Uno scherzo del … becchino

Cosa unisce un vecchio barbogio (io) ed un becchino, anzi un paio di becchini del Cimitero monumentale di Genova, ovvero il Cimitero di Staglieno?
Sono anni che desidero visitare tale ameno luogo, da decenni è arcinoto che prediligo, tra le tante amenità del nostro amato Belpaese (e non solo): i cimiteri.
Una ulteriore nota personale: mia zia, la mia zia prediletta, anzi la zia eponima, andò in viaggio di nozze in quel di Genova e visitò anche questo luogo, ormai sono più di 60 anni.
La passione per i cimiteri mi accomuna ed unisce anche e ancora una volta carissimo e compianto amico Roberto Mastri di venerata memoria.
Tutta questa presentazione per raccontare che avevo deciso di concedermi l’usuale viaggetto, in questo periodo del mese più bello dell’anno, avendo scelto come meta, il suddetto cimitero; contrariamente alle abitudini ho scelto come mezzo di locomozione l’auto e di buon mattino sono partito alla volta della città della Lanterna.
Arrivo al casello dell’autostrada di Parma e trovo un solo accesso disponibile, con un po’ di inevitabile coda; mi rassegno ad attendere perché intravedo a distanza che c’è una qualche difficoltà a rilasciare i biglietti, sebbene non capisca come mai gli altri accessi restino chiusi; proprio nel momento in cui non posso più cambiare corsia viene misteriosamente ma provvidenzialmente aperto un altro accesso, di cui approfittano tutti quelli che avevo dietro di me.
Avrei dovuto interpretare i segni del cielo e invece no, imboccata l’autostrada mi dirigo a piè fermo verso Piacenza.
Tutto è andato per il meglio salvo la parte finale del viaggio, che mi è parso letteralmente interminabile: tra viadotti (non amo circolare sui viadotti), restringimenti di carreggiata, cantieri e un incidente, i segni del cielo aumentavano, inascoltati ma premonitori.
Giungo infine nei pressi della destinazione ma vedo, da una certa distanza, che quel che sembra il portone principale, è chiuso; immagino che ci siano accessi laterali che mi metto a cercare e trovo con una certa facilità.
Parcheggio e mi dirigo verso un portone aperto che mi fa ben sperare, davanti al quale staziona un carro funebre ed è a questo punto che compaiono i due becchini: premurosi, mi avvisano della chiusura del cimitero, anzi, precisano che l’accesso è aperto solo per gli ingressi, intendendo senza margini di equivoco gli ingressi definitivi, fino al giorno della resurrezione.
Aggiungono, a sottolineare la mia dabbenaggine, che il cimitero è chiuso sei giorni all’anno e quello è uno dei sei: a quel punto mi si accende una lampadina che mi ricorda la data fatidica, il 24 giugno, solennità della nascita di san Giovanni Battista.
Immagino che Genova festeggi con la dovuta solennità il santo patrono sebbene mai avrei pensato che una città a vocazione anche turistica e che ha un cimitero straordinario pensasse di chiuderne l’accesso il giorno del patrono.

Ho preso con molta sportività la notizia: mi è venuta voglia di risalire in auto, invertire la marcia e tornarmene a casa, frenato anzi dissuaso dal gran caldo e dal mal di schiena dopo due ore abbondanti di guida; ho cercato un parcheggio, trovato nei pressi della Chiesa dei diecimila martiri crocifissi e da qui sono partito in cerca del centro cittadino, talmente imbufalito da non riuscire ad orientarmi con un minimo di efficacia (il che mi succede normalmente, ma quel giorno in modo esasperato).
Ho cercato di arrivare nei pressi della Cattedrale sapendo che tutte le cattedrali sono in centro città; ci sono arrivato dopo un po’ di peregrinazioni ma infine c’ero.

All’interno del luogo sacro ho scambiato due parole con un sagrista, al quale ho raccontato la disavventura del cimitero chiuso: con garbo ma con decisione mi ha commentato la questione legandola al reddito di cittadinanza, sostenendo che ci sono tanti scioperati in giro che percepiscono quel sussidio e che, invece, potrebbero essere molto più utili alla società se venissero occupati in attività varie, tra le quali tenere aperto il cimitero, sfalciare le aiuole e simili; devo aggiungere che mi sono trovato d’accordissimo?

