uscita con le colleghe

Ho accettato, con grande piacere, l’invito che un gruppo di simpatiche cocorite mi ha rivolto per festeggiare il compleanno di una fantastica assistente sociale di Sorbolo.

Se non ricordo male è la prima volta che mi succede di partecipare a un evento “mondano” sorbolota, proprio nel periodo in cui sto seriamente pensando di tornarmene in quel di Modena (mi trattiene, come sempre, la stessa causa che mi ha spinto al suicidio professionale di questo comando, ovvero la salute di mia mamma).

Luci e ombre, come sempre, con le prime preponderanti sulle seconde.

Devo premettere che le assistenti sociali di Sorbolo ed in egual misura quelle di Colorno (che sono meno goderecce) sono tutte ragazze splendide, sia per la professionalità, eccellente, che per le qualità umane: mai ho avuto una parola men che cortese, mai un rifiuto a richiesta di collaborazione.

Con queste premesse potevo declinare un invito che mi onora?

Così mi sono trovato ad un aperitivo in compagnia di sole donne, tutte giovani e carine (quelle meno giovani comunque carine), il che potrebbe suscitare l’invidia dei miei amatissimi colleghi modenesi (che immagino già sbavanti all’idea) e rovinarmi l’immagine, che ho faticosamente costruito negli anni, di intemerata misoginia.

Sono stato davvero bene, in ottima e allegra compagnia come non mi aspettavo.

Due soltanto le note negative: la spesa, decisamente superiore alle mie possibilità (25 euro per un aperitivo è un esborso ai limiti della follia) e il clima un po’ troppo frivolo, per i miei gusti.

In effetti il mio modo di intendere il divertimento non è la sospensione del pensiero ma la sua riabilitazione, senza preclusioni; per questo ho apprezzato il buon clima e, spero, sia possibile che accada nuovamente portando in dote anche discorsi di diverso genere.

Nel frattempo sto pensando molto se privilegiare il benessere di mia mamma o il mio e quindi se tornarmene in quel di Modena o restare nel deserto.

Curiosa questa idea del deserto che, ovviamente, è legata all’esperienza del popolo di Israele: 40 anni hanno trascorso nel deserto, tentando il Signore, sia per il cibo e l’acqua, sia per il rapporto stesso con Lui (vedasi vitello d’oro).

Quarant’anni senza riuscire ad elaborare una soluzione al deserto poiché non sono entrati nella terra promessa coloro che hanno intrapreso il viaggio ma soltanto la generazione successiva.

In questo periodo di grande stanchezza domando quale sia il mio deserto e quale la terra promessa verso la quale emigrare, una terra promessa che non è qualcosa che si incontra per fortuna o per caso o per grazia divina, ma è il frutto di un lavoro, il frutto di una civiltà che spetta a me porre.

Mi è venuto in mente il salmo 126:

“[5] Chi semina nelle lacrime

mieterà con giubilo.

[6] Nell’andare, se ne va e piange,

portando la semente da gettare,

ma nel tornare, viene con giubilo,

portando i suoi covoni.”

Il pensiero, melanconico, della perdita della semente, quando non si tratta di perdita ma di lavoro sulla terra che, salvo imprevedibili, bizzarrie climatiche produrrà lo sperato frutto.

Si tratta del duro e onesto lavoro del sudore della fronte, che non è tipicamente umano: anche gli animali lavorano, pure loro con alterne fortune dovute al tempo e agli imprevisti.

 Mi sembra migliore la prima parte del salmo:

“Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion,

ci sembrava di sognare.

[2] Allora la nostra bocca si aprì al sorriso,

la nostra lingua si sciolse in canti di gioia.

Allora si diceva tra i popoli:

“Il Signore ha fatto grandi cose per loro”.

[3] Grandi cose ha fatto il Signore per noi,

ci ha colmati di gioia.

[4] Riconduci, Signore, i nostri prigionieri,

come i torrenti del Negheb.”

Un buon rapporto con Israele che riceve dal Signore…

Sento ogni giorno parlare di dare, dare e ancora dare o fare che non è diverso, mentre il ricevere è in ombra ma è proprio il ricevere che apre un’interessante questione.

Ieri sera ho ricevuto e di questo sono grato.

Quanto alle foto che ho scattato ho preferito non pubblicare per non ferire i sensibili animi delle ragazze, del che mi aspetto io pure gratitudine e in abbondanza.

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