Castello estense a Ferrara

Il Castello Estense è stato l’ultima tappa di questa escursione ferrarese; l’avevo visitato di corsa in un’altra occasione, quando avevo come obiettivo l’esposizione dell opere della collezione Cavallini Sgarbi, ma la fretta era tale che avevo trascurato il castello in favore dei dipinti; così non è avvenuto stavolta.

Mi sono preso il tempo che mi serviva e con tutta calma ho gustato la visita al castello, saltando soltanto quella della Torre dei Leoni per ovvi motivi di acrofobia.

Ho iniziato dalle prigioni, che si trovano, com’è intuibile, nell’interrato e sono facilmente visitabili soltanto dai piccoletti o da quelli alti come me ma senza problemi di mal di schiena ed agili nei movimenti, quindi precluse alle mia goffaggine, tuttavia la sola porticina di accesso doveva costituire un messaggio poco rassicurante per i graditi ospiti.

Le celle del Castello Estense erano destinate ad ospiti illustri perché ai detenuti comuni era riservato un altro carcere; in una di queste anguste segrete furono imprigionati Parisina Malatesta, moglie di Niccolò III d’Este e Ugo d’Este, figlio di quest’ultimo.

Parisina ed Ugo furono i protagonisti di una sfortunata storia di tradimento coniugale: la moglie ed il figliastro si innamorarono ma, traditi da una serva (secondo una versione della storia, battuta dalla padrona, cioè picchiata, la serva svelò, per vendetta, la tresca a Niccolò III, che non la prese bene), scoperti, vennero imprigionati nelle segrete e, nel 1425, decapitati: avevano rispettivamente 21 e 20 anni (mentre il padre, becco, Niccolò III, ne aveva 42) e Ugo era il predestinato, sebbene figlio illegittimo, a succedere al padre.

Al piano terra si visitano le cucine ducali un luogo decisamente fondamentale per garantire la buona riuscita delle feste di corte, momenti di esibizione di ricchezza e potenza.

Si prosegue al piano nobile dove il visitatore è accolto dal Giardino pensile o Loggia degli aranci, un simpatico posto dove, ancor oggi, fanno bella mostra di sé numerose piante di agrumi.

Curioso il Camerino dei Baccanali che, un tempo, conteneva opere d’arte ormai disperse in vari musei del mondo, cui fa seguito la Cappella Ducale col soffitto con gli Evangelisti.

Una bella Sala dell’Aurora introduce alla Saletta dei Giochi, anello di congiunzione col Salone dei giochi: qui sono rappresentate sia le 4 stagioni (che richiamano lo scorrere del tempo, come nella Sala dell’Aurora, sia i giochi del successivo Salone) sia i giochi di moda nell’antichità.

In realtà i giochi rappresentati sono di vario tipo: quelli “moderni” dei birilli e della trottola e quelli “classici” ovvero il gioco degli otri, il cesto (l’antico pugilato), il telesiaco e i giochi tra gladiatori.

Il Salone dei Giochi riprende la questione degli esercizi ginnici che, evidentemente, erano di gran moda, nel Cinquecento.

Abbondano ovunque le grottesche, anche queste immancabili nelle residenze nobili del tempo ed il Castello Estense non è certo una residenza di second’ordine.

Tra le altre sale c’è la Sala della Devoluzione, con affreschi molto più recenti, risalgono infatti al 1830, e ricordano l’episodio del 1598 quando gli Estensi lasciarono Ferrara per trasferirsi a Modena; da quella data nacque la Legazione di Ferrara (che ebbe fine nel 1796) con un cardinale legato alla guida.

Ultima, interessantissima, sala è quella degli stemmi, con enormi stemmi dei pontefici (nella parte alta) e dei cardinali legati (in quella sottostante), cui si aggiunsero successivamente, quelli dei prefetti del Regno d’Italia.

Una curiosità: vi è uno stemma annerito, posizionato nella parete nord è quello del pro delegato pontificio conte Filippo Folicaldi, vittima di damnatio memoriae, come si sarebbe detto in altri tempi.

Il conte, che venne destituito nel 1856 in quanto implicato in un traffico di contrabbando di granaglie – aveva pensato bene di essere connivente con l’allora sindaco di Copparo e ricco possidente che esportava nell’Oltrepò il frumento – era mantenuto dall’Imperatore austriaco grazie alla spietatezza con cui perseguitava i carbonari ferraresi (che erano, ai tempi, pericolosi terroristi).

Un banale aneddoto: un addetto al controllo presiedeva l’accesso alla Torre dei Leoni, chiedendo se fosse stato pagato l’apposito biglietto (che non è compreso in quello per la visita al Castello); due visitatori di origine spagnola non comprendevano la sua richiesta e stavano entrando nella Torre senza che nessuna delle due parti capisse da un lato che serviva un secondo biglietto e dall’altro se era stato pagato.

Il mio innato senso civico ma, soprattutto la tentazione di far sfoggio dell’impeccabile spagnolo da Istituto Cervantes per cui vado famoso, mi ha spinto ad intervenire per spiegare ai due ignari turisti l’arcano del doppio biglietto: ne ho ricavato un ringraziamento con annesso simpatico sorriso ed una dilatazione del mio ego fin quasi alla galassia di Andromeda.

Nel percorso all’interno del Castello era compresa anche la mostra “Dipingere gli affetti. La pittura sacra a Ferrara tra Cinque e Settecento” che culminava nell’esposizione di una tela di Guercino: il San Francesco che riceve le stimmate dipinto per la confraternita delle Sacre Stimmate di Ferrara, non visibile da decenni a causa del terremoto.

Un’opera splendida che mi ha richiamato alla memoria una sua variante non meno bella che si trova presso in convento dei frati cappuccini di Cesena.

Tra i dipinti ci sono anche svariate tavole di piccole dimensioni che narrano in sintesi la vita di san Giovanni Battista, opera del pittore Giuseppe Caletti: non avevo mai visto raccontata l’intera vicenda del santo martire.

Una visita al Castello Estense è assolutamente da mettere in programma.

Ferrara 10 ottobre 2019, memoria del Beato Leone Wetmanski Vescovo e martire

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