E fu sera e fu mattina, quarto giorno: il ritorno.
Metropolitana all’alba quindi aereo, con posto, comodo, vicino al finestrino; mi chiedono di mettere la borsa in stiva e accondiscendo volentieri anche se questo comporterà un’attesa a Bergamo, ma sono così bendisposto che avrei accettato quasi qualsiasi cosa.
Tutto fila liscio; da Orio al Serio prendo il pullman per la stazione centrale di Milano: qui ho il benvenuto.
Intanto i mendicanti: tre o quattro nel giro di poco tempo poi il treno viene soppresso per guasto tecnico.
Vado in cerca di una macchinetta per obliterare il biglietto e scopro che le prime 4 consecutive che trovo sono tutte rotte: chiedo informazioni ad un addetto che mi dice testualmente “qui sono tutte rotte, dillo al capotreno che non funzionano, non c’è problema”; non mi fido e continuo la ricerca che darà il frutto sperato ma mentre mi incammino verso il treno penso ad un turista straniero che arriva alla stazione centrale di Milano, non in una stazioncina di campagna, sperduta tra le nebbie.
Dicevo treno soppresso quindi ci deviano su un treno che ci porta alla stazione Garibaldi dove trasbordiamo su un trenino da terzo mondo, con destinazione Piacenza: un caldo asfissiante, finestrini sigillatissimi, posto stretti senza braccioli.
Arriviamo a Piacenza dove all’ottavo binario c’è la coincidenza; scopro dialogando col controllore che loro non erano stati avvisati del nostro arrivo e che se è vero che c’era il semaforo rosso, avrebbe potuto essere un puro caso.
Non commento, spero solo di arrivare a Parma in fretta; quando arrivo scendo al piano interrato dove vado a prendere l’auto: qui due signore di colore mi chiedono dove si possono acquistare i biglietti del bus perchè l’emettitrice automatica è fuori uso.
Il contrasto con Berlino è talmente stridente che un forte senso di vergogna mi convince sempre più, se mai fosse necessario, che vivo in un paese incivile.
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