Sono tornato in Romagna, a Ravenna per l’ultima lezione al corso di formazione dei colleghi più o meno neo assunti poi ho trovato il solito accogliente ricovero presso la famiglia del mitico Fabio Montebelli, a Rimini, dove ho finito la serata a cena in compagnia dei consueti amici di sempre Umberto Farina e Roberta Berardi oltre al super sempre mitico Marco Guerrieri che mi ha fatto la sorpresa di accettare l’invito (poco tempestivo purtroppo) a cena.
La serata è stata, come pensavo e speravo, ottima: la compagnia è davvero di quelle che riscaldano il cuore.
Marco, gli altri sono più noti, in particolare, è un signore di quelli che lavorano sempre sodo, seriamente, umilmente ma sempre con intelligenza ed equilibrio; è un collega che quando serve c’è senza tante cerimonie, che ti dice quel che pensa senza storie o inutili polemiche.
Accade anche con lui che, nonostante ci si incontri di rado, ogni volta non solo è un piacere, ma non c’è mai da rompere il ghiaccio perché c’è da subito a giusta intesa ed è possibile parlare di qualsiasi argomento senza girarci attorno.
La notte passa con inquietudine, sono preoccupatissimo per il contributo che dovrò dare a Riccione l’indomani al convegno “NOI SIAMO LA POLIZIA LOCALE“, magistralmente organizzato dall’ottimo Maurizio Marchi.
Il mattino arriva, comunque e con esso la colazione al bar in compagnia di Fabio che è sempre un toccasana.
Anche in questo caso il pur sempre troppo breve colloquio è più energetico del caffè: ogni volta che parlo con Fabio mi viene voglia di vivere come lui, di affrontare la vita come lui sa fare.
Il tempo è tiranno e Riccione mi attende: parto con slancio e… manco a dirlo sbaglio clamorosamente destinazione; una volta arrivato a Riccione terme scopro di avere probabilmente “ciccato” l’hotel mediterraneo dove dovevo arrivare; torno indietro mentre l’ansia inizia a galoppare… e riesco, nonostante tutto, a parcheggiare ed arrivare in tempo.
Il contributo è a due voci: per primo, è giusto che abbia l’onore di rompere il ghiaccio, parla un altro dei miei pezzi da 90, il mitico commissario Andrea Piselli a tutti i modenesi arcinoto per essere spudoratamente e ostentatamente il mio collega prediletto assieme a Cristian Cosimo, i miei gioielli come sarebbe detto la madre dei più famosi Gracchi.
Dopo di lui il mio contributo impallidisce ma va bene così anche se non ne sono per nulla soddisfatto: avrei potuto e dovuto far molto di più e meglio ma tant’è.
Ad ascoltarci una trentina di persone, tra le quali spiccano i compagni di cena della sera, Umberto e Roberta (che in realtà non hanno nulla da imparare) ma anche altri due colleghi meravigliosi come Claudio Castagnoli e Fiorella Artioli; nel frattempo è arrivata anche Elisa Fancinelli e poi non mancano Alberto Cuoghi, Claudio Balboni, Gianluca de Simone, Christian Medici, Francesco Marzano…
Ci ritrovo anche un altro collega che mi permetto di chiamare amico (anche se è un lavativo sindacale che non vuole venire a lavorare per me), Luca Falcitano che ringrazio per la sempre squisita cortesia, tratto mai scontato.
Con Elisa e Andrea al tavolo per il pranzo poteva andar male la giornata?
Il ritorno incombe e la nebbia pure; dopo un bello scambio di telefonate con Davide Zavatta, uno dei pochi che non riesco ad incontrare nonostante il desiderio mi rimetto in viaggio giusto il tempo per beccarmi una coda di 7 km per autocarro in avaria nei pressi di San Lazzaro di Savena.
Unico neo di una due giorni splendida sono state le ingenerose critiche di quel Giuda Iscariota del sullodato Cristian che ha commentato il mio abbigliamento con questi termini: “cravatta troppo corta e inguardabile. Sciarpa fuori luogo”; cerco conforto in un altro sedicente amico, tal Federico Buzzi fetente, che così ha commentato: “la cravatta sarebbe stata meglio scura però tutto sommato non sei vestito da cane … la sciarpa invece non ci azzecca proprio un (censura) di niente e in tutta sincerità sembra una scialle da “sciura””.
Anche Andrea Piselli aveva criticato la poca sobrietà della cravatta, per la quale ero stato preso in giro pure a pranzo: con critici così devo dire che non mi servono nemici e pensare che mi ritenevo tanto dimesso da essere quasi “funeralizio”.
Il mio animo colorato non si farà certo inibire da questi arbitri elegantiarum, continuerò imperterrito a vestirmi “male” ma come piace a me.
Questo ritorno a Rimini, la trasferta a Riccione, passando per strade in cui ho vissuto e lavorato mi ha creato una strana impressione di derealizzazione, come se rivivessi un qualcosa che, nel contempo, mi sembra di avere già vissuto ma anche no, quasi rivedessi un sogno che non son certo di ave sognato.
Rimini rappresenta un passato ormai davvero remoto, sono quasi 5 anni che manco da lì e non ne sento il rimpianto (salvo per le numerose persone, splendide, che vi ho lasciato).