Klimt a Milano

Desideravo da un po’ di prendermi una boccata d’aria per me, così stamattina, dopo avere scartato, anzi rinviato Genova come meta, ho scelto Milano.

Città ovviamente a me già nota ma non nelle chiese e nei monumenti fuori del centro storico.

L’intenzione era visitare il museo Poldi Pezzoli e varie chiese; il museo l’ho saltato, le chiese no.

Inizio con la ricerca dell’ufficio turistico interno alla stazione centrale: ci ho messo quasi 20 minuti e l’ho trovato soltanto grazie alle indicazioni che ho chiesto ad un vigilante: scopro che è uno squallido ufficetto dopo il binario 22. L’idea che me ne faccio è che non puntano sulle informazioni turistiche almeno in stazione (giusto un posto desolato dove non circola mai nessuno vero?).

Poi sono l’oggetto del desiderio (non in esclusiva) di due zingare che cercano di “aiutarmi” a fare il biglietto della metro; le scanso velocemente, cosa che non tutti riescono a fare: una signora si lamenta della mancanza di controlli, ma inutile perdere tempo in discussioni o polemiche.

Primo obiettivo è Palazzo Reale con la mostra dedicata a Klimt di cui avevo già acquistato il catalogo: le opere di Klimt sono poche tutto sommato, certo alcune sono molto belle; apprezzo comunque anche le altre in esposizione che mi offrono un’idea di chi attorno a lui lavorava (come il socio o il fratello).

La tanto detestata capitale dell’Impero austro ungarico ha visto in quel periodo la presenza di persone del calibro di Freud, Klimt, Loos, Schnitzler, Mahler giusto per citarne alcuni: se ci penso mi viene una crisi depressiva pensando che abbiamo versato tanto sangue per separarci da un impero che era ovviamente migliorabile ma dove sicuramente non si viveva male.

Klimt ha fondato, in gioventù, col fratello e con Franz Matsch una società di decoratori di teatri: non so quante città potessero permettersi di avere all’epoca, un’attività come questa.

La mostra mi conferma quanto avevo già intuito dal catalogo: la grande abilità di Klimt nel rappresentare la crisi del rapporto uomo donna, che è stato uno dei temi dell’epoca.

Estetismo esasperato, misticismo e lascivia per un rapporto con un’entità che assume i contorni dell’ondina o di Salome o ancora di Eva (che ha Adamo alle spalle a occhi chiusi).

Cercasi donna disperatamente.

Ancora la mistica la fa da padrona nel fregio di Beethoven come nel dipinto del girasole (fiore “fissato” al sole).

La mistica tende alla fusione, al ridurre a uno: è antieconomica.

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