Mario Calabresi, la crisi e le stelle

Ho appena terminato di leggere l’ultimo libro di Mario Calabresi “Cosa tiene accese le stelle”.

Appena visto in libreria, alcuni giorni fa, l’ho comprato senza pensarci un attimo; non conosco l’autore, non l’ho mai incontrato, tuttavia mi piace quello che scrive, anche se, stavolta, ho una qualche riserva che non mi so nemmeno spiegare.

Mi piace molto l’atteggiamento, che mi sembra sempre molto pacato, equilibrato, onesto; poi apprezzo la capacità di valorizzare, di guardare agli aspetti positivi.

Rispetto alla crisi, e al pensiero in crisi, mi sembra che Calabresi, si dedichi ad altro e questo è un tratto assolutamente positivo: la contemplazione della crisi mi ricorda molto l’occhio di Sauron nel film “Il signore degli anelli”: una volta fissatolo, come fa Saruman (con l’illusione di potersene servire), non è più possibile distaccarsene.

La crisi è il gorgo di Maelström, che non lascia scampo.

Calabresi guarda altrove e racconta casi virtuosi di uomini e donne che ce l’hanno fatta, ma a fare cosa?

Hanno avuto successo ed hanno realizzato i loro sogni; lui stesso ha saputo realizzare il suo sogno, quello di diventare giornalista; non si è arreso a quelle che sembravano condizioni “oggettive”, di realtà, apparentemente invincibili o insuperabili.

In questi giorni sto ripensando alla mia costituzione, alla legge di moto che mi guida e di cui sono il legislatore ed ho trovato un aiuto nelle pagine di Calabresi anche se, dopo la lettura, mi è venuto un qualche sconforto, pensando alle occasioni mancate, al disagio che vivo, al sapere che ormai sono sulla via del tramonto.

Il libro termina con un’affermazione che mi lascia perplesso, la cito: “per me le stelle si sono accese per guidare il cammino degli uomini, la loro fantasia, i loro sogni, per insegnarci a non tenere la testa bassa, nemmeno quando è buio”.

Non mi piace la metafora delle stelle, non c’è nessun alto da contemplare, un alto che ci dia la forza di guardare avanti.

Calabresi continua a piacermi perchè guarda alla facoltà dell’uomo di poter lavorare per costruire, cosa e come costruire è lo spazio dell’uomo stesso.

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