Del pollaio ovvero elogio della civitas

Un tema cui sto pensando da tempo, senza pretese.

Un’occasione prossima mi è venuta in seguito ad un episodio di alcuni giorni or sono.

Mi sono trovato, per ragioni personali, quindi fuori servizio, in un pubblico ufficio, avendo necessità di alcune informazioni.

Per ragioni di riservatezza eviterò di dire in quale paese mi trovavo; ero dunque in attesa, seduto su una delle poche sedie disponibili; ero solo e forse questo ha creato il malinteso che adesso spiego.

Essendo in silenzio poiché mi era stato detto di accomodarmi ed aspettare e seduto, involontariamente, in posizione non immediatamente visibile, mi sono trovato, mio malgrado, a sentire quel che dicevano all’interno dell’ufficio.

Tre persone sentivo parlare, una delle quali era la capoufficio (l’ho scoperto ben più tardi quando sono stato invitato ad entrare).

Una di queste (l’unico uomo) parlava al telefono (o almeno così credo visto che sentivo solo la sua voce) con qualcuno col quale scambiava informazioni per una gita in camper

A questa voce si è poi aggiunta un’altra, che commentava la telefonata e si offriva di ricercare le migliori proposte dei campeggi della zona dei lidi ferraresi e di stampargliele.

Terminata la telefonata, il colloquio è continuato tra le due voci con discussione sul costo del posteggio e dell’alloggio per il cane, uno 5,00 €, l’altro 4,0 € al giorno; sono state valutate quindi alcune offerte legate al ponte del 2 giugno con relative valutazioni.

Dopo un istante di silenzio, il dialogo ha cambiato interlocutori: l’uomo non ha più interagito, se non con qualche battuta, mentre sono salite alla ribalta la capoufficio e l’altra voce.

Questa commentava le notizie che stava leggendo da un giornale locale e con la capoufficio criticava questo e quello, evidentemente a seconda della notizia che scorreva.

Questa edificante scenetta è durata la bellezza di un’ora e quindici minuti, dopo di che io sono transitato per quell’ufficio (così ho dato un volto alle facce) diretto alla mia meta e non so come sia andata avanti la mattinata.

Bene, questo banalissimo episodio mi ha fatto pensare al pollaio.

Non che abbia nulla contro i pollai, anzi; uno dei miei ricordi di giovinezza preferiti riguarda proprio la raccolta delle uova nel pollaio della fattoria del mio precocemente defunto zio Gianni, fratello di mia madre, ma di questo in altro momento.

Pollaio qui lo intendo come sinonimo di provincialismo, grettezza di pensiero, chiusura, anzi maso chiuso.

Il provincialismo è limitatezza di orizzonti ovvero di risorse e territorio per cui si crea una distinzione tra i pochi ritenuti potenti che hanno una qualche proprietà, qualità, potere … e i tanti che lo invidiano e cercano di usurpare o demolire.

Uno stato di guerra civile permanente, sebbene possa apparire sotto le forme della più perfetta consonanza di interessi e concordia.

Questa modalità di rapporti  credo abbia avuto un certo successo nella storia dell’uomo, così mi è venuta l’idea di ripercorrere alcune tappe, se ci riuscirò, dell’ondeggiare tra due opposte posizioni.

La prima testimonianza la trovo in Adamo ed Eva: c’è un buon inizio, in cui i due andavano d’amore e d’accordo, come si dice, tra loro e con un terzo, un tal Signore che li aveva resi padroni del mondo, cioè non c’erano limiti alle loro iniziative, al loro pensiero.

Molto presto quello stesso Signore viene ad occupare lo scomodo posto di un Dio geloso, invidioso, che sembra voler sbarrare all’uomo la via della conoscenza del bene e del male.

Porre il divieto, quando non ce n’è bisogno è un po’ come imitare Barbablu: inoculare un pensiero di troppo quando proprio non serve.

Il racconto biblico, infatti, non è chiaro: perchè porre a portata di mano l’albero della conoscenza del bene e del male, cioè la possibilità, come subdolamente suggerisce il serpente, di divenire come Dio?

Quale guadagno ne avrebbero ricavato Adamo ed Eva da questa conoscenza visto che già erano stati creati a Sua immagine e somiglianza?

C’è chi interpreta il divieto come un invito a tenersi lontano dalla teorizzazione di un bene e male astratti, teorici, avulsi dal rapporto e dal giudizio dell’apporto dell’altro alla relazione (che peraltro andava bene), insomma un invito a non cadere nel platonismo, pena la morte.

Questa idea mi piace molto ma rimane il fatto che non si capisce perchè questi due avrebbero dovuto far propria una teoria inutile e dannosa; ovvio che la tentazione viene dall’esterno, dall’azione di un altro che mente sapendo di mentire: l’uomo parte bene ma inciampa a causa della sua ingenuità che gli fa abbassare le difese rispetto ad un attacco esterno, che gli propone come bene quello che bene non è.

