Basilica di san Francesco a Ferrara

Nel mio girovagare per Ferrara è inevitabile ritornare in luoghi già visitati, sia per via del mio riconosciuto universalmente senso dell’orientamento, sia per colpa dei campanili che attirano la mia attenzione come il polline le api.

Sono tornato, quindi, nella basilica di san Francesco, visitata già qualche tempo addietro.

Cosa ha di particolare questa basilica? Innanzitutto è stata sede dei lavori preparatori del XVII concilio ecumenico, quella di Basilea, Ferrara e Firenze che è ricordato, almeno nel periodo ferrarese, per il tentativo di riconciliazione con gli ortodossi.

La cosa notevole della chiesa, a parte una cappella in restauro no visibile, è il mausoleo del marchese Ghiron Francesco Villa, un raro esempio di barocco, non facilmente rinvenibile a Ferrara.

Il marchese è stato uno dei più famosi generali del suo tempo, ovviamente sconosciuto alla mia grassa ignoranza; capitano di ventura, si distinse in particolare nella difesa di Candia contro gli ottomani, attorno al 1666.

Avendo ben servito i Savoia, quando morì venne sepolto in Torino con tutti gli onori del caso, ma la vedova volle che le ceneri fossero portate a Ferrara ove fece edificare il mausoleo che ha attirato la mia attenzione.

La chiesa ha legami con la famiglia di Ludovico Ariosto (che ha studiato nei locali attigui) – altri suoi famigliari ho scoperto che sono sepolti nella cripta della basilica metropolitana di san Pietro, in Bologna (la cattedrale di Bologna per intenderci) – ma questa è una storia che narrerò più avanti – ed ha visto varie sepolture della casa d’Este; due di queste, in particolare, sono quelle di Ugo, figlio del marchese Niccolò III e di Parisina Malatesta. Ugo d’Este e Parisina Malatesta sono diventati assai famosi, temo loro malgrado.

Quest’ultima fu la sventurata seconda moglie del marchese Niccolò III, 20 anni più giovane di lui: la giovane sposa gli fece le corna col di lui figlio (praticamente coetaneo), il giovane Ugo per l’appunto, ma la tresca venne scoperta grazie (si fa per dire) alla spiata di una cameriera che era stata “battuta” dalla padrona; rinchiusi nelle carceri del Castello, i due amanti vennero decapitati, 19 anni lei, 20 lui, pena decisamente spropositata per un paio di corna in famiglia.

Ferrara, basilica di san Francesco

Vero è che la famiglia della povera Parisina aveva già conosciuto qualche incidente di percorso: Malatesta è il cognome anche di tal Paolo reso immortale da Dante Alighieri proprio per via di una sventurata storia sentimentale con una certa Francesca.

Altra vicenda sciagurata, non legata a storie d’amore ma, molto più banalmente, a questioni di potere, ha visto la veramente sfortunata giovinetta: da poppante la Nostra eroina è rimasta orfana di madre, avvelenata dal nonno (quindi dal padre della madre), Francesco III Ordelaffi, in un bello scontro per il potere; anche questo nonno snaturato ha fatto la sua bella fine, ammazzato dai forlivesi che si ribellarono alla sua signoria.

La piccola nipote, nata a Cesena, crebbe in quel di Rimini, amorevolmente accudita dagli zii, Malatesta.

Una Romagna decisamente sanguigna in amore e turbolenta in politica.

Morale della triste storia: mai farsi nemica la servitù se devi organizzare tresche amorose in casa.

Niccolò, in ogni caso, narrano le cronache, aveva un concetto di fedeltà coniugale a senso unico, come ai tempi era consueto: pare avesse un appetito sessuale smodato, tanto che di lui si diceva “di qua e di là dal Po son tutti figli di Niccolò“; dopo i tragici fatti di Ugo e Parisina stabilì identica condanna, decapitazione, per le donne ferraresi che avessero commesso adulterio.

Evidentemente non vi faceva rientrare le sue “conquiste”.

Ho molto divagato dalla chiesa di san Francesco, me ne perdonerete e andrete, me lo auguro, a visitarla.

Ferrara, 26 gennaio 2023, memoria dei santi Timoteo e Tito

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