Habemus Papam: si è ripetuto il secolare rituale dell’annuncio dell’elezione del successore di Pietro, del nuovo Sommo Pontefice, per me è la quinta volta (da Giovanni Paolo I sono ormai 5 pontefici), il tutto preceduto da una concettosa e fondamentale disquisizione sull’uso del nominativo, genitivo o accusativo riguardo al nome che il Papa ha prescelto.
Leonem, accusativo, se non ricordo male.
Sono rimasto perplesso quando il cardinale protodiacono ha pronunciato i nomi di battesimo del Pontefice eletto, poi il cognome ha chiarito tutto; non era tra i papabili che consideravo, né il nome prescelto.
Avevo pensato al cardinale Gambetti ed a Gregorio come possibile scelta ma ho scoperto che non sono di spirito profetico dotato, pazienza.
Veniamo a Leone: è uscito sulla Loggia delle benedizioni vestito da Papa, come si conviene: un primo gesto significativo e molto apprezzato, il Pontefice si veste da Pontefice, com’è giusto che sia.
La scelta del nome: un nome storico, importante, davvero impegnativo da portare.
I riferimenti li hanno già fatti tutti i giornalisti: san Leone magno, una figura fondamentale nella storia del cristianesimo, famoso non solo nel suo ruolo di defensor civitatis (salvò Roma dagli Unni di Attila) ma come figura di spicco (attraverso i legati, come si usava un tempo) del concilio di Calcedonia.
Attenzione, quindi alla retta dottrina e al primato del Papa.
Tra i vari pontefici con questo nome ci sono Leone III che ha incoronato Carlo Magno, con una cerimonia che ha poi creato qualche problema ai loro successori, Leone IX che ha molto lavorato per quella riforma della chiesa che poi prenderà il nome dal più famoso Gregorio VII ed ha visto l’acuirsi dello scontro con la chiesa d’oriente che si separerà proprio nell’anno della sua morte, il famigerato 1054, ed infine si arriva al più noto Leone XIII, Pontefice di enorme rilevanza storica sia per la famosa enciclica Rerum Novarum, sia per l’attività culturale (vedasi il neotomismo di quei tempi).
Un nome, insomma che se da un lato ricolloca il nuovo Pontefice nella storia della chiesa, dall’altro indica un certo carattere, d’altro canto il leone non è esattamente una variante dei miti agnellini.
Poi, giustamente, è stato ricordato anche che frate Leone è stato il compagno prediletto di san Francesco.
Aggiungiamo che è un monaco, laureato in filosofia e matematica (nessuno è perfetto).
Una cosa che mi ha colpito è stato il breve discorso tenuto dalla Loggia delle benedizioni, non improvvisato ma scritto, il che vuol dire che ci ha ben pensato prima.
La lettura è stata un modo per evitare errori o dimenticanze, meno spontaneo ma più adeguato alla situazione, ma questo dettaglio potrebbe suggerire che la sua candidatura era già emersa, che non è stata un’elezione improvvisa, tanto che ha avuto il tempo di prepararsi, ma queste riflessioni lasciamole ai feticisti dei dettagli dei conclavi.
Contrariamente a quanto hanno affermato alcuni giornalisti, e in continuità coi predecessori, ha fatto qualche riferimento personale, niente di eclatante, ma la sua appartenenza all’ordine agostiniano l’ha messa chiaramente in luce, non foss’altro che per la citazione “Vobis enim sum episcopus, vobiscum sum christianus” (lui l’ha citata in italiano).
L’insistenza, infine, sulla pace che non mi è parsa la solita invocazione scontata ma l’invito ad un lavoro di pace che non è solo quella tra gli stati.
Il saluto cristologico: Cristo atteso dalle genti, un annuncio non di moda, di questi tempi.
Un buon inizio, buon inizio Santità!
Parma, 8 maggio 2025, memoria della Madonna del Rosario di Pompei