Genesi, 2, 15- 17 ci racconta: «Tulit ergo Dominus Deus hominem et posuit eum in paradiso Eden, ut operaretur et custodiret illum; praecepitque Dominus Deus homini dicens: “Ex omni ligno paradisi comede; de ligno autem scientiae boni et mali ne comedas; in quocumque enim die comederis ex eo, morte morieris”.»

«Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti”.»

Come Barbablu della famosissima favola di Charles Perrault:

«C’era una volta un uomo, il quale aveva palazzi e ville principesche, e piatterie d’oro e d’argento, e mobilia di lusso ricamata, e carrozze tutte dorate di dentro e di fuori. … In capo a un mese, Barbablu disse a sua moglie che per un affare di molta importanza era costretto a mettersi in viaggio e a restar fuori almeno sei settimane: che la pregava di stare allegra, durante la sua assenza; che invitasse le sue amiche del cuore, che le menasse in campagna, caso le avesse fatto piacere: in una parola, che trattasse da regina e tenesse dappertutto corte bandita.”Ecco”, le disse, “le chiavi delle due grandi guardarobe: ecco quella dei piatti d’oro e d’argento, che non vanno in opera tutti i giorni: ecco quella dei miei scrigni, dove tengo i sacchi delle monete: ecco quella degli astucci, dove sono le gioie e i finimenti di pietre preziose: ecco la chiave comune, che serve per aprire tutti i quartieri. Quanto poi a quest’altra chiavicina qui, è quella della stanzina, che rimane in fondo al gran corridoio del pian terreno. Padrona di aprir tutto, di andar dappertutto: ma in quanto alla piccola stanzina, vi proibisco d’entrarvi e ve lo proibisco in modo così assoluto, che se vi accadesse per disgrazia di aprirla, potete aspettarvi tutto dalla mia collera.” … Esse non rifinivano dal magnificare e dall’invidiare la felicità della loro amica, la quale, invece, non si divertiva punto alla vista di tante ricchezze, tormentata, com’era, dalla gran curiosità di andare a vedere la stanzina del pian terreno. E non potendo più stare alle mosse, senza badare alla sconvenienza di lasciar lì su due piedi tutta la compagnia, prese per una scaletta segreta, e scese giù con tanta furia, che due o tre volte ci corse poco non si rompesse l’osso del collo. Arrivata all’uscio della stanzina, si fermò un momento, ripensando alla proibizione del marito, e per la paura dei guai, ai quali poteva andare incontro per la sua disubbidienza: ma la tentazione fu così potente, che non ci fu modo di vincerla. Prese dunque la chiave, e tremando come una foglia aprì l’uscio della stanzina.»

Evidentemente l’epilogo non può essere che la morte.

Nel racconto biblico è chiaro che il rapporto è buono sia tra Adamo ed Eva che col terzo e che il bene ed il male non esistono in astratto ma sono determinati dalla fedeltà a questo rapporto tra partner. 

Due dei coinvolti, in particolare, hanno ricevuto dal terzo il potere su tutte le cose, il dar loro il nome, per cui si trovano beneficiari in una relazione asimmetrica: il mangiare dell’albero proibito, cioè diventare come Dio, implica la volontà di divenire partner paritari, uguali.

Una identificazione che spazza via la ricezione dell’intero universo per trasformare un possesso senza limite alcuno poiché legittimamente ricevuto e posseduto, in una astratta competizione tra eguali in cui il bene e il male diventano delle essenze da cui inferire per deduzione.

L’universo diventa un pollaio.

Pur nella somiglianza, diverso è il caso di Barbablu che mette in testa alla moglie un pensiero di troppo, inutile: non c’era alcuna necessità di lasciarle la chiave della stanzetta e di porle il divieto di non entrarvi.

In un buon rapporto non esiste l’obbligo del dire tutto all’altro o del sapere tutto dell’altro; le cose tra i partner andavano a meraviglia e la moglie era stata costituita signora di tutti i beni.

Ancora una volta si potrebbe dire che siamo di fronte ad un caso di eredità a coniuge vivo, ma questo coniuge pone un divieto, cioè crea un pensiero nuovo, che non apparteneva alla compagna. Freud ci insegna che una volta che un pensiero sia stato concepito esso non è più cancellabile e richiede una soluzione.

Il divieto del marito occupa tutto il pensiero della donna, grazie alla sua stessa complicità, tanto da diventare l’orizzonte unico: tutto scompare o meglio si riduce a quel particolare ipertrofico.

In questo caso la partnership che il marito intendeva proporre alla moglie era di tipo autoritario, che paragonerei alla tentazione di Gesù nel deserto.

Da verificare se anche le tentazioni del diavolo non ricadano in questo bivio: l’offerta è di tutto il potere, del dominio sul mondo purché ci sia obbedienza di tipo gerarchico, cioè relazione di comando. Per quanto grande sempre pollaio sarebbe perchè l’altro si fissa in una determinata posizione che, per principio, non sarà mai alterabile.

L’universo, al contrario, prevede la possibilità che soggetto ed altro siano continuamente intercambiabili, senza che nulla obblighi o vieti l’occupazione di un posto piuttosto dell’altro.

Parma, 28 giugno 2017 memoria di Sant’Ireneo di Lione vescovo e martire e anniversario del mio battesimo

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