in memoria di Ovidio Capitani

Serata di ieri a cena dai sempre ospitali Gabriele e Silvia: abbiamo onorato un cotechino, l’ultimo prima del caldo estivo, che è sempre una pietanza che riconcilia col mondo.

Chiacchierando amabilmente ho scoperto alcune cose ed altre mi sono tornate alla mente.

Innanzitutto ho scoperto che son due anni, il 18/03/2012, che è deceduto il docente di storia medioevale che mi diede 30 all’esame: il professor Ovidio Capitani. Lo ricordo come uno spirito aristocratico, poco uso ai rapporti con le masse, elitario. Mi piaceva, ai tempi, e molto la storia medioevale che ho scoperto ieri sera di avere pressoché del tutto dimenticato.

Ho perso un patrimonio di conoscenze che mi ero fatto ai tempi dell’università: ne sono alquanto rammaricato ma inutile stare a recriminare, le occasioni perdute non torneranno di certo.

Ieri era anche il compleanno di quella fantastica città che è Roma, il natale di Roma, che risale al 21 aprile 753 a.c., sarebbero dunque 2767 gli anni che l’Urbe si porta sul groppone.

Mi veniva da pensare che la fondazione di Roma nasce da o provoca un fratricidio: la culla del diritto e della civiltà occidentale (assieme ad altro, certo) ha origine da uno dei più efferati delitti, l’uccisione di un fratello.

Nella storia non sono pochi i fratelli che si uccidono, da Eteocle e Polinice a tutti i sovrani che hanno spodestato o lo sono stati a loro volta da un fratello.

L’avere un fratello è un atto elettivo, giuridico, non carnale; si potrebbe dire che fratelli non si nasce ma si può diventare.

La stessa cosa vale per i figli ed infatti i romani avevano la cerimonia del riconoscimento (il bambino veniva deposto ai piedi del pater familias che prendendolo in braccio ne decretava lo status di figlio; in caso contrario non essendo considerato figlio poteva essere esposto o lasciato morire.

Com’è ovvio non è il caso di lasciar morire bambini ma l’idea dell’esposizione non è affatto male poichè permette a chi lo desideri, di adottare un figlio.

Piuttosto che puntare sull’idea dell’abbandono e del senza famiglia, è assai più interessante evidenziare la fortuna di avere qualcuno che è interessato ad investire su una creatura che diviene il suo proprio figlio.

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