Galli della Loggia, l’Urbe e l’orbe

Facevo cenno già ieri ad un ottimo editoriale del professor Ernesto Galli della Loggia sul Corriere; destinatario degli strali il governo locale di Roma, con il sindaco Virginia Raggi, da tempo senza ossigeno, a far da degno rappresentante di un’intera classe di governanti locali.

Il professor Della Loggia individua una serie di patologie degli enti locali; la prima è “l’estrema politicizzazione dell’alta dirigenza burocratica dei Comuni (nonché delle Province e dello Stato)”.

Fin troppo semplice anzi banale dargli ragione: solo chi non vuol vedere può ignorare un semplice assunto ovvero che il politico ha come obiettivo principale essere rieletto.

Questo assioma ha come corollari che la realtà da amministrare esiste nella misura in cui assurge a notorietà, cioè nelle mani di media ostili, che è un modo poco diplomatico per dire che raramente ai politici interessa risolvere i problemi, quel che conta è che non vengano resi pubblici; a questo si lega il ruolo dei dirigenti/ responsabili degli uffici: questi ultimi devono da un lato eseguire i capricci del politichetto di turno, dall’altro farne da parafulmine, assumendosi colpe che spetterebbero ad altri.

Il dirigente pubblico, che non ha un vero mercato del lavoro alternativo, non può che soddisfare in tutto e per tutto il datore di lavoro perchè chi gli garantisce pagnotta, privilegi e prebende varie? Nel caso scontentasse il sindaco di turno cosa rischierebbe? ovviamente l’ostracismo da parte della formazione politica insoddisfatta per cui in tutte le amministrazioni gestite da correligionari il poverino non avrebbe la benché minima speranza di un’occupazione.

L’alternativa, dunque, è scegliere a quale padrone asservirsi, sperando che quel partito conservi il potere il più a lungo possibile.

Alcuni esempi banali: conosco un comandante di polizia municipale che ha fatto la campagna elettorale al proprio sindaco; potrà mai essere “sfiduciato” da quello stesso sindaco? E sarà un caso che la moglie lavori per la cooperativa che gestisce una serie di servizi appaltati dal comune e che faccia, ad esempio, anche la scrutatrice?

Un altro responsabile di servizio, stavolta ufficio tecnico, non ha mai emesso alcuna sanzione per violazioni edilizie; è normale che questo avvenga nella più totale indifferenza dell’amministrazione? ed è normale che il medesimo funzionario discuta le pratiche edilizie irregolari con l’assessore che uno studio con base nello stesso comune?

Se l’obiettivo è la rielezione ogni minimo granello che possa incrinare il meccanismo deve essere rimosso con scrupolo: gran parte degli esposti, richieste e lamentele che i cittadini rivendicano nei confronti degli enti locali meriterebbero risposte poco diplomatiche, cioè andrebbero rimandati al mittente con l’invito a finirla con richieste anzi pretese prive di ogni fondamento e invece che accade? Che non potendo scontentare nessuno … vige il regime del cerchiobottismo, che sarà pure termine inelegante e cacofonico ma mai quanto la realtà che manifesta.

Il secondo problema individuato da Galli della Loggia è la non licenziabilità dei dipendenti pubblici e anche qui si potrebbero scrivere enciclopedie, così come sulla gestione sindacale dei dipendenti.

Anche qui la coincidenza di interessi rende il rapporto amoroso inscindibile.

L’ultimo riguarda la specifico di Roma ed ha a che fare anche col ruolo della polizia locale; su questo non mi soffermo ma voglio ribadire che abbiamo bisogno dell’attenzione, dell’intelligenza e del sostegno, critico, del professor della Loggia per cercare di avanzare proposte che facciano uscire questa categoria dall’impasse in cui si trova da decenni ormai.

Un contributo alla discussione può venire da chiunque, ad esempio da questo post che ho trovato su facebook grazie alla condivisione di alcuni colleghi: https://unasolapolizia.wordpress.com/abolizione-polizia-locale-vigili-urbani/ 

Ma mettere mano ad una seria riforma rischierebbe di rompere troppe uova:

si scontenterebbero i sindaci ai quali verrebbe tolto il giocattolo che gli permette un certo controllo del territorio;

per non parlare di molti tra dirigenti, funzionari ed operatori che all’ombra protettiva della politica vivacchiano svolgendo mansioni  che non dovrebbero ma, si sa, una mano lava l’altra;

per non tralasciare i sindacati che sopravvivono cercando di custodire le più arretrate consuetudini di condivisione del potere;

per ultimi ma certamente non ultimi per importanza, i responsabili delle forze di polizia nazionali che hanno, nel fratello minore, l’utile idiota su cui scaricare tutto quello che a loro non piace più fare.

Il professor Galli della Loggia, così come Oscar Giannino, sono delle risorse che vorrei scendessero in campo per provare a modificare questo asfissiante immobilismo; mi rendo conto, però, che questo è solo un sogno ad occhi aperti, cioè un delirio, perchè l’Italia non è paese riformabile.

Non lo è perchè quel che manca è l’idea di civiltà, come civile convivenza di uomini liberi: l’italiano ama essere suddito per poter così liberamente invidiare il potente di turno e contemporaneamente servirlo ed ottenerne i benefici.

Il presidente della regione Campania, De Luca, con l’invito a votare sì al referendum istituzionale del 4 dicembre, cioè a sostenere il governo Renzi perchè dava tanti soldi alla sua regione non faceva altro che manifestare quello che è un atteggiamento secolare dell’italico medio: viva la Francia, viva la Spagna l’importante è che se magna; viva la Spagna, viva la Francia pur che sia piena la pancia”.

Roma, in particolare, mi sembra ancor più ingovernabile perchè la convivenza di potere civile e rimasugli di un potere religioso ormai ombra di sé stesso costituiscono un mix di opacità “ineluttabile”; Virginia Raggi non mi sta simpatica, né apprezzo i grilletti di ogni ordine e grado ma la situazione della capitale non è certo sua responsabilità.

La mia ultima visita aveva evidenziato qualche difficoltà, a settembre scorso, non credo siano migliorate le cose nè credo lo siano concretamente.

Registro come un passo avanti che, almeno oggi si imputi alla capitale questa sua vita autonoma rispetto al resto della nazione ma visto l’assordante silenzio dei media con le amministrazioni precedenti, intendo quelle di sinistra soprattutto, nutro anche in questo caso ben più di un dubbio.

Auspico sempre un governo tedesco, anzi austriaco: l’imperatore a Vienna e un viceré a Milano; nel frattempo se Angela Merkel volesse emigrare da noi, sarebbe da me la benvenuta.
 
Parma, 29 dicembre 2016, memoria di san Davide re

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