Laurea in fisica col padrino

Debbo iniziare questo post con l’ammissione di una (delle tante) colpe che ho commesso nel corso degli anni: ho trascurato i miei doveri di padrino; cito come scusanti la diversa concezione che si ha dalle mie parti di questa figura (ben oltre i limiti dell’irrilevanza) e, ben più grave, la mia ritrosia, il timore di disturbare, di invadere la sfera personale altrui.
Chi è dunque il padrino? quello della cresima, intendo.
Secondo il diritto canonico:
“Can. 892 – Il confermando sia assistito per quanto è possibile dal padrino, il cui compito è provvedere che il confermato si comporti come vero testimone di Cristo e adempia fedelmente gli obblighi inerenti allo stesso sacramento.
Can. 893 – § 1. Affinché uno possa adempiere l’incarico di padrino, è necessario che soddisfi le condizioni di cui al can. 874″.
Il canone 874 dice:
“§ 1. Per essere ammesso all’incarico di padrino, è necessario che:
1° sia designato dallo stesso battezzando o dai suoi genitori o da chi ne fa le veci oppure, mancando questi, dal parroco o dal ministro e abbia l’attitudine e l’intenzione di esercitare questo incarico;
2° abbia compiuto i sedici anni, a meno che dal Vescovo diocesano non sia stata stabilita un’altra età, oppure al parroco o al ministro non sembri opportuno, per giusta causa, ammettere l’eccezione;
3° sia cattolico, abbia già ricevuto la confermazione e il santissimo sacramento dell’Eucaristia, e conduca una vita conforme alla fede e all’incarico che assume;
4° non sia irretito da alcuna pena canonica legittimamente inflitta o dichiarata;
5° non sia il padre o la madre del battezzando”.
Quando ebbi l’onore di essere prescelto come padrino, in quell’occasione, non avevo, come anche oggi, tutti i requisiti per poterlo fare, ma l’onore era tale e le spiegazioni di un diniego sarebbero state troppo complicate e quindi accettai.
Non vi ho adempiuto come avrei dovuto e questo è un grande rammarico che il mio figlioccio spero vorrà perdonarmi e non solo: occorre porvi rimedio e per questo confido nel suo aiuto, perché il futuro sia diverso da questi anni trascorsi.
Ma veniamo all’oggi: dopo un ottimo percorso liceale, il mio figlioccio, di cui meno un vanto immeritato, si è iscritto a fisica, facoltà e materia a me ostiche anzi incomprensibili già dai tempi del mio liceo (e ho fatto lo scientifico, prendendo pure qualche 7 in quell’astrusa materia – forse solo inglese mi era più indigesto) ed oggi è arrivato il gran giorno, quello della laurea.
Sono stato invitato (dalla madre) ed ho deciso di prendere un giorno di ferie e partecipare in presenza, come oggi si usa dire, anche se sarò all’esterno dell’aula: sarà una grandissima emozione, temo che scorreranno molte lacrime di commozione.

Sappiamo tutti che è solo una tappa di un cammino che proseguirà con altri successi; non voglio gravare il mio figlioccio di eccessive responsabilità, so bene, da persona ormai anziana, che c’è tanto lavoro da fare e numerosi gli imprevisti ed i possibili ostacoli ed inciampi, tuttavia so che ho di fronte una persona seria, che tutto saprà affrontare e risolvere con intelligenza ed equilibrio.

Non voglio esagerare negli elogi che meriterebbe (come anche suo fratello minore, altra “perla” di rara bellezza) perché le parole sono azioni, quindi fatti e non vanno utilizzate a sproposito né banalizzate.

Voglio dire che sarà davvero mio figlioccio se sarò stato capace di operare con lui come fece un certo Signore verso il popolo di Israele (ne ho già parlato in altre occasioni) e lui, farà lo stesso con me; a cosa mi riferisco? a quella conosciuta come grande benedizione di Mosè, tratta dal libro dei Numeri 26, 22-27.

22Il Signore aggiunse a Mosè: 23“Parla ad Aronne e ai suoi figli e riferisci loro: Voi benedirete così gli Israeliti; direte loro:

24Ti benedica il Signore
e ti protegga.

25Il Signore faccia brillare il suo volto su di te
e ti sia propizio.

26Il Signore rivolga su di te il suo volto
e ti conceda pace.

27Così porranno il mio nome sugli Israeliti
e io li benedirò”.

Si tratta di benedizione,

cioè di bene-dire, dir bene (non screditare, sminuire o simili, anche al contrario) che è atto sempre formale,

di propiziazione,

cioè ci si augura il successo, che le cose vadano bene con incremento di ricchezza (senza specificare o porre limiti a questo concetto);

di pace, conclusione del moto in maniera soddisfacente.

Avrei potuto utilizzare la parabola dei talenti o quella delle mine, il pensiero è lo stesso.

Ecco, sarò stato suo padrino se avrò rispettato queste condizioni, quelle che Giacomo Contri sintetizzava nel portare acqua al mulino (che macina la farina da cui si ricavano pane, pasta, pizza , torte, ecc… cioè lavoro, commerci, affari su affari).

La laurea è, da parte sua, in questa logica: un pensiero di ricchezza che gli auguro di continuare a coltivare.

Mi congratulo, dunque, col nuovo dottore, cui auguro ogni bene

Parma, 23 marzo 2022, memoria di San Turibio de Mogrovejo

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