Della Chiesa di San Sepolcro a Milano avevo visto la parte superiore, in occasione della visita alla Biblioteca Ambrosiana; la cripta era chiusa e, da allora, non ci pensavo più.
Poi succede che, andando a zonzo col giovanotto asturiano col quale condivido la passione per le mostre d’arte, in cerca di un locale dove mangiare senza fare troppa fila visto l’orario (sono ormai le 14:10), ci imbattiamo nella cripta, stavolta aperta.
Propongo di rinviare i piaceri della tavola, ricevuto un graditissimo assenso, trascino il giovanotto nei sotterranei delle chiesa.
Ricordavo vagamente che fosse sorta come chiesa privata nel 1030 dal Magister Monetæ Benedetto Ronzone o Rozone, Maestro della Zecca, proprio nella zona della zecca e delle attività commerciali; in epoca di crociate assunse il nome di San Sepolcro (prima era della Santissima Trinità) ed i soldati di ritorno dalla terra santa – i crociati – vi portarono la terra, il terreno proprio intendo, proveniente da quei luoghi benedetti dalla presenza di Gesù Cristo.
Ricordavo anche che nel1066 venne utilizzata per fornire le cure al diacono Arialdo, capo dei patarini in lotta dura con l’arcivescovo Guido da Velate, il che risveglia reminiscenze universitarie quando mi dedicavo con insana passione alla storia medioevale, a quella della chiesa medioevale ed i movimenti ereticali.
Venendo a tempi più recenti, Carlo Borromeo riconobbe particolare importanza a questa chiesa che, in analogia con Gerusalemme, Umbilicus mundi, definì Umbilicus civitatis, centro della città, luogo di meditazione e preghiera.
Il santo cardinale vi si ritirava in preghiera, di fronte alla riproduzione del Santo Sepolcro, tanto che una statua in terracotta che riproduce le fattezze dell’arcivescovo milanese è stata collocata proprio nel luogo ove egli si intratteneva in preghiera.
L’opera che più mi attrae è di Agostino Fonduli, Compianto su Cristo morto con Maddalena, san Giovanni Evangelista, Vergine, pie donne, Nicodemo, Giuseppe d’Arimatea, donna con un bambino in braccio e Cristo morto; il Cristo morto mancava, ne ignoro la destinazione, d’altronde essendo risorto ci può anche stare (battutaccia pessima, lo ammetto).
Maria è svenuta, sopraffatta dal dolore.
Le statue, in terracotta, sono drammaticamente esasperate nella rappresentazione del dolore che accomuna i protagonisti: disposti a semicerchio, per un effetto scenografico, con Cristo, ormai freddo cadavere al centro, invitano i fedeli ad immedesimarsi, a provare empatia e rivivere così personalmente la Passione.
Tanti i Compianti che ho avuto modo di vedere, partendo da quelli modenesi o quello bolognese di Niccolò dell’Arca, un tema evidentemente ritenuto di primaria importanza.
Il dolore, da sempre, ha riscontrato un innegabile successo, come ancora oggi, il che non è un buon segno.
Milano 9 marzo 2025