1 Super flumina Babylonis,
illic sedimus et flevimus,
cum recordaremur Sion.
2 In salicibus in medio eius
suspendimus citharas nostras.
3 Quia illic rogaverunt nos,
qui captivos duxerunt nos,
verba cantionum,
et, qui affligebant nos, laetitiam:
“ Cantate nobis de canticis Sion ”.
4 Quomodo cantabimus canticum Domini
in terra aliena?
5 Si oblitus fuero tui, Ierusalem,
oblivioni detur dextera mea;
6 adhaereat lingua mea faucibus meis,
si non meminero tui,
si non praeposuero Ierusalem
in capite laetitiae meae.
7 Memor esto, Domine, adversus filios Edom
diei Ierusalem;
qui dicebant: “ Exinanite, exinanite
usque ad fundamentum in ea ”.
8 Filia Babylonis devastans,
beatus, qui retribuet tibi retributionem tuam,
quam retribuisti nobis;
9 beatus, qui tenebit
et allidet parvulos tuos ad petram.
Sabato pomeriggio, 10 marzo, mi è accaduto di conoscere un personaggio “importante” di cui non farò il nome per motivi di correttezza.
Di quest’uomo mi è stato detto che è molto permaloso ed arrogante; della seconda “qualità” ho fatto esperienza anch’io ma non è questo che importa, ho già trattato spesso della prepotenza che origina dall’impotenza.
La politica italiana straborda di siffatti esempi e la vittoria dei grillini ne è ulteriore certificazione.
Qui dovrei aprire una parentesi dovuta alla scoperta, in rete, di una presunta gaffe fatta da una candidata grillina del riminese, un’aspirante senatrice, già dipendente comunale e che ho avuto la disgrazia di avere come superiore.
Correva l’anno … ed io venni trasferito alle sue dipendenze come incaricato di collaborare all’ufficio studi e formazione, incarico cui mi dedicai con tanto entusiasmo.
Durò poco, come gli incarichi prestigiosi spesso …
Innanzitutto, agli inizi, venni lasciato fuori dalla porta dell’ufficio, chiuso a chiave e con la titolare assente per malattia; non volendo rubare lo stipendio mi ero messo a lavorare in corridoio, seduto su una sedia riservata al pubblico, con un pc portatile. Il mio ex responsabile, impietosito, mi ospitò nel suo ufficio (che era stato anche il mio fino a pochi giorni prima).
Poi tornò la responsabile e qui venne il bello perché la mia universalmente riconosciuta professionalità trovò, finalmente, pieno riconoscimento e valorizzazione: il primo compito, davvero impegnativo, fu di preparare una lettera che avrebbe poi firmato la mia superiore. Poche righe, se non ricordo male non più di 4, burocratiche, ma non prive di insidie visto che mi vennero corrette non ricordo quante volte.
Uscito vivo da questa erculea fatica, per quanto distrutto nella mia presuntuosa convinzione di essere capace di scrivere in un italiano mediamente corretto, mi ritrovai il secondo compito, da far tremare le vene e i polsi: predisporre l’elenco telefonico interno, in formato excel.
Affrontai anche quella sfida, ne uscii vincitore, ma mantenni un basso profilo per non alimentare il mio smisurato egocentrismo.
Dopo tali esperienze il comandante comprese che l’ufficio studi e formazione era troppo poco per il mio ego ipertrofico che strabordava per ogni dove e mi rispedì, temporaneamente, per l’estate mi disse, donde ero venuto.
Fu un’esperienza altamente educativa.
Non lasciai, poi, l’ufficio di polizia amministrativa fino a quando non ebbi la sciagurata idea di fare il concorso a Modena.
Ex bono bonum, ex malo sequitur quodolibet.
Se bene ho scelto non so dire, quel che è certo posso dirlo: avevo un responsabile che è stato, tacendo l’aspetto umano (che meriterebbe un capitolo a parte), un autentico professionista come ne ho incontrati pochi: chi mi conosce sa che sto parlando di Umberto Farina, uno che avrebbe meritato ben altra carriera e riconoscimenti, che riceve dai suoi collaboratori ogni giorno e tanto basta.
Un altro collega straordinario, sempre a Rimini, che ho conosciuto poco per ragioni di tempo, è Daniele del Fabbro, che ho saputo essere tra i primi classificati al concorso da commissario a Ravenna: inutile dire che mi auguro venga assunto quanto prima; una gran perdita per Rimini ed un grandissimo guadagno per Ravenna, dove già operano due altri ottimi colleghi, Nicola e Valentina.
Ma torniamo all’oggi: a questo personaggio, quel sabato pomeriggio, ho rivolto alcune considerazioni non apprezzate (com’era ovvio), ho detto il vero.
Ne ho guadagnato svariate manifestazioni di condivisione e apprezzamento ma, ripensandoci, mi rendo conto di avere commesso un errore, un grave errore.
Mi torna in mente la questione di Re Lear e del relativo suo Buffone, ma anche di Amleto e Macbeth.
La questione della verità, della verità inefficace, per cui non serve a nulla dire la verità a chi non intende farsene qualcosa; il rischio, oltre l’inimicizia, è che si scada nella polemica, cioè nella discussione tipicamente italica dello scontro tra opposte fazioni od opinioni.
Come ho appreso grazie a Giacomo Contri, la contemplazione, anche critica, dell’oggetto induce in fissazione.
Parma, 18 marzo 2018 memoria di San Cirillo di Gerusalemme Vescovo e dottore della Chiesa
Ho pubblicato tardi questo post perché l’avevo lasciato da parte ma questo mi offre l’opportunità di aggiungere un altro collega a quelli di cui ho già intessuto le lodi.
Ho saputo ieri, non da lui questo è l’unico rammarico, che Andrea Piselli, inizia la carriera da comandante presso le Terre d’Acqua (inutile dire che ignoravo totalmente dove fossero ste terre, io pensavo in riva al Po vicino a Comacchio, ma la mia ignoranza geografica è conclamata).
Assieme ad Umberto, Andrea non è sconosciuto a chi ha avuto la pazienza di leggere i miei post: è stato il mio commissario preferito, il mio riferimento professionale, la mia consolazione.
Non è stato l’unico, farei torto a tanti ragazzi e ragazze fantastici, ma a Modena è stato una certezza.
Ricordo una volta che una mia superiore mi chiamò per rimproverarmi di andare da lui a chiedere consigli; mi venne caldamente consigliato di non farlo più e di rivolgermi ai commissari competenti.
Non riporto la risposta; se non ricordo male fu positiva, si dà sempre ragione ai superiori, ma continuai imperterrito come prima, grazie alla accondiscendenza del mitico.
Posso dire con calma sicurezza che farà bene e sarà una figura di comandante anomala, ovviamente positivamente anomala.
Di Andrea conservo anche la sciarpa azzurra che mi regalò anni or sono; mi dispiace soltanto di non indossarla mai vista la consuetudine acquisita di fuggire dalle occasioni formali, ma non per questo mi è meno cara.
A lui, come a Daniele quando andrà a Ravenna, i miei migliori auguri: spero di poterli riabbracciare presto e di godere con loro delle soddisfazioni che la vita gli riserverà.