Tadzio non esiste

Stamattina ho finito di leggere “Morte a Venezia”, peraltro, chissà perchè, ero convinto che fosse un romanzo lunghissimo, mentre è di sole 70 pagine circa.

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Scritto con grande maestria, non lo nego, ma resto convinto delle impressioni iniziali: non è un bel racconto se non come testimonianza di patologia.

Due passi mi permetto di citare dall’edizione Economica Universale di Feltrinelli; mi sembrano due splendide definizioni di come non sia possibile, per Mann, il rapporto con un partner, a prescindere dal sesso di questo, non è in gioco la scelta sessuale, ma proprio l’idea di poter incontrare un altro.

“L’uomo ama e onora l’uomo finchè non può giudicarlo, e il desiderio è il prodotto di una conoscenza imperfetta”: questa frase mi ricorda un notissimo slogan riferito a una certa malattia ma che funziona benissimo, e così è utilizzato, come giudizio di gradimento: “se lo conosci, lo eviti…”

Sì, la sintesi del pensiero di Mann potrebbe proprio essere questa: se lo conosci lo eviti, se lo conosci non ti uccide.

Quando parla poi di innamoramento, Mann conosce bene l’animo umano, a dimostrazione che la conoscenza di sè non è sufficiente per un pensiero di correzione-guarigione, lo definisce il “demone che gode di calpestare sotto i piedi la ragione e la dignità dell’uomo”.

Tadzio non esiste, tutto il racconto è un delirio del protagonista, senza che esista realmente una persona con cui entrare in rapporto; se solo uno dei due avesse preso la banale iniziativa (non tanto banale, in realtà) di offrire un caffè o un semplice invito e tutto sarebbe miseramente crollato.

Se penso che Mann ha avuto il successo che ha avuto…

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