Epifania al Mambo

DavidPomeriggio al Mambo: mi ero ripromesso di non restare in casa, oggi, così dopo la Messa in una parrocchia dei dintorni (Messa che proprio mi è piaciuta poco), ho deciso di fare un salto a Bologna, destinazione Mambo.

Onta e vergogna, mi sono pure perso per strada e ci sono arrivato dopo varie peripezie: la zona della stazione è veramente brutta, con negozietti gestiti tutti da extracomunitari e frequentati da certi ceffi…

Beh infine sono giunto alla meta: biglietto scontato in quanto socio coop e via: al piano terra una esposizione temporanea dedicata a Mario Ceroli che io, ovviamente ignoravo chi fosse.

Opere in legno e non solo, di dimensioni assai diverse, alcune decisamente gradevoli, altre mi hanno lasciato indifferente; l’idea dominante mi è parsa quella della massa, dell’uomo privo di identità, ridotto a sagoma indistinta, spersonalizzato, ingabbiato, imprigionato e corroso anche nel profilo della figura. Ho apprezzato le opere coloratissime, fatte con terre, appunto, colorate e le trottole giganti, così come alcune rappresentazioni su tavola di legno che richiamavano alla memoria opere famose del passato: nel complesso direi gradevole.

Al piano superiore il museo, l’esposizione permanente: varie opere più o meno interessanti, mancava, in prestito a Roma, la famosissima opera di Guttuso dedicata ai funerali di Togliatti; proiezione di alcune performances, com’era costume negli anni 70 e 80; infine il museo Morandi.

La mia ignoranza in materia è abissale e risaputa tuttavia mi permetto alcune considerazioni: nella cosiddetta arte contemporanea, ancor più che nel passato, c’è tantissima paccottiglia ed ogni volta che ho occasione di vedere qualcosa ne resto sempre più convinto.

Il mercato dell’arte, fatto da non so chi, decide che un autore è un genio ed in maniera autoreferenziale lo porta agli onori della critica, a volte anche del pubblco e sicuramente di chi lo deve vendere e guadagnarci sopra, questa è l’impressione che ho, magari sbagliata ma non credo del tutto.

Le performances di Marina Abramović ed altri mi hanno fatto pena: l’esibizione dei corpi nudi sottoposti a varie forme di violenza o solo di esibizione “provocatoria” mi sono sembrati giusto reperti archeologici di un’epoca da non rimpiangere: masochismo, perversione, esibizionismo spacciati come forme d’arte e quindi nobilitati, resi degni di un discorso intellettuale che non nasconde altro che il nulla.

Nemmeno Morandi mi è piaciuto, salvo alcuni disegni: le nature morte sono di una gamma coloristica che a me proprio non piace, non riesco ad apprezzare i colori smorti, è un mio limite.

La fissazione all’oggetto che viene vieppù essenzializzato non mi sembra niente di particolarmente attraente.

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