88 – IN BELLA MOSTRA

Cercando di sconfiggere quel senso di tristezza che, spesso, in queste condizioni lavorative lavorative, mi opprime, ed assieme a quello il caldo che contraddistingue l’estate padana, ho deciso di uscirmene di casa ed andare a visitare una mostra che ho trovato pubblicizzata per tutta la città.

Domenica pomeriggio, 19 agosto, caldo torrido, pochissima gente in giro ed ancor meno nei locali ex sede della banda d’Italia: ero l’unico visitatore dell’esposizione intitolata “88 in bella mostra” e di una seconda, al primo piano, “Ritratti familiari nelle Collezioni Amedeo Bocchi e Renato Vernizzi”.

La prima è dedicata al patrimonio artistico di numerose, 88 appunto, fondazioni bancarie, la seconda, invece, vede protagoniste le opere di due artisti parmigiani, in possesso della fondazione Monteparma. 

Normalmente l’essere stato l’unico visitatore mi lusinga e intristisce perché vuol dire che pochi apprezzano quel che viene proposto e, se si considera che queste iniziative hanno un costo, il rischio è che non si ripaghino delle spese e non ripetano iniziative così lodevoli.

Inutile dire che preferisco Parma come città della cultura piuttosto che della gastronomia, senza disprezzo di quest’ultima come il mio adipe dimostra.

Torniamo alla mostra: il filo conduttore mi è parso essere assai labile o meglio assente: ciò che unisce le opere è il possessore, le fondazioni bancarie.

Mostra che sembra propagandistica, per mostrare quanto le fondazioni bancarie sono attente alla cultura ed al territorio, poi oggi van di moda le emozioni ed una “coperta” emozionale è sempre a disposizione.

Non intendo con questo criticare le scelte delle fondazioni che, anzi, mostrano come il denaro serve anche per fare cultura (perlomeno per conservarla) nel territorio.

Senza mitizzarle o entrare in un merito di cui non sono competente, pare che le fondazioni bancarie possano avere una qualche benemerenza nello sviluppare e conservare l’identità dei territori dove sono nate le banche di quel genere: il pericolo di caduta in quello che io chiamo pollaio non è escluso, come vari scandali hanno recentemente mostrato, ma non so quanto sia utile demonizzarle.

Le opere in esposizione, a parte quelle di alcuni autori a me noti, e conosciuti dal grande pubblico (al quale appartengo), sono di artisti assolutamente sconosciuti alla mia sterminata ignoranza.

Sono opere interessanti, che richiamano autori più famosi ma è normale che sia così; non tutte comprensibili anzi la maggioranza sono misteriosamente aliene alle mia capacità di comprensione.

Ho apprezzato molto un vaso di fiori di Giorgio Morandi, una volta tanto in deroga al mondo di bottiglie che tanto mi deprime (come se ne avessi bisogno), ed alcuni disegni di Fortunato Depero, davvero deliziosi.

Parlando di Depero mi tornano in mente la mostra che ho visitato alla Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo ed il mosaico che vidi a Roma, all’Eur, in ottobre dello scorso anno, abbellito dal divano rosso sfondato che ai suoi piedi testimoniava la fuggevolezza del tempo, chissà se è ancora lì ed è assurto a dignità di installazione artistica.

Alcune opere ho particolarmente apprezzato: il ritratto di Ranuccio I Farnese, opera di Agostino Carracci e “Une elegance” di Vittorio Corcos.

Il primo dipinto, è ovviamente classico, ritrae il quarto Duca di Parma e quinto Duca di Castro, un uomo del suo tempo: spietato e crudele (aggiungo crudele perché anch’io sono stato definito spietato e non vorrei equivoci e confusioni con l’illustre compaesano) ma anche amante di musica e teatro e lungimirante governante.

A suo merito vanno la Cittadella, la Pilotta ed il Teatro Farnese, oltre alle due statue equestri opera di Francesco Mochi, che troneggiano in Piazza Cavalli a Piacenza, opere per le quali dovrebbe godere eterna memoria. 

Fu anche intelligente legislatore, le sue Costituzioni sopravvissero fino alla riforma napoleonica: a lui si deve il divieto del lavoro festivo, la realizzazione di bonifiche ed argini, il divieto di coltivazione del riso perché causa di malaria (le risaie) ed una innovativa gestione dei rifiuti urbani.

Pare anche che costringesse i vagabondi a una qualche sorta di lavoro obbligatorio.

Superstizioso, il che significa religioso, valorizzava tuttavia anche la cultura, tanto da rifondare l’Università e creare il Collegio dei Nobili, che attirarono nella città ducale nobili rampolli dall’intera Europa.

Manco a dirlo le due istituzioni furono affidate alla cura dei gesuiti.

Il duca è famoso anche per la congiura dei nobili, un episodio dai contorni oscuri che ha portato a morte un congruo numero di nobili dei dintorni e permesso a Ranuccio I Farnese di incamerare i feudi di Colorno e Sala Baganza, con pinacoteche, la reggia di Colorno e quant’altro di buono era appetibile.

Preoccupato della successione, prima legittimò un figlio “bastardo” quindi, nato un erede legittimo, lo diseredò e lo chiuse in carcere fino alla morte.

Un personaggio con luci e ombre come sempre accade per chi si trova a governare: «Molto più temuto che amato» (Bentivoglio, 1934, p. 18), è morto il 5 marzo 1622.

Chiudo con dipinto di Vittorio Corcos, un raffinato ritrattista vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento, il cui titolo è significativo: “Une elegance”; la modella è splendida, con un cappellino elegantissimo, da far impallidire la regina Elisabetta II.

La bellezza è, prima di tutto, cura di sé.

Tante altre opere meritano la visita: invito tutti a farci un salto.

Della seconda esposizione tratterò a parte; sono molto in ritardo ma purtroppo il mio pc sta dando i numeri e creandomi notevoli problemi per cui mi trovo in difficoltà.

Parma, 31 agosto 2018 memoria di San Raimondo Nonnato, religioso e dei Beati Edmigio Primo Rodriguez, Amalio Zariquiegui Mendoza e Valerio Bernardo Herrero Martínez, Martiri

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