molto uniforme, color miele, quasi monotono anche se comprensibile visti i materiali presenti sull’isola.

Bella, anche in questo caso, la Cattedrale con le solite pietre tombali molto elaborate a comporre il pavimento; poco rilevante, invece, il museo annesso, giusto qualche quadro o poco più.

Torno in albergo facendo tappa alla chiesa carmelitana di San Julian che festeggia qualche ricorrenza e lo si capisce dai festoni che decorano le strade e da strani piedistalli di legno coloratissimi su cui troneggiano (ma non sempre) statue in legno, sempre molto colorate di angeli e santi oppure lampadari molto elaborati. Molte chiese hanno, poi, sulla facciata file e file di lampadine colorate, alquanto buffe a vedersi, perchè mi hanno fatto pensare all’Italia degli anni ’50 o ’60, insomma come se mi trovassi un paese in ritardo di qualche decennio (il che non è detto che sia poi così male).

Agostino quasi redivivo decide di combattere la febbre e di uscire per fare un giretto così lo conduco a visitare la città Vittoriosa ovvero Birgu, col forte Sant’Angelo ed il palazzo dell’Inquisitore; il riaggravarsi delle condizioni di Ago ci induce a rientrare.

 

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