Esequie di Roberto Mastri a Forlì

Le circostanze, una imprevista e improvvida sindrome influenzale mi hanno impedito di andare a Forlimpopoli per accompagnare Roberto negli ultimi momenti della sua vita terrena, questo è un grande dispiacere, come quello di non aver auto occasione per parlargli, per condividere le sue preziose osservazioni, per scambiare l’affetto che ci univa.
Al funerale non potevo mancare; grazie alla preziosa collaborazione di mio fratello, stamattina, di buon mattino, sono partito alla volta di Forlì; non mi sono vestito da funerale, ma come se avessi un appuntamento con un amico anche se devo confessare che ho scelto un paio di scarpe più sobrie di quelle che avrei utilizzato normalmente.
Ho tralasciato le scarpe gialle che ho acquistato anche grazie al suo sostegno: gli avevo inviato una foto con le alternative, un paio di scarpe blu ed uno gialle, molto meno sobrie, per non dire appariscenti; ero tentato da quelle gialle ma temevo di esagerare, Roberto, senza esitazione: “Vai sulle gialle!”
Ma veniamo alle cose serie: sono arrivato in ospedale dove ho potuto salutare la salma del carissimo Roberto; nella calma della morte traspariva comunque il calvario che ha vissuto in questo ultimo anno, il mio povero amico.
Erano presenti varie persone, mi sono unito per recitare l’Angelus, a me tutte sconosciute salvo Elena U. (che ho riconosciuto subito) e sono rimasto, come mia consuetudine, in disparte.

Poi il trasferimento in chiesa, nella parrocchia di san Giovanni Evangelista, in via Mario Angeloni; sono arrivato qualche minuto prima ed ho atteso sul sagrato: un sole sfolgorante in un cielo con poche nubi bianche mi scaldava con un’intensità da primavera avanzata, l’aria frizzante, alcuni insetti, forse api, svolazzavano sui fiori rosa dei prunus cerasifera che presidiano l’ingresso della chiesa: meteorologicamente una splendida giornata.

Arriva il feretro e la chiesa, piena, vibra dei canti che riconosco come appartenenti ai miei anni studenteschi e riminesi, sono quelli di Claudio Chieffo, di una tristezza colma tuttavia di fiducia.

Tre sacerdoti concelebrano, presiede l’assemblea fra’ Pietro Zauli già studente del Liceo Malpighi di Bologna, dove Roberto ha insegnato ed è stato vice preside per decenni.

L’ultima tappa è il cimitero monumentale, la tomba – marmo rosso? – è a due passi dall’ingresso; anche in questo caso arrivo prima ed attendo camminando tra le tombe per poi assistere all’inumazione, sempre in disparte.

Ho pianto tanto, in ospedale, in chiesa, al cimitero, in auto: Roberto mi avrebbe bonariamente rimproverato, con ragione, ma la perdita di Roberto è un evento straziante, un venire meno al patto, tacito ma non meno reale ed importante, per cui lui aveva assunto, sin dai tempi dell’università, una certa responsabilità nei miei confronti.

Varie volte gliel’ho ricordato e, in questo anno, quando si facevano progetti per l’avvenire, aveva preso l’impegno di recuperare.

Uno strano legame, il nostro: Roberto è stato un concreto segno di bontà, di sguardo buono, di misericordia, parlando con lui sapevo, percepivo proprio questo, la bontà, la misericordia di chi esprime un giudizio per avere vissuto e superato quelle tentazioni, quegli errori, quelle strade sbagliate, un compagno che ti è a fianco nel momento della difficoltà, della gioia, del lavoro.

Pensando alla nostra quarantennale amicizia non posso non andare col pensiero ai famosissimi “Dialoghi delle carmelitane” di  Georges Bernanos ispirati dal racconto di Gertrud von Le Fort, “L’ultima al patibolo”, non aggiungo altro.

Le parole sentite nel commiato di Elena U., come quelle del rosario dell’altra sera hanno manifestato, direi certificato la sua soddisfazione di aver fatto l’insegnante, di aver ben lavorato, il giudizio positivo sulla vita e la gratitudine per quel che aveva ricevuto.

Pensieri tipici di Roberto che credeva in quel che faceva poiché in ogni gesto testimoniava la bellezza e la verità di quel che aveva incontrato.

Cito un’altra volta una frase di Tolkien, anche questa utilizzata spesso: “in tutto quello che facciamo, noi infondiamo le immagini di ciò che amiamo”; l’ultima volta era nel post dedicato ad un altro defunto importante, S.S. Benedetto XVI (col quale sono un po’ arrabbiato perché a lui avevo chiesto di impegnarsi in prima persona per un miracolo da cui avrebbero tratto beneficio entrambi, Roberto con la guarigione e Benedetto XVI con la canonizzazione).

La predica, le testimonianze hanno espresso con altre parole questo stesso concetto, ma della messa e dell’omelia dirò a parte, dopo la sbobinatura.

Mi ha lasciato un istante interdetto sentir dire che Roberto è stata “la persona con cui ho litigato di più” perché per me è inconcepibile l’idea di poter litigare con lui, litigare con Roberto la classificherei nelle condizioni ipotetiche dell’impossibilità (ricordo sempre questa dicitura perché rimanda alla sua traduzione in latino, tutta al congiuntivo), Roberto non litigava mai non alzava mai la voce, non perdeva mai il controllo; come dicevo nel post di ieri, il suo massimo d’ira è stata una frase, in tono sommesso.

Lo hanno descritto come ironico, lo è stato anche nel dolore, e garbato, sempre, in ogni occasione e chissà se tra i numerosi presenti c’era anche l’ex fidanzata, credo gli avrebbe fatto piacere.

