Juan Martínez Montañés, maestro de maestros

In questi giorni, al Museo de Bellas Artes di Siviglia,  è in corso una mostra dedicata ad un grandissimo artista, ovviamente barocco (ho letto che segna il passaggio dal rinascimento al barocco), Juan Martínez Montañés.

Il titolo è impegnativo, “maestro de maestros” ma non c’è esagerazione: guardando le sue opere, oltre alla maestria nell’esecuzione, si notano dei modelli che sono stati ripresi e riproposti varie volte nel corso dei secoli.

All’ingresso c’è una cortese signorina che offre, gratuitamente, una piccola guida dell’esposizione, godibile ed utilissima (anche se l’ho ritirata solo all’uscita, ma è risaputo che sono un timidone) e che può essere anche scaricata da internet in versione pdf.

Chi è, dunque, Juan Martínez Montañés? Nacque in Alcalá la Real che, se corrisponde a quella attuale, è un paese nella provincia di Jaén, sempre in Andalusia, nell’Anno del Signore 1568, si formò a Granada per poi trasferirsi a Siviglia dove, nel 1588, supera l’esame per esercitare l’arte dello scultore in città; si sposa ed ha 6 figli; resterà vedovo, si risposerà e ne avrà altri 7 dalla seconda moglie.

Oltre a meritare l’appellativo di Lisippo andaluso, il buon Montañés collaborò con svariati artisti del momento, ebbe vari discepoli, il più famoso dei quali fu Juan de Mesa. Morì di peste nel 1649.

Juan Martínez Montañés ottenne velocemente la giusta fama grazie ad una produzione davvero notevole di opere sia per retablos che per devozione ed alcune di queste opere divennero delle vere e proprie icone, riprodotte durante tutto il periodo barocco: le 44 opere esposte rappresentano l’intera produzione del maestro.

Sono tutte opere di carattere religioso e già questo depone a loro favore, la prima che ho apprezzato, tuttavia non è propriamente di un santo ma la statua di Don Alonso Pérez de Guzmán, el Bueno, fondatore della casa di Medina Sidonia, una delle più ricche e potenti casate nobiliari spagnole (uno dei suoi discendenti comandò l’Invincibile Armada).

Guzmán, el Bueno è famoso per la difesa della città di Tarifa dove morì il figlio minore, questa morte divenne leggendaria perché il padre, gettando dalle mura un pugnale agli assedianti, rivolse loro queste parole: «Matadle con este, si lo habéis determinado, que más quiero honra sin hijo, que hijo con mi honor manchado» (uccidetelo con questo, se così avete deciso, perché tengo più all’onore senza figlio che un figlio con l’onore macchiato).

Credo ci sarebbe molto da riflettere sull’idea di onore e soprattutto sull’idea di figlio che aveva il famoso Don Alonso Pérez de Guzmán, el Bueno.

Di fronte a cotanto eroe c’è quella della moglie, Doña María Alonso Coronel: le statue rappresentano i coniugi inginocchiati e preganti, riccamente vestiti, una coppia di statue in legno davvero splendide.

Un altro capolavoro di Montañés, a mio giudizio, è il San Zacarías, marito di Santa Isabe Santa Isabel l (Sant’Elisabetta), che è rappresentato come un anziano con un’intensissima espressione del volto ma, soprattutto, un abito straordinariamente decorato.

Segue una Cabeza de san Juan Bautista, la testa su vassoio di san Giovanni Battista; in questo caso c’è accanto l’identico lavoro di Gaspar Núñez Delgado (in argilla) precedente di 30 anni circa, molto più patetico, mentre Montañés lo rappresenta meno sofferente anche se non meno espressivo.

C’è poi uno splendido San Cristóbal con el Niño, san Cristoforo col Bambino che è un tema ricorrente nelle chiese di Siviglia, seguito da tre San Jerónimo penitente, uno dell’italiano Pietro Torrigiano, in argilla, che ha costituito il modello cui si è ispirato Montañés per gli altri due.

I san Girolamo e Santo Domingo de Guzmán penitenti hanno la stessa posizione, molto scenografica, inginocchiati, a torso nudo, con una pietra tra le mani ed il crocefisso da contemplare nell’altra.

Seguono le versioni non penitenti di altri santi, sempre statue bellissime, rispettivamente dei santi Bruno, Pietro, Paolo, Ignazio di Loyola, Francesco Borgia; in questo caso i santi sono in piedi ma in posizioni tali da dare l’idea del movimento interiore ancor prima che fisico; ad eccezione dei due apostoli, gli altri santi contemplano il crocefisso o un teschio (caratteristica di san Francesco Borgia), intensamente concentrati in meditazione sulla vanitas.

Santa Ana maestra è un’altra opera splendida, con la madre della Madonna intenta ad insegnare alla figlia a leggere; non avevo mai visto in precedenza rappresentazioni delle lezioni che sant’Anna avrebbe impartito alla Vergine.

Varie riproduzioni dell’Immacolata Concezione, una delle quali detta la Cieguecita rappresenta la Vergine “apocalittica” con le mani giunte, coronata di stelle, con la luna sotto i piedi, sorretta dagli angeli, una delle rappresentazioni che avranno maggior fortuna nei secoli successivi.

Seguono tre crocifissi che chiudono l’esposizione; uno di questi è il famoso Cristo de la Clemencia, dipinto da Francisco Pacheco, opera considerata una delle migliori nella produzione di entrambi gli artisti.

Una mostra bellissima.

Siviglia, 21 gennaio 2020,  memoria dei Beati Edoardo Stransham e Nicola Wheeler Sacerdoti e martiri

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