Reminiscenze liturgico clericali e morte del Papa

Dopo tanti anni ho deciso di andare alla celebrazione liturgica del venerdì santo ed ho avuto un assaggio di quello che mi avrebbe aspettato la sera del sabato santo, perché anche a quella celebrazione avevo deciso di partecipare.

Un giovanotto ceroferario, che precedeva l’avanzare della Santa Croce, in uno dei momenti più drammatici delle celebrazioni cattoliche, elargiva sorrisi a destra e a manca come se stesse accompagnando una sposa all’altare.

Nulla di che a fronte della Veglia pasquale nella notte santa: prima ci si è messo il parroco, che ha acceso all’esterno tutte le candele, poi il gruppo giovani che ha animato la celebrazione coi canti: ma mi chiedo, sti giovani ma perché mai devono animare le messe cantando?

Già l’ingresso del cero pasquale si è rivelato un momento vagamente imbarazzante, poi tutti i canti, robaccia banale da giovinastri, hanno fatto sì che nessuno dell’attempato popolo di Dio cantasse.

I miei trascorsi con san don Lino Bin ed il mitico don Enzo Dei Cas gridavano vendetta: quando siamo arrivati al Sanctus, in versione ritmata e battito delle mani l’espressione del mio viso … beh lasciamo perdere, il prossimo anno mi premurerò di chiedere se ci saranno ancora i giovani ad animare, in modo da poter scegliere un’altra parrocchia o un diverso orario.

Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato un articolo del Corriere dedicato al compianto Sovrano Pontefice defunto, poi testualmente ripresa da un servizio del tg de la7; parlando del pallio, lo hanno definito quel paramento che utilizzano i sacerdoti per prendere tra le mani la Santa Eucarestia.

Ho avuto un momento di sconforto.

In ogni caso il Sovrano Pontefice Francesco è tornato alla casa del Padre; ne sono sinceramente dispiaciuto; come ogni giorno pregavo per la sua salute, così ora prego per la sua anima: sono certo che il Signore lo accoglierà nel suo regno di pace.

Ammetto, tuttavia, che il suo pontificato non mi è piaciuto per niente e, spero, per almeno tanti altri secoli non avremo un papa gesuita; un articolo di Aldo Cazzullo, se non ricordo male, sul Corriere ci ha detto che i cattolici conservatori hanno odiato questo Pontefice.

Può essere, ma non nel mio caso: non ho amato questo Pontefice ma era il Papa e come tale aveva il rispetto e l’obbedienza a questa figura dovuti; non si può odiare un romano Pontefice anche quando non ci entusiasma.

La cosa che più mi irrita è sentire continuamente la sua definizione “come uno di noi” inteso, ovviamente, come una rinuncia ai suoi privilegi di Sovrano Pontefice mentre la questione interessante è il contrario: ognuno di noi è chiamato a porsi come Papa, cioè come uno che parla con autorità.

Il Signore lo ricompenserà del lavoro che ha svolto, la storia temo lo giudicherà con minor misericordia.

Parma, 23 aprile 2025, memoria di san Giorgio

 

 

 

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