Cracovia, il ritorno

Sabato, ultimo giorno, è il 9 marzo: mattina dedicata alla visita delle chiese di Cracovia che ieri abbiamo solo intravisto, con l’aggiunta di quella, insignificante, dei cappuccini, poi la strada dei canonici, bellissima strada costeggiata dalle antiche abitazioni dei religiosi al servizio della chiesa principale della città (o almeno così credo).

Bellissima la chiesa dei domenicani e quella di Sant’Anna Metterza, col barocco che mi riconcilia con una città che non ho amato.

Tentiamo una seconda visita al Wawel, ma sempre senza effetto; tentiamo anche una visita alla fabbrica di Schindler ma col medesimo risultato negativo: con un macchinino elettrico ritorniamo in centro città per l’ultimo pranzo tradizionale, lo shopping per i regali e la partenza per Bologna.

Alcuni episodi che ci sono accaduti: una ragazza ci ha proposto i biglietti per uno strip tease bar: com’era prevedibile abbiamo rifiutato la gentile proposta (peraltro ho scoperto che esiste un locale – era a fianco di uno dei ristoranti tipici – che si chiama, sigh sigh, bunga bunga); un giovanotto italiano, al seguito del treno della memoria, ci ha apostrofato, in inglese, ma capendo subito che eravamo italiani stava desistendo, chiedendo dove si potesse comprare “da fumare”, che tristezza!

Cracovia non mi ha entusiasmato, nonostante l’ottima presenza di Cristian che ha fatto da guida sicura, evitandoci tutti i problemi di spostamento, la lingua ancora meno; i polacchi mi sono piaciuti poco: le donne sono sicuramente di bell’aspetto, con occhi azzurri bellissimi, ma con tratti un po’ retrò che non apprezzo più di tanto; gli uomini, invece, o assomigliano ai russi con testone rotonde e sguardi biechi, oppure hanno visi dolci e simpatici da ragazzini (e in questo caso suscitano la mia simpatia).

Veniamo ai bilanci: sicuramente positivo perchè le cose che ho visto, la cattedrale, la dama con l’ermellino, le chiese valgono sicuramente il viaggio, così come il campo di Auschwitz.

I miei colleghi mi riferiscono, ma lo sapevo già, che questo viaggio è molto chiacchierato, ha suscitato stupore e scalpore forse perché non si spiegano come sia possibile che io, che sembra dica sempre di no agli inviti, stavolta abbia accettato: l’ho fatto perchè mi interessavano la meta e i compagni di viaggio.

Della città ho detto, dei compagni di viaggio, devo dire che sono stati molto gentili a sopportare le mie manie fotografiche (saranno circa un migliaio, gli scatti, e mi sono trattenuto) e a non impedirmi nulla di quel che desideravo visitare; è vero, però, che se sono amici (cioè se il criterio per giudicare dell’esistenza) coloro che sono amici del pensiero, allora sono tornato senza amici (non vi è stata ostilità manifesta ma indifferenza e banalizzazione) ed anzi è aumentato il senso di isolamento e solitudine perchè ho sperimentato un senso di diversità che sembra incommensurabile (ad esempio mi è stato detto che sono troppo costruito, non spontaneo perchè rifletto prima di parlare).

 

Le critiche non erano rivolte al fatto che rifletti prima di parlare, ma al fatto che a seguito di ciò, non condividi i tuoi pensieri con i tuoi interlocutori, semplicemente perché inopportuni o superati da altri pensieri e quindi già fuori luogo. Non è il modo migliore di farsi conoscere pregi e difetti, qualità e limiti ed instaurare rapporti spontanei e sinceri. L’essere amici comporta avere rapporti nonostante le diversità (non bisogna essere uguali per essere amici) perché di solito ci si completa e magari si riesce a vedere le cose da un altro punto di vista.Guardare nella stessa direzione e vedere cose diverse.

Caro Cristian, grazie per il commento!
Tengo a precisare solo alcune cose velocemente, giusto per non annoiarti: io condivido sempre quel che penso con i miei interlocutori (non mi pare che ci sia un qualche argomento dal quale mi sottraggo), tuttavia lo faccio con modalità diverse a seconda delle occasioni: mi capita spesso di avere in mente delle cose che vengono superate dagli eventi (cioè da altri contributi di pensiero più utili) o che scopro essere irrilevanti o fuori luogo.
Bene, in questi casi è inutile esprimerle per non annoiare o essere importuno o sciocco (oltre a quel che già sono).
Non è questione di far conoscere pregi e difetti (sono sotto gli occhi di tutti, da sempre, non ci sono misteri, è un’illusione pensare che abbiamo cose inconfessabili da tenere celate agli occhi del mondo), non è la conoscenza di pregi e difetti che crea buoni rapporti.
Quanto all’essere amici, l’unica forma di amicizia è quella per il pensiero (che non può non essere sincera) che non è mai spontanea, cioè immediata: i rapporti non sono mai immediati, non prevedono a priori nè uguaglianze nè diversità nè, tantomeno, completamenti reciproci.
Non mi interessa guardare cose diverse ma… beh vediamo

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