Un anno e mezzo

Stento a rendermene conto ma è passato un anno e mezzo da che sono a Modena.

Stranamente, di solito non mi accade di farlo, mi viene da ricordarlo e fare bilanci; non dirò altro.

Mi leggo Macbeth ed è sempre una grande emozione, ricordo la mia insegnante di inglese – poveretta – malata e non poco, la sua lezione sulle macchie che insozzavano le mani di Lady Macbeth; quasi spiritata si identificava nella dama di compagnia costretta – obbligata come le pulitrici delle pietre del pavimento del tempio nell’altro dramma da lei molto amato “Assassinio nella Cattedrale” – a testimoniare una terribile realtà cui aveva dovuto assistere.

Ricordo le sue affermazioni sul dovere di una testimonianza che comporta un crudele prezzo.

A quel tempo la odiavo, era una professoressa che mi incuteva un certo timore – mai come l’odiatissima insegnante di matematica del primo anno (se non controllo il mio pensiero ancora oggi mi viene da augurarle i più atroci tormenti).

Oggi mi accorgo che il mio inglese pedestre deve alla sua “antipatia” un considerevole debito, tuttavia non nutro rancore anche se mi viene da pensare che lo stato italiano ha permesso che per molti anni schiere di giovani virgulti venissero sferzati dalle procelle di una persona che aveva urgente necessità di cure psichiatriche (dopo il mio diploma venne, infatti, seppur tardivamente, ricoverata ed allontanata dall’insegnamento).

Gli anni della mia giovinezza liceale sono stati alquanto “provinciali”, in questo non debbo gratitudine ad una schiera di docenti per la gran parte incompetenti o demotivati: è mancato un afflato che avrebbe reso possibili ben altre scelte; non do colpe, la responsabilità è mia soltanto, mi limito a riconoscere di non avere incontrato persone che non mi hanno fatto venire voglia.

Mi ritrovo rappacificato con un passato che non ho vissuto particolarmente bene.

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