giornata campale

Strana giornata: per la prima volta dopo tanto tempo, stanotte ho avuto caldo e mi sono alzato per bere, nonostante l’aria condizionata fosse accesa.

Sveglia alle 6.00, colazione al volo quindi dilemma: mi rado o annaffio l’orto? ovvia risposta, la precedenza è all’orto, quindi, di corsa a ristorare la verdura poi doccia e mi fiondo in ospedale.

Vivo l’attesa con un vago senso di irrealtà: non sono timoroso, il che è già strano, ma è come se la cosa non riguardasse me.

La stanza è condivisa con una ragazzona presumo nigeriana che oltre a non spiccicare una parola d’italiano (la madre lo parla) ha una faccia che invita a … guardare dall’altra parte per tacere del resto: steatopigia, anzi steatotutta: c’ha due bicipiti che se mi beffo un ceffone ruoto come una trottola per un paio di giorni almeno, taccio delle cosce che sono un inno alla dieta mediterranea.

Mia mamma, che non è abituata a frequentare altro che pochi vicini di casa, mostra qualche segno d’inquietudine, con sobrietà comunque, perchè non vuole offendere nessuno; resta l’odore in camera, acre, intensissimo, da nausea (e io non li sento di solito). Nonostante il caldo soffocante, l’afa che schianta e le condizioni generali di mia madre non proprio smaglianti, lei chiede di poter tenere aperta la finestra, per poter respirare.

Arriva il dottore che le dà il consueto buffetto su una guancia… poi aspettiamo.

Va tutto bene, come non ci speravo, alle 13.30 è tutto finito: il dottor Berretta, gentile e disponibile come sempre, ricompare per parlarci e farci il resoconto della sua opera, di cui è giustamente soddisfatto.

Fuori da ogni piaggeria, ma voglio ringraziarlo, con tutto il personale che lo ha assistito per quello che hanno fatto e per come.

Tornati in camera, ho un momento di smarrimento all’inizio, per problemi di nausea, subito risolti: non passerà molto tempo che la ripresa manifesti i suoi sintomi.

Mi ritrovo una mamma in splendida forma, che inizia subito a cicchettare e dare ordini.

Torno a casa abbastanza stremato (che avrò mai fatto poi? mah), mi fiondo nell’orto e raccolgo un bel po’ di pomodori che hanno avuto il buongusto di maturare per me: la cena è all’insegna di un passato gustoso: pomodori in pinzimonio; certo ai pomodori sono intollerante, il sale è un veleno ma chissene.

Gli amici mi hanno chiamato o mandato messaggi, ringrazio ciascuno, con particolare attenzione all’ottimo Federico, sempre a fianco nei momenti di bisogno.

Di Gabriele, Silvia e Daniela non dico nulla, sono un balsamo che lenisce ogni ferita e da tempo: anche per me vale il detto che i migliori amici sono quelli che risalgono al periodo della scuola che, nel mio caso, è l’università.

Oggi la provvidenza ha visitato questa casa e di ciò sono grato.

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