sogno famigliare

Nella notte tra 25 e 26 luglio:

sono a letto, nella camera della mamma; mi raggiunge, inaspettatamente, mio padre, che si ferma a parlarmi per un po’ di non ricordo cosa.

Ad un certo punto lo invito ad andarsene perchè, secondo me, sta tornando la mamma, in bicicletta, per cui è meglio che vada.

Probabilmente lo accompagno alla porta e, mentre ritorno in camera, scopro che la mamma è in bagno e mi chiede qualcosa circa la visita appena ricevuta.

Capisco che lei non ha idea di chi fosse l’ospite, probabilmente le dico che è stato un certo Paolo, così riesco a salvare la situazione.

Un sogno breve, di scampato pericolo, perché, da sempre, il possibile incontro tra i miei augusti genitori l’ho ritenuto un evento potenzialmente catastrofico come l’esplosione di una bomba.

I ricordi corrono a quando dormivamo in camera dove adesso dorme mia madre: quella stanza ospitava due letti, quello matrimoniale che mia madre divideva con mio fratello ed uno singolo, per me.

D’estate, per combattere il caldo torrido, si usava l’espediente di dormire con le finestre aperte, ai tempi era possibile farlo senza problemi, ma anche stando sdraiati al contrario, cioè coi piedi contro la testiera del letto, in modo da intercettare quegli esili fili d’aria corrente che riuscivano ad intrufolarsi nelle varie porte spalancate.

Non so perchè ma questo è un ricordo piacevole.

Al contrario, un altro ricordo che risale all’età di 7/8 anni: mia madre seduta su una poltroncina, sempre in camera, piangente, si raccomandava che facessi il bravo, che mi occupassi di mio fratello e fossi obbediente a mia zia, il tutto in previsione della sua morte precoce: ricordo con molta angoscia questo episodio drammatico, per il senso di potenziale abbandono, di catastrofe incombente.

Questo evoca un passo che ho sentito citare con una certa frequenza da Giacomo Contri: “Ho ancora vivo il ricordo di ciò che Freud mi disse: «Mio caro Jung, promettetemi di non abbandonare mai la teoria della sessualità. Questa è la cosa più importante. Vedete, dobbiamo farne un dogma, un incredibile baluardo». Me lo disse con passione, col tono di un padre che dica: «E promettimi, figlio mio, che andrai in chiesa tutte le domeniche!». Con una cera sorpresa gli chiesi: «Un baluardo contro che cosa?». Al che replicò: «Contro la nera marea di fango» e qui esitò un momento; poi aggiunse «dell’occultismo».”

Questa raccomandazione accorata, come se il cedimento rappresentasse il crollo della civiltà, è analogo al senso di disperazione di quel pomeriggio.

Non fu l’unico episodio ma il più drammatico, almeno per la mia memoria.

Faccio risalire a quel periodo la nascita o forse, meglio, il consolidamento del mio pensiero sulla morte con tanto di angoscia connessa, angoscia che ho scoperto molti anni dopo, non è mai di morte, ma questo è un altro discorso.

Lo stare sdraiato al posto di mia madre mi ricorda un altro episodio di gioventù quando, dopo una cena di quelle in cui mangiavo come un bufalo, stetti male (come ogni tanto accadeva); al mattino venne chiamato il medico, il mitico dottor Giuliano Ferrari, e fui messo, per ragioni di comodità di visita, appunto, al posto di mia madre.

Entrato in camera, il dottore mi fece il segno di Blumberg che evidenziò immediatamente la temuta patologia; il rilascio improvviso delle dita unite che premevano la parte destra del torace mi provocava un forte dolore: ecco svelato l’arcano era appendicite.

Arrivò velocemente l’ambulanza, che mi trasportò all’Ospedale Maggiore dove venni immediatamente sottoposto ad intervento chirurgico.

Ben più grave era toccata a mia madre, alcuni anni prima e molti anni più tardi anche mia zia corse il suo bel rischio per il medesimo problema.

Persi così l’appendicite, seconda perdita dopo le tonsille; da quel momento iniziò un irrefrenabile cammino di ingrassamento che trasformò il mio corpo: se fino a quel momento uno dei miei soprannomi era Biafra, poiché era possibile contarmi le costole, tanto ero magro e nonostante mi nutrissi come il suddetto bufalo, dopo l’intervento iniziai ad ingrassare ed assumere la conformazione che ancor oggi mi caratterizza. 

Quella posizione mi ricorda anche quella del malato che si confessa al sacerdote, all’approssimarsi della morte.

La mamma che torna in bicicletta mi ricorda che lei, effettivamente, tornava in bicicletta, verso le 14.30, in estate particolarmente e questo rappresentava spesso la fine della pacchia perché mi voleva a casa; se io non ero presente iniziava a chiamarmi, urlando a squarciagola e questo è un ricordo assolutamente sgradevole, nonostante siano trascorsi più di 40 anni.

Dalla bugia innocua che le dico mi viene il ricordo del salvadanaio della cassa di risparmio che avevamo io e mio fratello, una cassettina metallica la cui fessura era “sorvegliata da “denti” che si chiudevano implacabilmente quando di cercava di agitare il prezioso contenitore per estrarne qualche moneta.

Ero riuscito a brevettare un sistema per fregare il salvadanaio ma non mia madre che, quando lo scopriva, si infuriava come ancora adesso quando le gira storto.

Per lei i denari che ricevevamo in regalo erano destinati solo ed esclusivamente al risparmio per cui erano un regalo fasullo poiché nessuna gestione era lasciata ai desideri miei e di mio fratello: un classico esempio di sfiducia, della serie non si è padroni in casa propria.

Nel sogno, tuttavia, riesco ad imbrogliare l’occhiuta sorvegliante, come se fossi riuscito a sfuggire alle grinfie del famigerato Superio.

Il salvadanaio mi fa tornare in mente la giornata del risparmio che si teneva in ottobre, se non ricordo male; in quell’occasione venivano regalati, sempre dalla Cassa di Risparmio di Parma o dalla Banca del Monte, non ricordo, dei quaderni sulla cui copertina quell’oggetto simbolo di risparmio campeggiava; uno di questi quaderni è sfuggito alle insidie del tempo ed è ancora custodito nei cassetti della cucina perchè le sue pagine riportano ancora la mia infantile scrittura di certe ricette per i dolci che mi mamma mi aveva fatto trascrivere: una sorta di fossile.

Chissà che il pensiero conclusivo non sia proprio questo: con l’accortezza, cioè col pensiero partner di un altro (il padre in questo caso) è possibile sfuggire alla soffocante censura del Superio.

Parma, 30 luglio 2018 memoria di San Pietro Crisologo Vescovo e dottore della Chiesa, di San Leopoldo Mandic  e dei Beati Braulio Maria (Paolo) Corres Díaz de Cerio e 14 compagni Martiri Spagnoli Fatebenefratelli, Beati Edoardo Powell, Riccardo Fetherston e Tommaso Abel  Sacerdoti e martiri, Beati Giuseppe Maria Muro Sanmiguel, Gioacchino Prats Baltuena e Zosimo Izquierdo Gil  Martiri

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