Sono trascorsi 5 anni da quel tragico giorno in cui l’amico fraterno, l’ottimo Federico Buzzi, ha preso congedo dalle umane vicende.
Sarebbe forse più corretto ricordarlo col suo titolo, quello di dottore – medico – perché l’intera sua esistenza è stata vissuta con quella passione, fare il dottore, quello che si dedica alle emergenze.
Giusto pochi giorni fa, in ospedale, parlando con un’infermiera che ha lavorato in chirurgia pediatrica, mi diceva di ricordarlo come una brava persona: non avevo dubbi, anche se aveva un carattere “irruento”: si arrabbiava con un’intensità che definirei esplosiva, come un vulcano, ma subito l’arrabbiatura scemava e non restava alcun residuo rancore, qualità che gli invidiavo di cuore.
Ci sarebbe da parlare anche della serietà: pronto a ridere, scherzare e a giocare, aveva un atteggiamento di estrema serietà sul lavoro, serietà e dedizione, senza risparmio, specie coi bambini, cui prestava la massima attenzione, per evitar loro ogni possibile inutile sofferenza.
L’altro pilastro era la famiglia, centro della sua vita, orizzonte di ogni scelta.
Sfortunatamente (?) non ho tanti ricordi degli anni liceali, così anche gli aneddoti relativi a Federico non sono tanti e probabilmente nemmeno particolarmente interessanti, era piuttosto lui il custode della memoria.
Da tempo ho iniziato a pensare che è l’eredità quel che mantiene vive le persone care, ovvero quel che si è ricevuto, di cui è possibile una pacifica appropriazione ed il riutilizzo.
Ecco spiegato perché Federico è nel mio cuore ancora, dopo 5 anni: perché il mio essere come sono, con tante ombre ma anche tante luci, è anche grazie alla sua amicizia e frequentazione.
Ogni giorno, a sera, nel ricordare alcuni tra i defunti che hanno contribuito a plasmare la mia vita, il nome del mio carissimo Federico non manca mai.
Parma, 12 novembre 2024, memoria dei santi Benedetto, Giovanni, Matteo, Isacco e Cristiano, monaci, protomartiri della Polonia