L’alcol e l’astrazione

Da pochi giorni è entrata in vigore l’ennesima riforma del codice della strada; in parlamento il relatore, credo, si vantava della velocità di approvazione di queste norme, prima dell’esodo estivo, per garantire la sicurezza.

Alcune considerazioni veloci: la prima è relativa alla possibilità di conoscere le nuove regole sia da parte dei cittadini, in procinto di partire per le ferie, sia per gli operatori delle forze di polizia che devono farle rispettare.

Pensiamo a tutti quei piccoli comuni dove le polizie locali sono già in partenza a ranghi ridotti e, visto il periodo di ferie, a ranghi ancor più scarni: chi avrà tempo e modo di approfondire e studiare le nuove regole?

Nella fretta poi si sono sbagliati nel concedere il permesso di somministrare alcol: due notti, ogni anno, hanno il beneficio dell’esenzione dal divieto, capodanno e la notte tra il 15 e 16 agosto; evidentemente, come dice pure la circolare ministeriale, si voleva intendere ferragosto, cioè la notte tra il 14 e il 15 ma la fretta gioca brutti scherzi …

L’astrazione più fantastica, però, è quella relativa alle mitiche tabelle alcolimetriche che dovranno essere esposte in tutti i pubblici esercizi che vorranno tenere aperto oltre la mezzanotte – obbligo già vigente per le discoteche.

Tecnicamente non ne sono capace ma mi piacerebbe lanciare un sondaggio per sapere quanti frequentatori dei locali che già espongono queste tabelle le hanno mai lette, comprese e, soprattutto, si sono decisi a ridurre l’assunzione di alcolici, sapendo di dover poi guidare un veicolo, dopo così interessante lettura.

Sarà un’impressione mia ma questa mi sembra un’astrazione, una teoria kantiana.

L’alcol è un motore dell’economia, droga a basso costo, utilissima per lo sballo cioè per permettere il tanto ricercato divertimento del week end.

Si lavora tutta la settimana, ma nel week end, agognato week end, il lavoro cessa e si sballa, sono ammesse alcune variabili ma il “meccanismo” è il medesimo: si entra più facilmente nel gruppo (massa) o nella tribù,  dove predominano i codici di comportamento e di riconoscimento, dove la trasgressione è forzata e banalmente pietosa; si “sospende” il pensiero dedicando ogni energia a nascondere un’angoscia insostenibile…

Un buon avvocato potrebbe invocare, in tribunale, la causa di giustificazione conosciuta come stato di necessità, codificata nell’art. 54 del Codice Penale: “”Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo“.

L’angoscia non è forse la minaccia di un pericolo grave alla persona? Lo sballo potrebbe rappresentare un tentativo di soluzione a questa terribile minaccia, certamente resterebbe da discutere sui modi alternativi di evitare l’angoscia, Freud aveva pensato a qualcosa in proposito ed anche sulla volontarietà dell’averla causata.

Di fronte all’angoscia dilagante potranno qualcosa le tabelle ministeriali?

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