Parigi, tra le vittime una vigilessa

Prima di concedermi una nota a margine richiamo due articoli del Corriere che condivido pienamente, sono di Piero Ostellino e di Ernesto Galli della Loggia.

Ora vengo ad un argomento marginale che voglio sottolineare per evidenziare un comportamento che non so se imputare a ignoranza o malafede.

Tra le vittime dei vari attentati c’è stata anche una ragazza di 25 anni, Clarissa Jean-Philippe, una vigilessa.

[Onore ai caduti, a tutti i caduti: Georges Wolinski, Bernard Verlhac detto Tignous, François-Michel Saada, Michel Renaud, Mustapha Ourrad, Ahmed Merabet, Bernard Maris, Clarissa Jean-Philippe, Philippe Honoré, Yoav Hattab, Yohan Cohen, Stéphane Charbonnier detto Charb, Elsa Cayat, Jean Cabut detto Cabu, Franck Brinsolaro, Philippe Braham, Frédéric Boisseau]

Ho notato un particolare in questi giorni, ascoltando qualche servizio televisivo: per il comportamento (a dir poco discutibile) dei colleghi romani, la notte di capodanno, i giornalisti hanno sempre parlato di vigili urbani. La polizia municipale o locale mai citata (ho sentito una volta sola il termine polizia urbana, forse usato per non ripetere troppe volte la vituperata parolaccia: i vigili). Solo e sempre vigili: assenteisti, scorretti, falsi malati ecc ecc.

Succede che a Parigi ci sia un incidente stradale, una banalità che prevede l’intervento dei vigili; nel caso specifico si reca sul posto una vigilessa che, tonta mi viene da dire (poteva mettersi in malattia no? dopo avere sentito le notizie del giorno precedente avrebbe ben potuto andare a donare il sangue o ammalarsi) cosa fa? Interviene e viene pure ammazzata.

Eh già Clarissa Jean-Philippe muore, a 25 anni, nell’adempimento del dovere. Come ho saputo della notizia? in TV ho sentito solo in una occasione che la ragazza era un agente della polizia locale, dopo di che è diventata poliziotta, solo e sempre poliziotta. Per passare da vigilessa a poliziotta ha dovuto lasciarci la pelle ed io, per avere conferma che fosse una vigilessa (un agente della polizia locale), ho dovuto cercare su internet o leggermi la carta stampata.

Forse è inconcepibile per i giornalisti televisivi che un agente della polizia locale possa fare il proprio dovere e magari anche morire in servizio.

Non voglio pensare a chissà quali oscuri complotti, non è questo che mi interessa, ci tengo ad evidenziare come una scelta di linguaggio in fondo banale mistifichi la realtà e possa orientare la “benevolenza” mediatica di certe categorie professionali. Non mi taglierò le vene per questo, nè farò manifestazioni in piazza o scioperi surrettizi, apprezzerei invece un minimo di correttezza.

Oggi pomeriggio, peraltro, ho ascoltato una parte di un dibattito (di quelli inutili che vanno così di moda oggi) condotto da Massimo Giletti (che proprio non apprezzo), ma lasciamo perdere lui.

Tra i presenti c’era una a me ignota deputata (almeno credo) del PD (sigh) che ha pontificato sul rispetto delle regole: le proteste devono avvenire nel rispetto delle regole che ci sono e che devono essere, appunto, rispettate.

Ovviamente sono ultradaccordissimo, ci mancherebbe; vorrei aprire con la predetta onorevole un dibattito sul rispetto delle regole.

I centri sociali che occupano spazi non di loro proprietà rispettano le regole? gli abusivi che occupano appartamenti non di loro proprietà rispettano le regole? i clandestini (non quelli con diritto di asilo) rispettano le regole? I famosi pianisti forse adesso, spero, scomparsi (mi riferisco a onorevoli e senatori che votavano per altri assenti) hanno rispettato le regole (quanti il partito così ligio al rispetto delle regole ne ha espulsi?)? I tanti manifestanti che durante gli scioperi hanno occupato stazioni ferroviarie o strade, bloccando il traffico e gli spostamenti di persone che, legittimamente, se ne andavano per i fatti propri, hanno rispettato le regole?

Chi non ha rispettato le regole, a Roma, deve essere sanzionato secondo i modi previsti dalla legge, cioè secondo le regole vigenti, ma, per favore, risparmiamoci le battute populiste (abbiamo Grillo, non basta?).

Chi si è mal comportato deve essere punito ma non approfittiamo di questo per delegittimare delle richieste che sono sacrosante, come sapere, ad esempio se siamo da considerare poliziotti o guardie (già: nei comuni piccoli non sono ancora arrivati nemmeno i vigili, ci sono ancora le guardie).

A me va benissimo anche fare la guardia, basta saperlo; magari sarebbe corretto in questo caso toglierci una serie di incombenze che oggi ci gravano addosso: fare chiarezza e distinguere ruoli e responsabilità sarebbe una novità inaudita in Italia.

Debbo dire che l’amarezza di questi momenti è stata magistralmente mitigata dai tortelli di zucca (fatti alla romagnola, cioè con la forma di quelli che io chiamo tortelloni), anzi appunto tortelloni che l’amica Silvia ha preparato oggi, conditi con salsa di noci. Mi sono concesso un bis e pure un piccolo ter; d’altronde dovevamo festeggiare l’onomastico e un onomastico a dieta è una contraddizione in termini nella quale non volevo certo cadere.

L’ospitalità di Silvia e Gabriele è sempre talmente squisita (e non solo culinariamente, che non guasta) da rendermi l’esperienza ogni volta un consueto e nuovo piacere. Anche questioni pesanti come le banali discussioni di certi stucchevoli politici e pseudo intellettuali italioti, in loro compagnia, sono più digeribili.

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