Epurazione e zizzania

Approfittando di una nota del dottor Giacomo Contri sull’episodio del diluvio universale, mi è venuto da porre un collegamento tra il predetto diluvio e la parabola del grano e della zizzania.

Nel primo caso succede che Dio è talmente esasperato dagli uomini che decide di salvarne uno sparuto manipolo e sterminare tutti gli altri, una sorta di epurazione.

Sappiamo com’è andata la vicenda: finito il diluvio le cose hanno ripreso come e forse anche peggio di prima, il che dimostra che epurare non serve a nulla.

Il che, storicamente, ha avuto le sue buone controprove tant’è che potremmo validare questa teoria anche coi criteri della cosiddetta scienza naturale: le ideologie del secolo appena trascorso ne sono flagrante, tragica evidenza.

Meno tragicamente e con accenti farseschi le scissioni della sinistra italiana fino a quelle di questi giorni all’interno del partito democratico (dove i giovani hanno epurato gli anziani e ne sono stati poi affossati in attesa del prossimo bagno di sangue) e le lotte intestine tra i grilletti pentastellati ne rappresentano l’ultima versione, giusto in attesa della prossima che verrà (non che a destra si stia meglio, a scanso di equivoci).

Perché c’è sempre uno più puro e più epuratore dell’ultimo puro epuratore che tenterà di epurare il precedente epuratore in attesa di essere a sua volta epurato.

Dopo questa indigestione di epurazioni procediamo con la parabola del grano e del loglio o zizzania: essa ha valore sia esterno (vedi il discorso delle epurazioni degli impuri o dei nemici) sia, io credo, interno.

Ecco il testo della parabola della zizzania, dal capitolo 13 del vangelo di san Matteo:

“Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo.

[25] Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò.

[26] Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania.

[27] Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania?

[28] Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?

[29] No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.

[30] Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio”.

Il peccato, la psicopatologia cresce assieme al buon grano (anche se non è originaria, ma frutto di un inquinamento dall’esterno); una volta che la pianta infestante abbia attecchito non vale la pena tentare di estirparla perché questo comprometterebbe anche il cereale.

La patologia rimarrà nel campo fino al raccolto, quando sarà scartata; la sua eliminazione avverrà grazie al setaccio (criterio di giudizio) ed in virtù del fatto che il buon cereale le avrà sottratto la linfa vitale non in opposizione (cioè nel tentativo di estirparla o sopravanzarla) ma per svuotamento di linfa vitale.

Non vale la pena lottare contro i nemici esterni (come detto prima, la politica ce lo insegna) né è di alcuna utilità combattere contro le proprie patologie.

Foro interno ed esterno si equivalgono (non esiste una interiorità indicibile) come il buon Shakespeare ha ben testimoniato in ogni sua opera.

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