Da lì a zonzo per il centro; mi è venuto spontaneo fare qualche raffronto con la visita di qualche anno fa, nel 2016: allora avevo incontrato un significativo numero di escort nigeriane o giù di lì, stavolta, forse a causa del giorno festivo? nemmeno una.

Non diversa, invece, la situazione dell’imbrattamento dei palazzi: graffiti di ogni tipo deturpano ovunque, trasmettendo un senso di leggera trascuratezza; un paio di scritte dedicate ai colleghi genovesi attirano la mia attenzione.

Due scritte “inneggiano” alla polizia locale, gratificandola di epiteti non esaltanti ma mi consola il fatto che, non foss’altro che per insultare, almeno l’ignota mano (immagino di una zecca) conosce termini (polizia locale) che tanti cittadini e la gran parte degli addetti alla comunicazione (intendasi giornalisti) ignora (per dolo, nel caso dei giornalisti), continuando a chiamarci vigili urbani.

Che dei deficienti si prendano la briga di insultare la polizia locale significa che questa lavora bene, della qual cosa mi compiaccio.

A fronte (e riparazione?) di tanta scempiaggine imbrattatoria ho scoperto un’innumerevole quantità di edicole sacre, in gran parte Maestà.

Ho visitato, proprio come 7 anni fa, la Cattedrale e due chiese, quella del Gesù e quella di Santa Maria delle Vigne, di cui parlerò magari a parte; in Cattedrale erano esposte le reliquie che i fedeli potevano omaggiare inginocchiandosi di fronte ad una balaustra, mentre la piazza poco distante brulicava dei preparativi per la processione del pomeriggio.

Camminando per queste stradine mi è tornato in mente un episodio di tanti anni fa, quando lavoravo come addetto alle vendite alla Coin.

Non ricordo di averne mai esplicitamente parlato ma ero, allora, un giovane destinato a folgorante carriera, sebbene in un settore per il quale non avevo alcuna inclinazione: dopo l’esperienza parmigiana mi prospettarono un avanzamento di carriera con trasferimento in un’altra sede dell’azienda.

Per incuriosirmi mi dissero che c’era il mare; ricordo chiaramente che pensai a Genova e non venni nemmeno sfiorato dall’idea di Rimini, che era la destinazione ipotizzata dai responsabili.

Non si fa la storia con i se ma sono assai convinto che le cose sarebbero precipitate ancor più velocemente di come accadde nella città romagnola: fortunatamente ho abbandonato quella professione.

Dovrei ripensare a quei tempi ma resta che a Genova temo non mi sarei trovato per nulla a mio agio, già l’accento è così poco piacevole.

Sia come sia, è andata diversamente.

Sulla via del ritorno mi sono imbattuto nel bel chiostro di sant’Andrea, un luogo delizioso, poi in un negozio dov’erano esposte delle splendide ciliegie: leggermente affaticato, non ho saputo resistere alla tentazione e ne ho acquistato un kg (abbondante) che ha consolato il mio ritorno.

Il chiostro di sant’Andrea merita la visita soprattutto per i capitelli, medioevali; la sua storia è travagliata e interessante poiché è l’unica struttura sopravvissuta di un monastero claustrale femminile, demolito a fine Ottocento, insieme a tutto il quartiere.

Il chiostro si trova nei pressi di Porta Soprana e della casa di Colombo, ricostruito qui nel 1922; i capitelli, alcuni deteriorati, rappresentano sia motivi floreali che scene di vita e di storia sacra: si va da Adamo ed Eva, la Fuga in Egitto, Daniele nella fossa dei leoni, al Viaggio dei Magi e, ancora, scene di pascolo, di aratura, di trasporto con i buoi.

Ma ci sono anche la storia di un cavaliere e di una dama e animali e creature mostruose per finire con foglie lisce o nervate, un piccolo gioiello!

Il ritorno è andato bene; tornerò a visitare il cimitero, ma in treno.

Genova, 24 giugno 2023 solennità della nascita di Giovanni Battista

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