Edimburgo

Edimburgo, 22 – 24 settembre 2009.

Ryanair, come sempre, e Agostino col figlio; la prima considerazione riguarda proprio questo: mai più in viaggio con minori, non è cattiveria ma non è possibile pretendere che dei bambini tengano il ritmo di spostamento degli adulti e, ancor più impensabile, gli stessi interessi così che si crea un circolo vizioso tra noia e lamentele che è difficilissimo spezzare.

Il volo è andato bene, salvo un momento, poco prima di arrivare, in cui l’aereo ha avuto un sobbalzo che ci ha fatto saltare sulle poltrone, dopo di che tutto ok nonostante il vento che spazzava l’aeroporto (e tutta la città) e l’ora di ritardo (già a Bologna).

Bene: il pomeriggio è stato dedicato alla visita della città, del centro, giusto per vedere com’è. L’impressione è stata buona, non c’è nulla di straordinario ma l’insieme è gradevole.

Visita della Cattedrale Cattolica di St. Mary che non è niente di che (salvo farmi pensare che i cattolici, in Scozia, contano come il due di bastoni quando è briscola spade) e della chiesa protestante di St. John the Evangelist (molto più bella) con annesso cimitero e negozi vari. Visita del centro città e del Royal Mile poi, da solo, visita al cimitero di Calton (Old Calton Burial Ground) dove si trova il monumento a Hume (malridotto), da lì la visita alla Calton Hill dove si trovano l’osservatorio, il Dougald Stewart monument, il Nelson monument e il National monument.

Il centro città è dominato dal monumento a Scott, che campeggia su uno sfondo di bei palazzi ed il castello; la Princes Street è chiusa per lavori (e qui lavorano sul serio, mica come nei cantieri italiani, rimango convinto della necessità, per l’Italia, di essere ricolonizzata e, possibilmente, da un popolo del nord).

Il giorno successivo è quello di maggior impegno: inizio al mattino con la visita alla chiesa di St. Gilles, molto bella e pittoresca con tutte le vetrate colorate e piena di stendardi altrettanto colorati; scopro lì dei coloratissimi cuscini usati, penso, come inginocchiatoi, molto strani e curiosi; peccato le due sterline richieste per poter scattare foto.

Mi dedico, quindi, alla visita del Castello che non è esaltante: mi è piaciuto il museo dei “Royal Scots Dragoon Guards” ed i gioielli della Corona, il resto è molto normale (abbiamo, in Italia, castelli che non sfigurerebbero affatto). Curioso il cimitero dei cani dei Dragoni e inquietante il carcere militare con tutte le brandine che creavano sicuramente un clima di violenza e sopraffazione, a tacere delle condizioni igienico sanitarie.

Passiamo alla National Gallery dove ci sono vari dipinti molto belli ma, sopra tutto, mi hanno incantato le “Tre Grazie” di Canova e il ritratto di Antonio Dal Pozzo del mio adorato Bernini.

Bernini è, e si conferma ogni volta, il mio scultore preferito ed uno degli artisti da me prediletti sopra tutti: la sua capacità di rendere il carattere delle persone nei ritratti oppure la drammaticità delle situazioni è magistrale; certo è esponente di quel barocco che tutto esaspera ed esibisce in forme eccessive, teatrali, fantasmagoriche, tuttavia in questo, temo, sta proprio una delle mie tentazioni più subdole e insistenti. Rimane vero che non mi sento coatto in questa predilezione e non tutto il barocco mi piace per cui c’è margine per un buon lavoro di giudizio, caso per caso e chissà che non scopra qualcosa di interessante in futuro.

Mancava, nell’esposizione, El Greco, ne ignoro il motivo perchè il personale di vigilanza mi ha spiegato qualcosa che non ho assolutamente capito: ancora una volta mi accorgo che il mio inglese è vergognosamente insufficiente… probabilmente i quadri sono in prestito ma chissà. Mi consolo con Vermeer, Cranach, Van Dyck, Remabrandt, Van Gogh, Cezanne. Decido di dedicare il pomeriggio alla visita della Scottish National Gallery of Modern Art per cui, a piedi, sempre a piedi, mi ci reco, nel quartiere di Dean; prima di arrivarci visito la cattedrale episcopaliana di St Mary. Arrivo alla Scottish National Gallery of Modern Art e alla Dean Gallery: vi sono numerose stanze chiuse (peccato dopo quella scarpinata) per cui mi accontento del mio molto amato Magritte, mi piace anche Paolozzi (Vulcano è davvero curioso) e Tanguy. Bellissimo il parco della Dean. Visito anche il cimitero limitrofo per decidere poi di andare a Holyrood (dall’altra parte della città, altra scarpinata) dove ho modo di vedere l’esterno della residenza della Regina (molto bella) ed il palazzo del Parlamento (ne parlano tanto ma niente di significativo). Arrivato a quel punto potevo forse fermarmi? Ovviamente no e quindi grazie alla mia ben nota caparbietà ed alle doti atletiche acquisite in anni di dura palestra (sono spiritoso, lo so), inizio la “scalata” del colle (?) di Holyrood. Il sentiero si inerpica in maniera molto ripida, nel primo tratto perlomeno, il vento soffiava ovviamente in senso contrario, il risultato è stato una scarpinata che mi ha ridotto un vero rottame. Non sono arrivato al punto più alto perchè l’appuntamento con Agostino incombeva (non che mi sia dispiaciuto fermarmi) e perchè non è che avrei migliorato la visuale, molto romantica con un bel temporale in corso sulla zona del castello.

L’ultimo giorno abbiamo poco tempo a disposizione per cui abbandono Agostino e vado in cerca del cimitero di greyfriars, non riuscirò a trovarlo per cui mi accontento di fotografare il monumento (fontana) al cane Bobby che pare sia rimasto 14 anni a vegliare la tomba del suo padrone (che voglia!!!); torno di corsa per l’autobus e via all’aeroporto.

Ho notato in vari stemmi un paio di frasi che già conoscevo ma che ho riconsiderato; la prima è il motto dei sovrani inglesi “Dieu et mon droit”, il secondo è quello dell’ordine della giarrettiera “Honni soit qui mal y pense”. Il primo mi ha fatto pensare che potrebbe essere pensato anche come “il Padre e il mio diritto”, cioè tutto quanto serve per fondare la propria, individuale, sovranità; nel bene o nel male ma ciascuno è portatore della facoltà di fondare un diritto sovrano.

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