La zattera della Medusa

Chi non ha visto, almeno una volta, La zattera della Medusa?

Uno splendido dipinto opera di Théodore Géricault, esposto nel Museo del Louvre dove prima o poi spero di poter andare.

Questa opera trae spunto da un tragico evento: correva l’anno 1816, nel mese di giugno, la fregata francese parte da Roquefort diretta in Senegal, assieme ad altre imbarcazioni.

Scopo della missione era verificare che gli inglesi avessero abbandonato il Senegal, a seguito del trattato di Parigi del 1814.

Al comando della Medusa c’era tal  Hugues Duroy de Chaumareys, un capitano con scarsa esperienza di navigazione che non sono riuscito a scoprire perché sia stato nominato a quel delicato incarico anche se una qualche ipotesi tratta dalle esperienze di oggi potrei avanzarla.

Fatto è che che la Medusa, per ammortizzare i costi ed accelerare  tempi, si allontana dalle altre navi e, il 2 di luglio, si incaglia, proprio a causa dell’incompetenza del Comandante, in un banco di sabbia lontano da ogni possibilità di sbarcare indenni equipaggio e passeggeri.

A seguito di tale evento 147 persone vennero “imbarcate” su una zattera e, di fatto, abbandonate al loro destino; dopo 9 giorni vi furono episodi di cannibalismo ed i morti furono numerosi fino a che, dopo 13 giorni, vennero salvati da un’altra nave.

Géricault rappresenta il momento in cui i superstiti intravedono, ancora quasi un punto all’orizzonte, la nave che porterà loro l’agognata salvezza.

Perché parlare di questo tragico episodio? Non c’è un motivo particolare, l’ispirazione, anzi la suggestione mi è venuta parlando con alcuni colleghi, sentiti telefonicamente, non del Comune dove lavoro io.

Spesso fungo da confessore, sarà forse per via della mia malcelata ambizione a diventare cardinale honoris causa (speranza non infondata visto come sono diventati deputati e senatori a tacer di ministri certi appartenenti a partiti politici che dovevano aprire il parlamento come una scatoletta di tonno).

Mi sono ritrovato come spesso mi accade, a non essere in grado di offrire soluzioni: la mia critica è mordace ma del tutto inutile.

Così la descrizione del naufragio della Medusa, con un comandante incompetente ed un clima di violenza e disperazione, nulla apporta di nuovo e di buono a quel che mi veniva rappresentato.

Se fossi quel che non sono, uno scrittore, con le confidenze che ricevo potrei scrivere una versione aggiornata di “Aspettando Godot”.

Non c’è Godot da attendere, come ben ci insegna la storia della vecchietta di Siracusa ed il tiranno Dionigi:

“Syracusis anicula deos cotidie obsecrabat ut Dionysius, crudelissimus urbis tyrannus, incolumis semper esset diuque viveret. Cum Dionysius rem cognovisset, aniculam arcessivit precumque causam quaesivit. Mulier admodum libere respondit. «Olim Syracusis iniquus tyrannus imperabat; cum ille e vita excessisset, ferocior tyrannus Syracusarum arcem occupavit, et ideo vehementer cupiebam ut etiam eius dominatus quam brevissimus esset; sed postea habuimus te, omnium tyrannor  crudelissimum. Ita deos pro tua salute obsecro, ne post mortem tuam tyrannus etiam peior nobis contingat». Tam facetam  libertatem Dionysius non punivit atque aniculam dimisit.”

Ecco la traduzione: “A Siracusa una vecchietta ogni giorno supplicava gli dei che Dionigi, crudelissimo tiranno della città, fosse sempre incolume e vivesse a lungo. Dionigi, avendo appreso il fatto, convocò la vecchietta, e domandò il motivo delle preghiere. La donna molto francamente rispose: «Una volta a Siracusa comandava un ingiusto tiranno; quando quello morì, un tiranno più feroce occupò la rocca di Siracusa, e perciò desideravo ardentemente che anche la sua tirannia fosse quanto più
breve possibile; ma poi abbiamo avuto te, il più crudele di tutti i tiranni.  Perciò prego vivamente gli dei per la tua salvezza, che non ci tocchi dopo la tua morte un tiranno perfino peggiore di te. Dionigi non punì una franchezza così spiritosa e lasciò andare la vecchietta.”

Quindi nessun attesa messianica ma un lavoro costituzionale da fare: solo il lavoro legislativo potrà essere di aiuto, ma a tale lavoro, normalmente l’uomo si sottrae, dando la preferenza all’organizzazione, alla burocrazia ed all’esercizio di un presunto potere che altro non è che manifestazione di impotenza; ma anche fissarsi a criticare tale pensiero ha come risultato la sterilità.

Parma, 25 febbraio 2021 memoria di San Turibio Romo Gonzalez Sacerdote e martire

 

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