Un’intenzione della preghiera dei fedeli mi ha ricordato il suo sostegno incondizionato – non vi è pace senza libertà – all’Ucraina.

Nessuno ha ricordato il sito cui tante attenzioni ha dedicato, il mitico webpatente, di cui ecco il link https://www.rmastri.it/profmastri.html

In questo sito c’è una breve autobiografia che credo sia utile riportare perché meglio di ogni altra (mia) parola, rende l’idea di chi sia stato questo fantastico compagno di studio e di vita.

Ecco le sue parole:

Nato a Forlì, anche se da anni risiede a Bologna, il prof. Roberto Mastri tiene moltissimo alle sue origini romagnole.

L’ amore per la metafisica lo ha portato a rinunciare ad una presumibilmente brillante carriera nel campo dell’edilizia presso l’azienda paterna e a sacrificare, in parte, i suoi giovanili interessi scientifico-tecnologici. Si è cosí laureato con lode in Filosofia nel 1986, discutendo una tesi sulla gnoseologia teologica di Nikolaus von Kues. Negli anni successivi ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento.

Il suo primo incontro con un personal computer si verificò, in circostanze fortuite, nel 1985; in quell’occasione dimostrò un’indubbia predisposizione per l’informatica, riuscendo, in pochi minuti e senza alcuna preventiva istruzione, a formattare l’hard disk contenente l’unica copia dell’archivio clienti di una nota azienda bolognese (1). Acquistato poi un proprio elaboratore (con modernissimo processore Z80 a 4 MHz e sistema operativo CP/M) si dedicò come autodidatta alla programmazione.

Nel 1988 divenne docente Filosofia e Storia al Liceo “Malpighi” di Bologna – incarico che ricopre tutt’ora. Presso gli studenti ed i colleghi ha ben presto acquisito la fama di professore rigoroso, pignolo ed esigente. In realtà, dicono alcuni, non è così cattivo come sembra (è molto peggio!). (2)

Sin dai primi anni di insegnamento il Prof. Mastri si interessò alle applicazioni dell’informatica alla didattica. In questo contesto, nel 1993, mise a punto un linguaggio di programmazione ipertestuale basato su “tag” molto simile all’HTML che – purtroppo – era già stato inventato. Il suo browser testuale RHT, di conseguenza, presentato in una serie di convegni nazionali promossi dall’I.R.R.S.A.E. Emilia Romagna, non andò oltre la versione 0.2. In seguito, forse anche per vendetta, cominciò a costringere i suoi studenti ad imparare l’HTML per costruire ipertesti di argomento filosofico e non. Molti di questi sono ancora visitabili nel sito del Liceo Malpighi.

Nel frattempo, ormai più che trentenne, decide di iscriversi ad un corso di scuola guida per conseguire la patente B. Annoiato dagli esercizi sul libro dei quiz, ritenne opportuno costruirsi uno strumento informatico che gli consentisse di accelerare i tempi di preparazione. Nacque così rPat per DOS (1994) grazie al quale il prof. Mastri superò brillantemente l’esame di teoria compilando la scheda in soli 5′ e senza alcun errore. Al primo esame di guida fu bocciato, per aver quasi causato un incidente, ma poi, con l’aiuto di di S.Cristoforo e grazie alla benevola distrazione dell’esaminatore, ottenne la patente. Qualche anno dopo, ormai familiarizzatosi con Internet, dedicò un afoso agosto allo studio del JavaScript, confezionando la prima versione di WEBpatente (1997) che ben presto divenne il programma per i quiz della patente più diffuso in Italia. Forse perché distribuito gratuitamente. Per questa stessa ragione il prof. Mastri non potè diventare ricco.

Le sue resposabilità scolastiche vanno intanto accrescendosi. Dal 1995 ricopre la funzione di Collaboratore Vicario del Dirigente scolastico (Vicepreside), occupandosi principalmente della disciplina e della frequenza degli studenti, sottoposta ad un ferreo controllo elettronico. Viene altresì incaricato dello sviluppo dell’impiego delle tecnologie informatiche e telematiche nell’Istituto. Sotto i suoi auspici tutti gli insegnanti, compresi gli umanisti più riottosi e più affezionati alla stilografica, vengono costretti – quasi un decennio prima che il Ministero dell’Istruzione lanciasse la sua “ForTic” – a compilare la programmazione in formato elettronico, a ricevere le circolari via e-mail, a preparare le loro lezioni in PowerPoint e a inviare telematicamente i voti degli scrutini.

Interista convinto ma non praticante, il Prof. Mastri non è molto versato nelle attività sportive in genere (fatta eccezione per le lunghe ed estenuanti passeggiate che ama soprattutto imporre agli studenti durante le gite scolastiche). I suoi interessi extra-professionali sono rivolti principalmente alla musica, all’astronomia e all’astronautica, tuttavia, per questa volta, il racconto delle sue esibizioni giovanili nel gruppo pop-folk dei “Crackers”, nonché quello delle sue osservazioni telescopiche e ad occhi nudo, sono benignamente risparmiati al lettore.

(1Non sarà inopportuno segnalare che l’azienda sopravvisse all’incidente ed è tuttora fiorente. Anzi, la brutta esperienza contribuì a far progredire la sua dotazione tecnologica con l’introduzione di sofisticati dispositivi di backup.
(2È doveroso informare gli utenti di WEBpatente che, nonostante la sua severità, il prof. Mastri non è uso apostrofare come “Zuccone!” i suoi studenti, anche quando si rendano più che meritevoli di tale epiteto, e che la voce registrata usata nel programma non è nemmeno sua.

Forlì, 11marzo 2023, memoria di San Sofronio di Gerusalemme, patriarca

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