Mentre me ne stavo tornando verso Palazzo Fava, in vista della visita alla mostra dedicata a Giovanni Fattori, sono passato davanti alla cattedrale di Bologna, dedicata a san Pietro.
Un salto all’interno me lo concedo sempre ed in questo caso a maggior ragione, volendo recitare una preghiera in pro del mio carissimo Roberto Mastri, purtroppo ora (scrivo il 20 aprile) di venerata memoria.
Tra le tante cose da vedere, in questa basilica, segnalo il Compianto su Cristo morto, di Alfonso Lombardi, opera splendida nella sua drammaticità, sacra rappresentazione che doveva aiutare i fedeli ad immedesimarsi nei personaggi che attorniano in modo scenografico il corpo di Gesù, irrigidito nella morte.
Ho scoperto, dopo le orazioni, che in quel giorno era possibile visitare la cripta, evento per me inconsueto e, com’è scontato, ne ho approfittato senza indugi.
L’ingresso è presidiato da due baldi e teneri giovanotti che invitano ad un’offerta spontanea, cui volentieri adempio, e che informano della presenza di un archeologo, addetto ai lavori di restauro e recupero delle fondamenta di questo luogo sacro.
Mi sono scapicollato ed ho avuto il piacere di presenziare ad un piccolo spettacolo di cabaret, con protagonista questo giovane professionista, molto competente ma leggermente torrentizio nell’eloquio, privo di controllo.
Ci ha – era un gruppo eterogeneo di visitatori – illustrato le fondamenta, i crolli e le ricostruzioni a causa di incendi vari, gli ampliamenti, ha indicato un luogo individuato come una tomba di famiglia degli Ariosti – parenti del più famoso Ludovico, una esposizione interessante con questo solo veniale difettuccio: la compulsione a fare battute del dotto cicerone lo ha spesso fatto scivolare nella sciapa scontatezza o in un’inutile verbosità che ha appesantito la visita e sminuito l’autorevolezza del giovanotto.
Un caldo invito ad una maggiore sobrietà: centellinare le battute non può che giovare anche per i riscontri positivi che non gli ho comunque risparmiato.
A parte la sezione “archeologica” la cripta è caratterizzata da un bel Cristo risorto bronzeo, opera moderna di Paolo Gualandi, artista del tutto ignoto alla mia ignoranza e da una bella pala d’altare che ritrae sant’Orsola.
A parte ci sono le reliquie dei santi protomartiri Vitale e Agricola, risalenti al III secolo; di questi due santi, uno era il padrone dell’altro, sappiamo da sant’Ambrogio che partecipò all’esumazione dei loro cadaveri e della traslazione delle ossa presso la basilica di santo Stefano dove si trovano a tutt’oggi.
Venne martirizzato prima lo schiavo – Vitale – per terrorizzare – il padrone, Agricola, ma senza esito tanto che questi venne crocifisso (il che dice che non fosse cittadino romano).
Di interesse anche alcuni frammenti da un portale con storie della vita di Gesù, opera dell’officina di Pietro di Alberico della seconda metà del XII secolo ed un sarcofago di un vescovo sconosciuto.
Nel sacello riposano in attesa della Resurrezione i corpi dei cardinali arcivescovi Giacomo Biffi e Carlo Caffarra, mentre la tomba di Enrico Manfredini è nella basilica: di questo ultimo arcivescovo metropolita ricordo la stima che nutriva il compianto don Lino Goriup, ai tempi studente di filosofia e non ancora sacerdote, e le speranze che accompagnavano – purtroppo per troppo beve periodo – la sua nomina.
Dopo questa visita, l’ultima tappa è Palazzo Fava, a conclusione di una intensa giornata.
Bologna 19 febbraio 2023 memoria di San Mansueto di Milano
Vescovo