Manet a Milano con treno soppresso

Dopo avere partecipato ad uno dei migliori simposi della società amici del pensiero, trovandomi senza il consueto compagno di viaggi, mi sono  concesso la visita della mostra, appena iniziata, dedicata a Manet e la Parigi moderna a Palazzo Reale fino al 2 luglio 2017.

Le opere di Eduard Manet non sono tante ma ci sono “di contorno” delle creazioni sicuramente molto belle, frutto dell’ingegno di artisti a me spesso sconosciuti.

La visita è stata, dunque, nel complesso decisamente piacevole.

Eccellenti il ritratto di Émile Zola e di il ritratto di Stéphane Mallarmé come, non meno bello sono Lola di Valencia, il ritratto di una danzatrice spagnola o il Combattimento di tori che richiama, com’è ovvio, la corrida e suscita in me rimembranze spagnole (che mi bendispongono verso l’umanità).

Straordinario Il pifferaio, ritratto di un ragazzino tutto compito nel suo ruolo di musicante, con la divisa di una banda. Lo sguardo è intensissimo, la collocazione, su uno sfondo indistinto che lo rende quasi sospeso nell’aria, sembra quasi voler trasformare la figura del ragazzo in un’immagine senza spazio né tempo, una nuova forma di eternità, borghesemente concepita.

Belle le nature morte, bello e inquietante La fuga di Rochefort, poi ci sono altre opere di sicuro interesse, da La cameriera della birreriaLa lettura e Il balcone.

Accanto alle opere di Manet ho scoperto un tal Carolus-Duran, pseudonimo di Charles Émile Auguste Durand a me del tutto ignoto con un ritratto di Edouard Manet, delizioso, ed un Ritratto di Zacharie Astruc, splendido, per concludere con un Il convalescente, altra opera di impatto.

C’è poi Giovanni Boldini con il ritratto di Henri Rochefort e Scena di festa detta anche Scena di festa al Moulin Rouge ed un intensissimo Théodule Ribot, altro perfetto sconosciuto, con San Sebastiano Martire; i garofani ed il vaso di fiori di  Henri Fantin-Latour sono splendidi.

Due altri dipinti sono fantastici: Ciò che viene chiamato vagabondaggio di Alfred Stevens e L’attesa di Jean Béraud, uno tra i dipinti che ho più apprezzato. Sempre di Béraud Una serata,  e di Stevens Il bagno,  sono conferma della bravura dei due autori.

Henri Gervex con Il ballo dell’Opéra, Jean-Baptiste Carpeaux con Ballo in maschera, James Tissot con Il ballo e con Due sorelle sono altre, tra le tante opere, che meritano la visita.

Ho scoperto che Jean Béraud è stato uno dei padrini di Marcel Proust in occasione del suo duello col giornalista Jean Lorrain, avvenuto nel febbraio 1897.

A parte questo dettaglio, che sembra un pettegolezzo, l’ho trovato un artista bravissimo, così come Tissot, che ne Il ballo, rappresenta una donna bella e magnificamente vestita, che fa il suo ingresso in un ambiente socialmente elevato. Una lorette, insomma, cioè una cocotte, un modo gentile per definire una prostituta di classe (d’altronde oggi non si dice escort per rendere socialmente accettabile l’identica onorata professione, la più antica al mondo come usasi dire): ebbene questa donna, come alcune tra quelle raffigurate da Boldini, mi rammenta La Traviata del mio conterraneo Giuseppe Verdi. Si respira la stessa aria, a un passo dalla tragedia. 

Una mostra dedicata ad una città, perchè è Parigi la vera protagonista, che è stata nella seconda metà dell’Ottocento, il centro di uno stile di vita decisamente sopra le righe, oserei dire un momento in cui una certa borghesia sembra raggiungere il culmine del suo potere, consolidarlo e porre le basi per la sua stessa distruzione.

Manet scandalizza i borghesi con le sue nudità ma quello stesso mondo perbenista non poteva ignorare l’euforia esasperata che regnava nei locali notturni, come ben ci testimonia la produzione pubblicitaria di Toulouse-Lautrec (in mostra a Verona in questi giorni).

Una classe sociale che ha vinto la competizione con la nobiltà, ha coinvolto le classi subalterne nella condivisione dei suoi valori ma che mostra le crepe di un successo raggiunto forse troppo in fretta.

La mostra merita la visita ma quasi più per gli autori “di contorno” che non per le opere di Manet, non numerose come mi aspettavo da una esposizione milanese.

Tutti gli artisti rappresentati sono di livello tecnico elevatissimo

Il ritorno, invece, difficoltoso: dopo essere arrivato trafelato per il treno delle 15 e qualcosa, ho scoperto che era stato soppresso e quello successivo ha accumulato un ritardo di 4 minuti; a saperlo col dovuto anticipo avrei fatto dell’altro che non restarmene in stazione in attesa, ma inutile recriminare.

Sul treno ho scoperto un consistente numero di non paganti ma, fortunatamente, c’era un controllore ligio al proprio dovere (ce ne fossero) che ha chiesto l’intervento della polfer, in effetti intervenuta, una volta giunti a Piacenza.

Milano, 18 marzo 2017 memoria di San Cirillo di Gerusalemme

 

 

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