Galla Placidia e il museo nazionale

Il mausoleo di Galla Placidia, personaggio fuori del comune nella storia, essendo stata nipote di tre imperatori, figlia di un imperatore, sorella di due imperatori, moglie di un imperatore, madre di un imperatore, zia di due imperatori, si trova nei pressi della basilica di san Vitale.

Dopo avere goduto dei mosaici di questa chiesa, il mausoleo di Galla Placidia è come una ciliegia in cima ad un gelato alla crema: piccolo, raccolto e concentrato di bellezza.

La tradizione attribuisce a questa nobilissima sovrana la costruzione di questo mausoleo per sé, il marito Costanzo III ed il fratello Onorio ed in effetti ci sono tre sarcofaghi, all’interno, che ne riportano i nomi; tuttavia questa tradizione non ha sostegni documentari e nemmeno il corpo dell’imperatrice, morta a Roma.

L’edificio, a croce latina, è, come spesso accade a Ravenna a causa della subsidenza, 1,5 m più in basso rispetto al momento della costruzione, molto semplice all’esterno: è l’interno che lascia senza fiato: l’atmosfera ovattata, il cielo di mosaico blu con fiori stilizzati bellissimi e le rappresentazioni splendide narrano di un ambiente raffinato, sicuramente riservato a personalità della cerchia imperiale.

La cupola ha la croce al centro, contornata da stelle di grandezza digradante che partono dai 4 animali che formano il tetramorfo, gli animali che il profeta Ezechiele vede in sogno (e che dal VI sec. diverranno i simboli degli apostoli).

Nelle lunette ci sono rappresentate scene di grande bellezza: il Cristo buon pastore, san Lorenzo, cervi che si abbeverano ad una fonte.

San Lorenzo, in realtà, è assai discusso perchè c’è che sostiene che si tratti di Cristo vestito alla siriaca, che condanna al rogo i libri eretici, mentre sono custoditi in un mobiletto i 4 vangeli. Sia come sia, le fiamme che escono dalla graticola sono splendide.

Incantevole, il mausoleo di Galla Placidia è davvero incantevole.

Subito dopo, saltando il pranzo come avevo saltato la colazione, quindi a digiuno e senza avere bevuto, mi sposto a due passi di distanza, presso il museo nazionale.

Questo museo ha, nei chiostri subito dopo l’ingresso, una importante collezione di steli ed epigrafi funerarie romane, un’accoglienza funebre si potrebbe dire.

Ma è risaputo che io ho un animo tendente al funereo quindi mi sono trovato subito a mio agio: quel che mi ha particolarmente interessato è vedere come dei pezzi di pietra con poche parole abbiano rappresentato, un tempo, un modo per onorare e ricordare una persona cara: davanti a quei pezzi, spesso rovinati, si leggeva un ricordo, il desiderio di preservare nel tempo un legame oppure la consuetudine di adempiere a riti funerari con la mediocre falsità che testimoniano tante lapidi (non a caso si usa dire: falso come una lapide).

In ogni caso una preziosa testimonianza di quel che l’uomo elabora di fronte all’inevitabile momento finale della vita.

Tra i pezzi, c’è un bel sarcofago con la traditio legis e la resurrezione di Lazzaro,

Poi ci sono pezzi particolari, come il satiro dormiente, le varie transenne marmoree che sembrano lavorate come trine, le collezioni di armi e di avori, assolutamente meravigliosi, insomma di che saziarsi.

Non ultimo e bellissimo anche il ciclo di affreschi di Pietro da Rimini, importante pittore giottesco romagnolo, staccati dalla chiesa di santa Chiara di Ravenna.

Il Cristo crocifisso con l’angelo che raccoglie il sangue in un calice è bellissimo così come i volti dei santi di alcune lunette: opera davvero di grande intensità e bellezza.

Uscito da questo complesso fantastico mi ritrovo nei pressi di una chiesetta molto semplice e spoglia, posso mai resistere e non visitarla? domanda che non merita nemmeno risposta e così mi ritrovo nella chiesa di Santa Maria Maggiore.

Non c’è niente di particolarmente significativo se non un altare con immagine della Vergine chiamata Madonna dei tumori: una sosta in preghiera, con candele d’ordinanza accese, è non solo doverosa ma gradita. Davanti a questa immagine depongo le persone che ho nel cuore, affette da queste gravi malattie: affido ciascuna alla protezione di Maria perchè voglia fare del suo meglio, come sappiamo che fa.

Dopo questa visita mi resta ancora del tempo per cui mi indirizzo verso la domus dei tappeti di pietra di cui ho sentito parlare ma che non ero riuscito a visitare l’ultima volta che ero stato in città.

L’ambiente è un sotterraneo sotto la chiesa di sant’Eufemia composto di vari ambienti i cui pavimenti sono tutti mosaici del V – VI secolo. I motivi geometrici e floreali sono sicuramente molto belli anche se decisamente sobri rispetto a quelli apprezzati poco prima; vero è che questa era un’abitazione privata quindi il paragone non regge, ma è altrettanto vero che i miei gusti rifuggono dalla sobrietà a prescindere.

Decisamente bella, comunque, la danza circolare dei geni delle stagioni o la rappresentazione, inusuale di un buon pastore: anche questo merita una visita.

A zonzo poi per la città sono finito davanti alla chiesa di san Francesco, che stavo cercando, ricordando di avere visitato, tanto tempo fa una chiesa con la cripta sott’acqua: ebbene quella chiesa è proprio san Francesco, la cui cripta, trovandosi sotto il livello del mare, è allagata ed abitata da simpatici pesci rossi.

La chiesa non è, ovviamente, solo la sua cripta: qui si celebrò il funerale di Dante, c’è sepolto un beato, Enrico Alfieri, ed un certo Ostasio II da Polenta, capitano di ventura. e sempre qui sono custodite le ossa del vescovo Neone.

  Ultima tappa, sant’Apollinare Nuovo, ma alla prossima…

Ravenna, 24 marzo 2017 memoria di santa Caterina di Svezia

 

 

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