Varie ed eventuali

Ecco un florilegio di banalissimi episodi di vita quotidiana:
domenica mattina, dopo la Messa delle 08:00 quindi attorno alle 09:30, nei pressi di una stazione ferroviaria.

Nell’ordine si avvicina un questuante, tossicodipendente, a chiedere qualche spicciolo (da precisare che non è molesto), poi, a pochi metri di distanza, un ragazzotto sui vent’anni, a torso nudo, si esibisce in una bandiera attaccandosi ad un palo della segnaletica (lui è molesto per la percezione della mia forma fisica, specie gli addominali), poi si allontana con alcuni amici; due ragazze, tossicodipendenti si aggirano in zona, una di queste si mette a discutere con un ragazzo di origini centro africane, col quale ha un piccolo diverbio, il tutto con la compartecipazione di un altro ragazzotto della medesima provenienza.

Camminando per poche decine di metri si incontrano altri baldi maschietti, della stessa origine, che stazionano non è ben chiaro a far cosa.

Trattandosi di zona stazione ferroviaria, è successo che tornando con un treno in arrivo verso le 20:30 ci si imbatta, nell’area circostante, in gruppetti vari, di ragazzi centroafricani che, anche in questo caso, non è ben chiaro in che amabili conversari si intrattengano, che sarà anche razzismo ma se fossi una signora sola, avrei qualche timore.

Cambiamo latitudine spostandoci di qualche centinaio di metri in linea d’aria e arriviamo in ospedale: in questo caso succede che si accompagni la propria genitrice a fare un controllo; all’uscita dall’ambulatorio, in un ampio salone, c’è un gruppetto di medici – a distanza di vari metri, da questo si stacca la figura di una dottoressa che si avvicina e, con un grande sorriso, saluta e chiede le condizioni di salute.

Si tratta di una dottoressa conosciuta in un reparto che non frequentiamo più da almeno 5 anni: lei si è presa la briga di lasciare i colleghi e venire a salutare, non so se mi spiego!

Almeno un paio di altri medici, uomini e donne, coi quali ci si vede mensilmente, ci accolgono sempre con un sorriso ed una parola gentile.

Cosa accomuna questi episodi? Nulla se non l’idea che le città, i luoghi di lavoro, di cura, di condivisione degli spazi pubblici sono il risultato dell’operare di chi ci lavora, vive, cammina, traffica, commercia.

L’altro che si incontra per strada, che si sente al telefono, con cui si condivide l’ufficio può essere trattato secondo tre modalità che ho imparato da Giacomo Contri:
“La sagoma è il soldato della trincea opposta,
il simile è il contiguo di metro,
il prossimo è il partner (di affari, quali che siano): per la precisione è quello che si è fatto partner, rendendo possibile la partnership (in cui il compenso non è salario)”.

Trattare uno da sagoma è volerlo morto, trattarlo da simile può essere indifferenza o attesa, poi c’è il prossimo, una possibilità “metafisica”, che spalanca le porte a ciò che non esiste in natura.

Vale la pena lavorare perché il partner accada.

Si avvicina la solennità dell’Assunzione di Maria e mi è venuto in mente che in molte chiese viene rappresentato Gesù che incorona Maria; i cristiani sanno che si tratta da madre e figlio ma chi osservasse questa scena non sapendolo, vedrebbe un giovane uomo, di belle fattezze che incorona una regina, di non minor bellezza, un esempio di partnership riuscita (infatti non la trattava da mamma).

Parma, 12 agosto 2023 memoria di Giovanna Francesca Frémiot de Chantal, vergine


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