ladri di biciclette

Stamattina, un breve scambio di battute con una collega, sulla vita psichica che ho commentato lapidariamente, come m’è di costume: “non si cambia, nella vita, si peggiora soltanto”; una seconda collega è intervenuta affermando che la mia visione sarebbe “catastrofica”.

Non vi è catastrofismo, né pessimismo, ma semplice realismo: le possibilità di cambiamento non sono normalmente né ricercate né apprezzate, salvo il gattopardesco “tutto cambi perché tutto resti uguale”.

Mi viene, non ricordo chi devo ringraziare di questo, alla mente l’episodio, famosissimo del barone di Münchhausen che si salva dalle sabbie mobili tirandosene fuori per i capelli: è da un altro che può venire la possibilità di un nuovo pensiero, così come da un altro è venuta l’esca malefica della malattia divenuta poi nevrosi grazie all’alleanza ed all’elaborazione personale della vittima.

Non esiste l’autoanalisi come non esiste l’autoassoluzione: è attingendo all’offerta di un altro che qualcosa può cambiare e mai, comunque, con colpi di bacchetta magica; 40 anni ci metterà il popolo di Israele per giungere ai confini di una terra alla quale nessuno, nemmeno il loro padre, Mosè, avrà accesso tra quelli che hanno intrapreso il viaggio.

Non è un caso che appena gli ebrei iniziano ad “accontentarsi”, a diventare autoreferenziali,  tornano alla modalità idolatrica (il vitello d’oro) ed alla lamentela (le cipolle d’Egitto): offerta di un altro è la terra promessa, offerta di un altro è l’dea di popolo di Israele … e questo per fermarci all’antico testamento.

Giusto ricordo che i discepoli di Emmaus riescono ad interpretare correttamente le Scritture solo grazie ad un Altro che si fa loro compagno di viaggio, così come la parabola della vite e dei tralci: “senza di me non potete fare nulla” (mi accorgo di avere commesso un lapsus: avevo scritto dare anziché fare; mi sembra un buon errore perché legato all’idea di dare frutti ovverossia produrre …).

Se curarsi è un impossibile, beh, potrebbe essere una buona notizia: altro è curarsi – in fondo il narcisismo di chi non ha altro scopo che contemplarsi – altro è avere cura: a ognuno il suo avere cura.

Oggi mi hanno pure, o meglio me ne sono accorto solo oggi, alleggerito della bicicletta: non mi sono arrabbiato anche se non l’ho presa bene; 60 anni fa un film, famosissimo, si intitolava appunto “ladri di biciclette”: l’immigrazione, il diffuso degrado fa sì che oggi si ripresentino, con rilievo sociale, fenomeni che pensavano ormai scomparsi.

Furto ovvero lavoro contro la possibilità di rapporto in quanto legato all’idea che vi debba essere una sorta di corrispondenza tra il proprio guadagno e la perdita da parte di un altro: se uno guadagna, l’altro deve perderci, perché tutto è basato sul possesso di oggetti, cose; sono possibili, anche a questo, alternative e, in ogni modo, vi sono delinquenti ben peggiori sebbene non sanzionati dal codice penale.

Gli invidiosi che si oppongono, scientemente, a qualunque possibilità di guadagno – idea che perlomeno sussiste ancora nel ladro – sono l’estremo confine della miseria a fronte dei quali anche il ladro di biciclette diventa un virtuoso.

                                                                                                                                                                  Modena, 4 agosto, 2015

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