Santa Barbara e il potere

Ormai è trascorso un anno dall’ultima (e prima) volta che sono andato in poligono: l’emozione mi ha reso difficoltosa la ripresa; poi, fortunatamente, è migliorata e di molto.

Quando ripenso al passato mi accorgo dei cambiamenti, non di poco conto intervenuti in questi anni: quello del rapporto con le armi è uno di questi.

 

Debbo ringraziare gli istruttori che sono stati pazienti e comprensivi: un sentito ringraziameto al mio Commissario preferito, di cui dirò tra poco, a Fabrizio, Matteo e pure a quel beep di Nicola che pagherà quanto prima i dispetti che mi ha fatto, infilandomi sotto la camicia una manciata di bossoli freddi e sporchi.

Vengo, dunque, al Commissario Superpiù che mi onora spesso e volentieri, invitandomi od accettando i miei autoinviti, a pranzo; con lui mi trovo bene, professionalmente parlando è una miniera da cui trarre insegnamenti, è persona corretta e leale e mi auguro di poter collaborare a più stretto contatto.

Debbo alla sua cortesia, pazienza ed attenzione l’aiuto per affrontare i tanti momenti difficili che ho vissuto e che affronto ancora quotidianamente.

Mi trovo a mio agio nell’affrontare con lui qualunque argomento, il che non è poco, in periodi di magra come questi.

Faccio anche un’annotazione curiosa: sono ormai l’unico, tra i colleghi che ancora si rivolge al commissario con la terza persona singolare (sono passati tutti al tu); considero questo un piccolo privilegio (anche se immagino che non sia questo il senso che altri danno alla cosa) che mi preserva dal considerarlo un collega (al cameratismo non credo ed anzi ne vedo ogni giorno i limiti e non parlo del cameratismo da caserma – quello almeno è dichiarato ed è un utile instrumentum regni negli ambienti militari o assimilati): lo tratto da amico (non presupposto, come nel cameratismo – per inciso ricordo un recente “siamo amici, abbiamo fatto lo stesso concorso… giusto un momento prima di … beh lasciamo perdere) che null’altro significa che, nel tempo, con azioni ripetute, seppur diverse (pluralità di azioni direbbe il diritto penale), mi tratta bene.

Un trattamento che mi riserva anche una collega d’ufficio con cui condivido, ultimamente, scorpacciate di cioccolato, anche a lei il mio grazie.

Una cosa tristemente buffa di questi giorni di variazioni di personale è che gira voce che io avrei chiesto ed ottenuto spostamenti vari, essendo molto vicino al potere, ed anzi, essendo proprio legato al potere stesso da oscuri maneggi: seppure tristemente pietosa trovo la cosa buffa perchè del potere ho già detto e scritto in svariate occasioni e penso di avere chiarito la mia posizione: non vi è potere che nella frase “io posso”, il resto è melanconico esercizio di un’illusione che rischia continuamente di sgretolarsi tra le dita od arrogante formazione reattiva dell’impotenza. Il Potere logora chi ce l’ha, il potere è, invece, fonte di ricchezza, l’Uno è avara lotta per la conservazione e l’esclusione (fonte ed oggetto di invidia e di narcisismo, con esito in fondo perverso), l’altro è principio di pace e prosperità.

Non ambisco al Potere ma lavoro (di pensiero) per arrivare a potere.

Nell’occasione della memoria di Santa Barbara, poi, ricordo con affetto, una meravigliosa collega di tanti anni orsono (una decina ormai) che negli anni di esilio cesenate rischiarava le mie giornate; con un sms, come d’abitudine (è una delle poche cose che non ho mai dimenticato) le ho mandato gli auguri di buon onomastico, che qui rinnovo.

Mi dispiace non riuscire ad investire anche fuori dal lavoro su queste persone e su altre con le quali mi piacerebbe intrattenere maggiori rapporti.

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