Joaquin Sorolla pittore di luce

Joaquin Sorolla y Bastida è un pittore spagnolo che conoscevo ed apprezzavo da tempo: ne avevo visto alcune opere in occasione di una delle visite nell’amata Spagna, a Barcellona (ricordo che in quell’occasione venni intervistato da un giovane e cortese addetto a non ricordo bene cosa.
Ne ho, successivamente, apprezzato le opere esposte al museo del Prado, uno dei tanti scrigni di capolavori che la martoriata e decadente Europa custodisce.
Le definizioni sono sempre limitazioni quindi definire Sorolla un impressionista è probabilmente limitativo (non per la mia abissale ignoranza) ma altrettanto azzeccata: l’attenzione alla luce, alla sua mutevolezza è spasmodica; Sorolla sembra dover agire con estrema urgenza per cogliere tutti gli effetti che i raggi del sole producono sulle forme, quasi fosse un fotografo (i suoi inizi furono proprio nello studio di un fotografo, il futuro suocero).
La luce è la materia prima, che si declina sui corpi dei bambini nudi o con abiti bagnati, sdraiati nell’acqua, sulla riva del mare oppure sugli abiti bianchi di uomini e donne dell’alta società, della Belle Époque spagnola.
Le vele rattoppate grazie ad un allegro lavoro di gruppo sono un altro cimento per il pittore che ambiva al successo e voleva farsi notare sicuramente anche per il suo virtuosismo.

Tanto ambiva al successo che si dedicò anche a ritrarre soggetti o meglio rappresentare temi che andavano di moda ai tempi; in quest’ottica di realismo mi sono piaciute molto due opere, “La tratta delle bianche” in cui vengono ritratte 4 giovani ragazze, prostitute, accompagnate da un’anziana “badante”, durante un trasferimento in treno, in un vagone di ultima classe.

Sembra una rappresentazione da “I Malavoglia”, con i beni delle 4 povere sventurate accatastati su un lato, unico accompagnamento e sostegno del loro triste destino: non c’è alcuna luce di speranza, solo stanchezza e rassegnazione.

Di analogo tenore, la tela dedicata a bambini sfortunati, vittime di varie malattie invalidanti, il titolo, in spagnolo è “Triste herencia“, “Triste eredità” per via delle credenze dell’epoca (quanto ci ha speculato sopra l’eugenetica …) che attribuiva le malformazioni o malattie dei figli alle colpe dei genitori (malformazioni derivanti dai vizi imperanti in quel momento: alcolismo, sifilide), secondo un modo di pensare antico come il mondo, basta andarsi a rileggere, tra i tanti passi, alcuni brani evangelici in proposito (ad esempio il cieco nato di Giovanni, capitolo 9).

Proprio questa è l’ultima opera del periodo del realismo sociale, dopo di che Sorolla si dedicherà a personaggi vincenti o a rappresentazioni in cui la fa da padrone la luce, senza altra preoccupazione che la resa pittorica delle situazioni.

Molto gustose, piacevoli, le tele di Sorolla: bambini nudi o seminudi, i cui corpi morbidamente abbandonati sulla sabbia sono cullati dalle onde del mare, in giochi di luci che mettono in evidenza il virtuosismo del maestro; in eguale maniera, i ricchi borghesi che frequentano le spiagge importanti come Biarritz o quelle meridionali del Mediterraneo, con gli abiti bianchi, vistosi cappelli, e ombrelloni, si prestano a rappresentazioni “impressionistiche”.

Sotto la tenda, sulla spiaggia di Zarautz oppure Pomeriggio sulla spiaggia a Valencia ne è uno degli esempi esposti in mostra ma sono tante le opere di questo genere, Sorolla è stato pittore più che prolifico, tutte ugualmente piacevoli.

Ma è la luce la regina incontrastata di ogni rappresentazione e questo “chiodo fisso” viene declinato nei paesaggi o nei monumenti, le splendide tele dedicate all’Alcázar di Siviglia ad esempio, o il panorama di Toledo; non meno belli i ritratti, ad esempio il Ritratto di Louis Comfort Tiffany, che mi hanno richiamato ad un paragone col nostro Giovanni Boldini.

Ed in effetti, iniziando la visita, sin da subito mi si è presentata l’associazione tra Joaquin Sorolla e Giovanni Boldini; nella loro diversità, pur notevole, si trovano dei tratti comuni, l’epoca (sono nati a 20 circa di differenza) ed il gusto erano i medesimi, entrambi sono stati i cantori di un momento storico particolarissimo, quasi l’istante prima del baratro (la Grande Guerra), con occhio acuto e pennello veloce, fotografi con la tela.

Di ciascuno ho la medesima impressione: brillanti ritrattisti di “belle situazioni”, di momenti piacevoli, come una coppa di champagne, che si gusta con estremo piacere, lascia un gradevole ricordo, invita a ripetere l’esperienza.

Milano, 22 maggio 2022 VI domenica del Tempo di Pasqua e memoria di santa Rita da Cascia

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