Colloquio con Gabriele

Oggi, tornando da Milano, con Gabriele e Silvia ho riproposto l’idea di ampliare le mie competenze, idea che è stata stroncata dal buon Gabriele con poche, illuminanti, come sempre, considerazioni:

in particolare mi faceva notare che uno le competenze non se le va a cercare, astrattamente, in giro (citerei il Don Abbondio manzioniano: “uno le competenze non se le può dare”) e la ricerca di competenze l’ha definita come “un’intenzione e non un’ambizione”, insomma una pietra tombale su un ragionamento astratto. L’intenzione è un pensiero idealizzato, teorico, “discorsivo”, il tipico pensiero del povero mentre l’ambizione è un pensiero eccitato. Circa la mia, presunta, ambizione a diventare ispettore, ne realizzo oggi la rilevante irrealizzabilità, così come, mi sono dolorosamente reso conto, che non ho più nessuna voglia di fare il lavoro che faccio, tuttavia non vi sono alternative, vista l’età che mi ritrovo.

Questa considerazione mi ha riempito di angoscia e si è ripresentata la solita tentazione di non volerne sapere, manovra classica e inutile, che tendo a mettere in atto ogni volta che mi si presenta una situazione sgradevole dalla quale non vedo possibili vie d’uscita e che, però, non voglio comunque accettare.

Rimane la questione dell’averne voglia e dell’ampliamento delle competenze, pensiero mio che avevo attribuito ad altri, stupendomi addirittura del fatto che l’avessi formulato io (pensiero espropriato).

A ciò aggiungerei anche un pensiero che è stato riproposto stamattina (non è nuovo ma ogni volta mi turba): ogni seduta è pubblica, cioè su piazza (salva giusto la privacy anagrafica, diciamola così), come sono pubbliche le sedute parlamentari o le udienze in tribunale (aggiunte mie) e questo mi faceva tremare al pensiero delle mie, di sedute.

 Se le pensassi davvero su piazza, penso che me ne vergognerei terribilmente (e non per presunti scandaletti o pensieri inverecondi a sfondo sessuale),  soprattutto per la carenza di novità e la ripetizione…

Mi faceva notare Gabriele:

La piazza è luogo di pensieri resi in comune. Profittevoli o melanconici, tutti sono su piazza. Quanta melanconia, ripetitiva c’è nel pensiero di ognuno e come tale già su piazza. Non si tratta di metterlo in piazza c’è già sulla piazza. i tuoi pensieri sono già sulla piazza. Mi verrebbe da dirti che tu li porti fisicamente nello studio dell’analista dalla piazza. Poi vale la pena di rimetterli in piazza perchè il passo dell’analisi li rende sotto processo d’appello per salvare il pensiero e allora è come su piazza il giudizio di tribunale…”

Anche il narcisista sta su piazza, anzi adora la piazza, quella del sono fatto così; così la perversione che pretende legittimazione dalla piazza. Ancora una volta è il caso di dire che c’è piazza e piazza.

Mi rimane la difficoltà del lavoro che al momento non so bene come risolvere.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.